Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9680 del 12/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 9680 Anno 2015
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso 17470-2013 proposto da:
CASTELLANI MAURIZIO CSTMRZ54R19H501T, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 34, presso lo studio
dell’avvocato DANIELA DE LUCA, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIULIO AGNELLI giusta procura a margine del
ricorso;

– ricorrente noncbì contro

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

Data pubblicazione: 12/05/2015

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

resistente

avverso la sentenza n. 27/01/2013 della COMMISSIONE

21/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
05/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI
CONTI;
udito l’Avvocato Valentina Fico difensore della resistente che si riporta
agli scritti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Castellani Maurizio ricorre contro l’Agenzia delle entrate per la cassazione
della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio,
respingeva l’appello proposto dalla parte contribuente contro la sentenza di
primo grado, che aveva rigettato la domanda di rimborso IRPEF avanzata dal
contribuente con riferimento alle ritenute effettuate dal suo datore di lavoro
sulle somme corrisposte quale incentivo alle dimissioni; domanda basata sul
contrasto – accertato con la sentenza della Corte di Giustizia Europea del
21.7.05, in causa C-207/04 – tra la Direttiva comunitaria 76/207 CE e la
disposizione dettata dall’articolo 19, comma 4 bis, TUIR.
Secondo la Commissione Tributaria Regionale la domanda di rimborso era
intempestiva, ben potendo il contribuente conoscere i termini della questione
ben prima della decisione della Corte europea.
Con il primo motivo proposto la parte ricorrente censura la sentenza gravata
denunciando la violazione dell’art.21 ult.comma d.lgs.n.546/92, deducendo
che ricorrevano i presupposti per la rimessione in termini ex art.153
c.p.c.essendosi la decadenza determinata per causa non imputabile alla parte
contribuente e che il termine decadenziale andava computato dalla data di
pubblicazione della Circolare n.62/E o comunque dalla pubblicazione
dell’ordinanza della Corte di Giustizia.
Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art.38 dPR n.602/73,
richiamando il principio dell’affidamento ingenerato dall’ordinamento interno
che non si era conformato alle pronunzie della Corte di giustizia.
Con il terzo motivo si deduce l’omessa insufficiente o contraddittoria
motivazione della sentenza impugnata, non avendo la CTR considerato che in
relazione all’obbligo di riliquidazione che l’amministrazione era tenuta ad
effettuare entro il termine del 31 dicembre del quarto anno successivo alla
presentazione della dichiarazione da parte del sostituto d’imposta l’Ufficio,
tenuto conto che la domanda di rimborso per l’anno 2005 era stata presentata
Ric. 2013 n. 17470 sez. MT – ud. 05-03-2015
-2-

TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA del 3/07/2012, depositata il

MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso, che meritano un esame congiunto essendo tra loro
strettamente connessi, sono infondati.
Ed invero, la questione di diritto proposta dalla presente causa dalla parte
ricorrente è stata risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.
13676/14. Si è in tale occasione affermato il principio che, nel caso in cui
un’imposta venga dichiarata incompatibile con il diritto comunitario da una
sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, il termine di decadenza
previsto dalla normativa tributaria (per le imposte sui redditi, articolo 38 d.P.R.
n. 602 del 1973) per l’esercizio del diritto al rimborso, attraverso la
presentazione di apposita istanza, decorre dalla data del versamento
dell’imposta e non da quella, successiva, in cui è intervenuta la pronuncia che
ha sancito la contrarietà della stessa all’ordinamento UE.
Si è pure aggiunto che allorché un’imposta sia stata pagata sulla base di una
norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione
europea, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di
“overruling” non sono invocabili per giustificare la decorrenza del termine
decadenziale del diritto al rimborso dalla data della pronuncia della Corte di
giustizia, piuttosto che da quella in cui venne effettuato il versamento o venne
operata la ritenuta, termine fissato per le imposte sui redditi dall’art. 38 del
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dovendosi ritenere prevalente una esigenza
di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle
entrate tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a
tempo indeterminato dei relativi rapporti.
Nessun impedimento esisteva per il contribuente di esercitare il diritto al
rimborso a far data dall’epoca dell’erogazione delle somme in suo favore. Sul
punto, infatti, le ricordate S.U. hanno ribadito la correttezza dell’orientamento
espresso in passato da questa Corte circa la «decorrenza del termine
comunque dal giorno successivo al versamento poi rivelatosi indebito» ed
hanno richiamato i principi affermati con le proprie pronunce sul tema della
decorrenza del termine decadenziale nel caso di ritardata trasposizione di una
direttiva comunitaria self executing, principi successivamente confermatiCass. 4670 e n. 13087 del 2012- con riguardo anche all’ipotesi in cui
l’incompatibilità del diritto interno con il diritto dell’Unione sia stata
dichiarata con sentenza della Corte di giustizia. Ora, proprio la giurisprudenza
richiamata dalle Sezioni Unite aveva avuto modo di precisare che la
disposizione dell’art. 2935 cod. civ., a cui tenore «La prescrizione comincia a
decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere» deve intendersi
«con riferimento alla [sola] possibilità legale, non influendo sul decorso della
prescrizione, salve le eccezioni stabilite dalla legge, l’impossibilità di fatto di
agire in cui venga a trovarsi il titolare del diritto» . D’altra parte, tra gli
impedimenti “di fatto”, va annoverato anche la presenza di una norma di
Ric. 2013 n. 17470 sez. MT – ud. 05-03-2015
-3-

1’11 settembre 2009, aveva ancora più di tre mesi per procedere alla
riliauidaizone..Doveva quindi ritenersi che l’eccezione di decadenza fosse
infondata.
L’Agenzia delle entrate, costituitasi con controricorso, ha chiesto il rigetto del
ricorso.
La causa è stata discussa all’udienza pubblica del 5.3.2015.

PQM
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art.13 comma 1 quater del
dPR n.115/2002 per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a
norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma i1.3.2015

diritto nazionale incompatibile con il diritto comunitario, posto che il
contrasto tra la norma di diritto interno e quella comunitaria può essere rilevato
direttamente dal giudice che, sulla base di tale premessa, è tenuto a non darle
applicazione, anche quando sia stata emanata in epoca successiva a quella
comunitaria».
Peraltro, sia pur con riferimento all’effettuazione di versamenti in acconto, ma
con ragionamento estensibile anche alle ritenute in acconto operate alla fonte
dal sostituto di imposta, questa Corte è ferma nel ritenere che il termine di
decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso delle imposte sui
redditi, previsto dall’articolo 38 d.P.R. n. 602/73, decorre dal versamento del
saldo solo nel caso in cui il relativo diritto derivi da un’eccedenza degli importi
anticipatamente corrisposti rispetto all’ammontare del tributo che risulti
complessivamente dovuto al momento del saldo, oppure rispetto ad una
successiva determinazione in via definitiva dell'”an” e del “quantum”
dell’obbligazione fiscale, per converso decorrendo dal giorno dei singoli
versamenti in acconto nel caso in cui questi, già all’atto della loro
effettuazione, risultino parzialmente o totalmente non dovuti, poiché in questa
ipotesi l’interesse e la possibilità di richiedere il rimborso sussistono sin da tale
momento (vedi le sentenze nn. 13478/2008, 5978/2006; 24058/2011;
6895/2011, 4166/14).
Nella specie la contestazione su cui si fondava la domanda di rimborso del
contribuente – ossia che la ritenuta era stata operata applicando l’aliquota
piena e non l’aliquota dimidiata – riguardava il calcolo stesso della ritenuta e,
pertanto, poteva essere fatta valere fin dal momento di effettuazione della
ritenuta, mediante la ripetizione del 50% dell’importo calcolato dal datore di
lavoro in base all’aliquota intera, senza necessità di attendere né eventuali
conguagli di fine anno del datore di lavoro né eventuali riliquidazioni da parte
dell’Ufficio.
Questa Corte ha infatti ritenuto che non esiste una principio generale che
sospenda l’esigibilità dei crediti aventi ad oggetto il rimborso di tributi fino
alla consumazione dei termini fissati per l’esercizio dei poteri di liquidazione
dell’Ufficio (Cass.n.21734/14).
A tali principi, che vanno in parte ad integrare la motivazione della CTR,
corretta nel dispositivo, si è in definitiva conformato il giudice di appello. Ne
consegue il rigetto del ricorso che ha invece offerto una ricostruzione giuridica
non collimante con i principia esposti dalle Sezioni Unite qui solo sintetizzati e
ai quali è sufficiente rinviare.
Le spese si compensano, in considerazione dei non univoci precedenti di
legittimità.

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