Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9680 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. III, 26/05/2020, (ud. 20/12/2019, dep. 26/05/2020), n.9680

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25569/2018 proposto da:

LA MERIDIANA SPA, in persona del Presidente del Consiglio di

Amministrazione e Legale Rappresentante, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA A. BAIAMONTI, 4, presso lo studio dell’avvocato FABIO

DI GIOVANNI, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO ROSSI;

– ricorrente –

contro

L.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO

CONFALONIERI, 5, presso lo studio dell’avvocato ANGELO CUGINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE GENNA;

– controricorrente –

e contro

BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1839/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 05/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/12/2019 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 23 aprile 2007, L.C., titolare della omonima ditta individuale, evocava in giudizio La Meridiana S.p.A. davanti al Tribunale di Bologna per sentir dichiarare l’illegittimità della escussione, da parte della convenuta, delle fideiussioni bancarie prestate dall’attore a garanzia dei debiti derivanti dai contratti di affitto di ramo di azienda e di franchising che erano stati conclusi tra le parti. Aggiungeva che tali rapporti erano stati trasferiti, sin da luglio 2004, alla società Fruttolandia Srl, alla quale La Meridiana S.p.A. aveva fatturato le successive prestazioni inizialmente pagate, rendendosi, alla fine, inadempiente a partire dal mese di gennaio 2006. La Meridiana S.p.A. avrebbe pertanto accettato il trasferimento del rapporto a nome di un altro soggetto, il cui inadempimento non era stato garantito da L. con le fideiussioni azionate dalla convenuta;

si costituiva in giudizio La Meridiana S.p.A. evidenziando che Fruttolandia Srl era una società dello stesso L. e che, pertanto, la garanzia era stata legittimamente escussa. Aggiungeva che il credito traeva origine, non solo da fatture non pagate, ma anche da debiti del gestore verso i dipendenti, ai quali aveva dovuto far fronte anche mediante transazioni, ai sensi dell’art. 2112 c.c.;

il Tribunale di Bologna con sentenza n. 2894 del 2003 accoglieva la domanda sul presupposto della diversità soggettiva tra L. e la Fruttolandia Srl, con condanna di La Meridiana S.p.A. a corrispondere all’attore la somma di Euro 77.540 oltre interessi;

avverso tale decisione proponeva appello La Meridiana S.p.A. con atto di citazione del 27 dicembre 2013 sostenendo che il rapporto originariamente sorto con L. sarebbe proseguito con la società senza soluzione di continuità, con la conseguenza che le originarie garanzie sarebbero valide anche per l’inadempimento di Fruttolandia Srl. Aggiungeva che il credito traeva origine da 50 fatture emesse nei confronti di tale ultima società e riteneva responsabile, ai sensi dell’art. 1408 c.c., L. per avere indicato la società come soggetto subentrante, senza una formale cessione dei contratti originariamente conclusi con La Meridiana S.p.A. Sosteneva, infine, che la appellante era creditrice anche delle somme corrisposte, quale soggetto coobbligato ai sensi dell’art. 2112 c.c., in favore di alcuni dipendenti di Fruttolandia Srl;

si costituiva L.C. chiedendo il rigetto della impugnazione;

con sentenza del 5 luglio 2018, la Corte d’Appello di Bologna rigettava l’impugnazione condannando la società La Meridiana S.p.A. al pagamento delle spese di lite;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione La Meridiana S.p.A. affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso L.C.. Entrambe le parti depositano memorie ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

preliminarmente va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente per sostanziale violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, poichè nella parte dedicata all’esposizione del processo il ricorrente avrebbe omesso di individuare i motivi di appello. La questione è infondata poichè i dati illustrati in ricorso sono, ai fini indicati, certamente idonei e sufficienti, avendo la ricorrente esposto le vicende salienti del processo;

nello stesso modo è infondata la eccezione di inammissibilità del ricorso, pure sollevata dal controricorrente, secondo cui i motivi contrasterebbero però con la decisione di rigetto della domanda riconvenzionale spiegata da La Meridiana S.p.A.. Al riguardo va osservato che, a prescindere dal fatto che L. non chiarisce in maniera adeguata quale fosse il contenuto delle domande che sarebbero state proposte dalla controparte in via riconvenzionale e, soprattutto, le ragioni della presunta pronunzia contraria adottata dal tribunale, il controricorso difetta del tutto della sommaria illustrazione del processo ex art. 366 c.p.c., n. 3 e ciò non consente alla Corte di valutare la questione dedotta. Peraltro, la proposizione di siffatte domande e del provvedimento di rigetto o di inammissibilità da parte del Tribunale è contestata in memoria da La Meridiana S.p.A.;

con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 2697, 2725 e 2729 c.c., laddove la Corte d’Appello avrebbe ritenuto provata la cessione dei contratti di affitto e di affiliazione commerciale, da L. a Fruttolandia Srl sulla base della semplice emissione di fatture all’indirizzo di tale ultima società. La ricostruzione sarebbe errata poichè L.C. non avrebbe dimostrato la ricorrenza di una cessione di contratto per (acta concludentia in quanto le difese di L. tendevano a dimostrare l’intervenuto “scioglimento dei vincoli contrattuali per mutuo consenso, avvenuto in data 30 giugno 2004”, come emergerebbe dal contenuto della comparsa conclusionale; tesi, questa, rigettata anche dalla Corte d’Appello che avrebbe, sul punto, modificato la motivazione del Tribunale;

sotto un secondo profilo, secondo la ricorrente, la dimostrazione di una cessione del contratto fondata su fatti concludenti e su presunzioni incontrerebbe il limite degli artt. 2725 c.c. e segg., riguardanti la prova per iscritto di cui all’art. 2556 c.c. del contratto di affitto. Si evidenzia anche, in proposito, che l’art. 22 del contratto di affitto di ramo di azienda prevedeva che ogni modifica del contratto “dovrà avvenire ed essere approvata esclusivamente mediante atto scritto” e che negli stessi termini si esprimeva l’art. 18 del contratto di franchising. In definitiva, la cessione avrebbe dovuto essere realizzata con le stesse forme prescritte per il contratto che si trasferisce che, nel caso di affitto di ramo di azienda e di franchising, era la forma scritta;

sotto un terzo profilo non ricorrerebbe – secondo la ricorrente – l’ipotesi di presunzione grave, precisa e concordante ex art. 2729 c.c., perchè la Corte d’Appello avrebbe fondato la decisione su un solo elemento, rappresentato dalla emissione di fatture da parte di La Meridiana S.p.A. all’indirizzo di Fruttolandia Srl. Inoltre, alcuni elementi fattuali sarebbero incompatibili con l’ipotizzata cessione dei contratti. In primo luogo, Fruttolandia Srl non avrebbe mai inoltrato al Comune di San Lazzaro di Savena la comunicazione prevista dal D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 26, in ordine al trasferimento della gestione del ramo di azienda. In secondo luogo, L.C. non avrebbe mai revocato le garanzie fideiussorie continuando a corrispondere alla banca fidejubente le commissioni periodiche. In terzo luogo, l’iscrizione nel registro delle imprese della cessazione dell’attività imprenditoriale da parte di L. si riferiva alla data del 14 dicembre 2006 (data di risoluzione dei contratti con La Meridiana S.p.A.) e non a quella del luglio 2004 alla quale controparte intendeva far risalire la cessione del contratto;

l’articolato primo motivo è inammissibile perchè introduce questioni nuove, di cui la sentenza di appello non si occupa. Parte ricorrente non assume, neppure, di avere posto, in primo grado, la questione della inammissibilità della prova per presunzioni, con riferimento all’obbligo della forma scritta dei contratti oggetto di cessione;

l’omissione di qualsivoglia precisazione in ordine al contenuto della linea difensiva assunta, e, segnatamente, dei motivi di appello, non consente alla Corte di valutare se la deduzione relativa alla obbligatorietà della forma scritta valesse a precludere l’utilizzo della prova per presunzioni;

si ricorda all’uopo che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, i limiti oggettivi di ammissibilità della prova per presunzioni sono dettati esclusivamente per la tutela di interessi privatistici, sicchè la loro inosservanza deve essere tempestivamente eccepita dalla parte interessata: ne deriva che la violazione commessa solo con la pronuncia della sentenza, nella quale il giudice espliciti il ragionamento presuntivo vietato, deve essere denunciata a pena di decadenza mediante l’impugnazione della stessa (cfr. Cass. civ. 4 agosto 2017, n. 19485);

anche la pretesa mancata comunicazione, ai sensi del D.Lgs. n. 114 del 1998, costituisce questione nuova di cui la corte d’appello non si occupa. Al riguardo, la ricorrente omette di trascrivere, allegare o individuare il momento processuale nel quale la questione sarebbe stata sottoposta all’esame dei giudici di merito, e, soprattutto, senza trascrivere il primo scritto difensivo successivo alla deduzione, al fine di dimostrare la “non contestazione” ai sensi dell’art. 115 c.p.c.. Analoghi rilievi riguardano la mancata revoca delle garanzie fideiussorie (oggetto del successivo motivo), poichè parte ricorrente avrebbe dovuto dare conto (trascrivendone i passaggi significativi) della posizione processuale dell’istituto di credito ed allegare il primo scritto difensivo di L.C. successivo a tale deduzione, al fine di dimostrare la non contestazione. Nello stesso modo, risulta del tutto insufficiente il riferimento alla visura camerale relativa alla data di cessazione dell’attività dell’impresa, poichè tale profilo si fonda sull’indimostrato assunto che l’impresa individuale L.C., dopo la cessione del contratto, non avrebbe potuto svolgere una ulteriore attività di impresa, diversa da quella di Fruttolandia Srl. In sostanza, la tesi della ricorrente prova troppo. La circostanza della chiusura della ditta alla data del 30 marzo 2007 costituisce un profilo neutro, a meno che non si alleghi e dimostri che la ditta individuare L.C. aveva quale unico partner commerciale La Meridiana S.p.A. Circostanza, questa, però neppure ipotizzata;

al riguardo va rammentato che il ricorrente che proponga una determinata questione giuridica – che implichi accertamenti di fatto – ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 27568 del 21/11/2017, Rv. 646645-01);

a prescindere da ciò, le censure sono comunque dedotte in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, riguardo alla presunta diversa motivazione adottata dal Tribunale di cui non vi è riscontro documentale (parte ricorrente avrebbe dovuto trascrivere, allegare o individuare la sentenza di primo grado all’interno del fascicolo di legittimità). Sotto tale profilo non è sufficiente la indicazione di tale sentenza tra gli atti prodotti, attesa la generica e assertiva affermazione che il giudice di appello avrebbe confermato la decisione impugnata, modificandone la motivazione. Analogamente, non può ritenersi sufficiente la trascrizione di alcune parole, peraltro tratte dalla comparsa conclusionale;

in ogni caso, la questione sarebbe infondata perchè, come già innanzi evidenziato, il limite di cui al cit. art. 2725 c.c., non attiene all’ordine pubblico, ma è dettato nell’esclusivo interesse delle parti private, con la conseguenza che, qualora, in primo grado, la prova per presunzioni venga posta a sostegno della decisione oltre i limiti predetti, essa deve ritenersi ritualmente acquisita, ove la parte interessata non ne abbia tempestivamente eccepito l’inammissibilità in primo grado, ovvero in appello, censurando la decisione del Tribunale, senza che la relativa nullità, oramai sanata, possa essere eccepita per la prima volta in appello o, a maggior ragione, nel giudizio di legittimità (Cass. 19 febbraio 2018, n. 3956 che ha rigettato il motivo di ricorso per cessazione, fondato sull’immotivata deroga, in primo grado, all’art. 2721 c.c., proprio evidenziando che la parte ricorrente si era limitata a dedurre in modo generico l’inammissibilità della prova, senza indicare di avere sollevato la specifica eccezione sopra descritta: evenienza si ripete – che in questa sede non si è in grado di apprezzare);

nello stesso modo, anche la terza questione prospettata con il primo motivo è infondata poichè si assume che la prova per presunzioni dovrebbe essere necessariamente ancorata ad una pluralità di elementi, aventi le caratteristiche dell’art. 2729 c.c., ma tale tesi non è corretta, poichè il giudice di merito può, come nel caso di specie, valorizzare anche solo un elemento ove ritenuto decisivo. Peraltro la Corte territoriale ha evidenziato più elementi significativi a riguardo: La Meridiana S.p.A. emetteva fatture nei confronti di Fruttolandia SrI e tale società provvedeva a pagarle (fino alla fine del 2005); a sua volta, La Meridiana S.p.A. pagava le fatture emesse, in numero pari a 50 (non implausibilmente ritenuto rilevante dal decidente), da Fruttolandia Srl;

con il secondo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, con riferimento al continuato pagamento, da parte di L.C., delle commissioni bancarie necessarie al mantenimento delle fideiussioni sino a tutto l’anno 2006;

il motivo è inammissibile sotto tre profili:

in primo luogo la questione dedotta è fattuale riguardando l’omessa valutazione di un elemento istruttorio, che esula dall’ambito dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che si riferisce alla mancata considerazione di un fatto storico decisivo. Nell’ambito di una valutazione in fatto, non sindacabile in questa sede, i giudici di merito hanno ritenuto prevalente il profilo relativo all’instaurazione di rapporti commerciali e giuridici, in via esclusiva, con Fruttolandia Srl, per tre anni, documentati da un consistente numero di fatture per fornitura e compravendite, rispetto al dato, ritenuto non significativo, del mantenimento delle commissioni periodiche in favore della banca e relative alle fideiussioni prestate dal L.;

in ogni caso, ricorrendo l’ipotesi di doppia conforme fondata sulle medesime valutazioni di fatto, l’art. 348 ter c.p.c., comma 5, inibisce la censura in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

peraltro, non ricorre l’omessa valutazione di tale profilo in quanto, come allegato dal controricorrente, la circostanza – espressamente presa in esame dal giudice di primo grado, laddove ha ritenuto non rilevante tale dato “trattandosi di meri comportamenti omissivi” – è avallata dal giudice di appello;

con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 2112, 1298 e 1299 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale avrebbe escluso il diritto di regresso de La Meridiana S.p.A. nei confronti di L.C., perchè il pagamento da parte della prima dei debiti maturati dal secondo, a fronte di obblighi retributivi e contributivi, sarebbe avvenuto a seguito di transazioni con i lavoratori liberamente e volontariamente deliberate dalla società ricorrente. Poichè l’affittuario del ramo di azienda aveva accumulato dei debiti, derivanti dai contratti di lavoro subordinato, La Meridiana S.p.A. aveva ritenuto di definire tali posizioni, quale responsabile ai sensi dell’art. 2112 c.c.. Pertanto, avrebbe avuto diritto ad agire in via di regresso nei confronti del debitore principale e ciò indipendentemente dalla circostanza che l’estinzione del debito fosse avvenuta sulla base di un accordo transattivo;

il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 100 c.p.c., poichè la Corte territoriale ha adottato, sul punto, una doppia ed autonoma motivazione. In primo luogo ha affermato che, in difetto di accertamento giudiziario di effettiva debenza di L. per quelle obbligazioni di un terzo, la libera scelta di definire bonariamente tali pendenze da parte de La Meridiana S.p.A. non sarebbe stata vincolante nei confronti di L.. In secondo luogo, ha rilevato che le poste debitorie riguardavano esclusivamente Fruttolandia Srl. Tale secondo profilo non è censurato e rende pertanto inammissibile la doglianza oggetto dell’ultimo motivo di ricorso, che riguarda esclusivamente i presupposti dell’azione di regresso che, però, in difetto di contestazione della riferibilità del credito ad un soggetto giuridico del tutto diverso, non può trovare accoglimento;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo seguono la soccombenza. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245)dichiara che sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 3.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1- quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 20 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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