Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9682 del 12/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 9682 Anno 2015
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 19147-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
BINDI CARLO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
FRANCESCO DENZA 15, presso lo studio dell’avvocato SUSANNA
LOLLINI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GIUSEPPE NIERI giusta procura a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 12/05/2015

- controricorrente avverso la sentenza n. 12/1/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di FIRENZE del 17/12/2012,
depositata il 17/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

CONTI;
udito l’Avvocato Valentina Fico difensore della ricorrente che si
riporta agli scritti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle entrate ricorre contro Bindi Carlo, per la cassazione della
sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana aveva
accolto l’appello proposto dalla parte contribuente nei confronti della sentenza
di primo grado che aveva rigettato la domanda di rimborso IRPEF avanzata dal
contribuente con riferimento alle ritenute effettuate dal suo datore di lavoro
sulle somme corrisposte quale incentivo all’esodo. Tale domanda era basata
sul contrasto – accertato con la sentenza della Corte di Giustizia Europea del
21.7.05, in causa C-207/04 – tra la Direttiva comunitaria 76/207 CE e la
disposizione dettata dall’articolo 19, comma 4 bis, TUIR.
Secondo la Commissione Tributaria Regionale andava confermata la
decisione resa dal giudice di primo grado che aveva ritenuto la decorrenza del
termine di decadenza a far data dall’ordinanza della Corte di Giustizia.
Con la proposta censura la ricorrente censura la sentenza gravata denunciando
la violazione dell’art.38 dPR n.602/73, non potendosi ipotizzare che la
decorrenza del termine decadenziale dipendesse dalla non conformità della
normativa interna a quella UE dichiarata dalla Corte europea.
La parte contribuente, costituitasi con controricorso, ha chiesto il rigetto del
ricorso.
La causa è stata discussa all’udienza pubblica del 6.3.2015
MOTIVI DELLA DECISIONE
La censura è fondata.
Ric. 2013 n. 19147 sez. MT – ud. 05-03-2015
-2-

05/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

Giova premettere che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte la
richiesta di rimborso delle ritenute di IRPEF effettuate, come sostituto
d’imposta del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 23, da datore di lavoro
diverso da un’Amministrazione statale, sulle somme a vario titolo corrisposte
al dipendente trova la sua disciplina nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art.
38, e va quindi presentata dal dipendente percipiente nel termine in esso fissato
decreto regola la diversa ipotesi della “ritenuta diretta”, che si verifica per le
sole Amministrazioni dello Stato, cui è concesso di avvalersene nei confronti
dei dipendenti, per attuare una compensazione fra il credito
dell’Amministrazione stessa e il credito del contribuente (Cass.n.582/2010 che
richiama Cass. nn. 12810 del 2002, 7957, 10344 e 18701 del 2004, 5664 e
11987 del 2006).
Ciò posto, la questione di diritto proposta dalla presente causa dall’Agenzia
ricorrente è stata risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.
13676/14. Si è in tale occasione affermato il principio che, nel caso in cui un
tributo venga dichiarato incompatibile con il diritto comunitario da una
sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, il termine di decadenza
previsto dalla normativa tributaria (per le imposte sui redditi, articolo 38 d.P.R.
n. 602 del 1973) per l’esercizio del diritto al rimborso, attraverso la
presentazione di apposita istanza, decorre dalla data del versamento
dell’imposta e non da quella, successiva, in cui è intervenuta la pronuncia che
ha sancito la contrarietà della stessa all’ordinamento UE.
Si è pure aggiunto che allorché un’imposta sia stata pagata sulla base di una
norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione
europea, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di
“overruling” non sono invocabili per giustificare la decorrenza del termine
decadenziale del diritto al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di
giustizia, piuttosto che da quella in cui venne effettuato il versamento o venne
operata la ritenuta, termine fissato per le imposte sui redditi dall’art. 38 del
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dovendosi ritenere prevalente una esigenza
di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle
entrate tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a
Ric. 2013 n. 19147 sez. MT – ud. 05-03-2015
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rispetto alla data in cui la ritenuta è stata operata.Infatti,l’art. 37 del medesimo

tempo indeterminato dei relativi rapporti.
Nessun impedimento esisteva per il contribuente di esercitare il diritto al
rimborso a far data dall’epoca dell’erogazione delle somme in suo favore. Sul
punto, infatti, le ricordate S.U. hanno ribadito la correttezza dell’orientamento
espresso in passato da questa Corte circa la «decorrenza del termine
comunque dal giorno successivo al versamento poi rivelatosi indebito» ed
decorrenza del termine decadenziale nel caso di ritardata trasposizione di una
direttiva comunitaria self executing, principi successivamente confermatiCass. 4670 e n. 13087 del 2012- con riguardo anche all’ipotesi in cui
l’incompatibilità del diritto interno con quello dell’Unione sia stata dichiarata
con sentenza della Corte di giustizia. Ora, proprio la giurisprudenza richiamata
dalle Sezioni Unite aveva avuto modo di precisare che la disposizione dell’art.
2935 cod. civ., a cui tenore «La prescrizione comincia a decorrere dal giorno
in cui il diritto può essere fatto valere» deve intendersi con riferimento alla
[sola] possibilità legale, non influendo sul decorso della prescrizione, salve le
eccezioni stabilite dalla legge, l’impossibilità di fatto di agire in cui venga a
trovarsi il titolare della pretesa. D’altra parte, tra gli impedimenti “di fatto”, va
annoverata anche la presenza di una norma nazionale incompatibile con il
diritto comunitario, posto che il contrasto tra la norma di diritto interno e
quella comunitaria può essere rilevato direttamente dal giudice che, sulla base
di tale premessa, è tenuto a non darle applicazione, anche quando sia stata
emanata in epoca successiva a quella comunitaria».
Alla stregua dei principi espressi dalle Sezioni Unite e sopra sunteggiati -che
il Collegio condivide agli stessi rimettendosi integralmente- il ricorso deve
essere accolto, non essendosi ad essi la CTR conformata e la sentenza gravata
va cassata.
La causa può essere decisa nel merito, risultando che a fronte del versamento
delle somme al contribuente effettuato nel dicembre 2001- v.pag.2 sentenza
impugnata – l’istanza di rimborso venne presentata il 28.5.2009—v.pag.3
sentenza cit. -e dunque ben oltre il termine quadriennale di decadenza previsto
dal ricordato art.38.
Sulla base di tali considerazioni il ricorso introduttivo della parte contribuente
Ric. 2013 n. 19147 sez. MT – ud. 05-03-2015
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hanno richiamato i principi affermati con le proprie pronunce sul tema della

va rigettato.
Ricorrono giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio, in
relazione alla recente pronunzia delle Sezioni Unite
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata decidendo nel merito
rigetta il ricorso della parte contribuente.
Così deciso in Roma il g3.2015.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

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