Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9678 del 03/05/2011

Cassazione civile sez. III, 03/05/2011, (ud. 07/03/2011, dep. 03/05/2011), n.9678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29053-2006 proposto da:

AR THEMA INTERNATIONAL SRL (OMISSIS) nella qualità del

Presidente del Consiglio d’Amministrazione e legale rappresentante

Sig. M.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

PIETRALATA 320, presso lo studio dell’avvocato MAZZA RICCI GIGLIOLA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato KRAUSS MARINA

con studio in 24040 ISSO (BG), VIA ROMA 3 giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MERIKEP SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 224/2005 DEL TRIBUNALE di MILANO SEZIONE

DISTACCATA DI CASSANO D’ADDA, emessa il 3/10/2005, depositata il

05/10/2005, R.G.N. 151395/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- La AR-THEMA INTERNATIONAL srl propose opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione il 2 ottobre 2003, con la quale era stata rigettata la richiesta di sospensione dell’esecuzione avanzata dalla stessa AR-THEMA INTERNATIONAL srl nel processo esecutivo intrapreso da MERIKEP srl in liquidazione nei confronti dell’opponente.

2.- Il Tribunale di Milano – sezione distaccata di Cassano d’Adda ha rigettato l’opposizione, condannando l’opponente al pagamento delle spese processuali.

3.- Avverso la sentenza del Tribunale propone ricorso per cassazione la AR-THEMA INTERNATIONAL srl, a mezzo di due motivi. Non si difende l’intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si denuncia il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 617 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata affermato per un verso, che i motivi di opposizione avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione del 2 ottobre 2003 “non riguardano la regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto cosi come richiesto dall’art. 617 c.p.c.”, lasciando così intendere che il Tribunale ritenesse applicabile tale ultima norma soltanto nel caso di denuncia di vizi riguardanti il titolo esecutivo ed il precetto; per altro verso, che l’ordinanza del giudice dell’esecuzione del 2 ottobre 2003 “non può essere qualificata atto di esecuzione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. e pertanto anche i motivi di doglianza formulati nei confronti di questa non possono essere? fatti valere in tale sede processuale”, lasciando così intendere che l’opposizione agli atti esecutivi sarebbe ammessa contro gli atti del processo esecutivo, ma affermando, senza motivazione alcuna, che non sarebbe tale l’ordinanza oggetto dell’opposizione.

1.1.- Il motivo è inammissibile per difetto di interesse.

Contrariamente a quanto assume la ricorrente, il giudice di merito non ha fatto seguire alle affermazioni sopra testualmente riportate una decisione in termini di inammissibilità dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza impugnata, disattendendo così la giurisprudenza di questa Corte – pure correttamente richiamata dalla società ricorrente – che invece ammetteva tale rimedio – nel sistema vigente prima delle modifiche al codice di rito entrate in vigore a far data dal 1 marzo 2006, in particolare prima che fosse espressamente previsto il rimedio del reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. richiamato dall’art. 624 c.p.c., comma 2, nel testo modificato dal D.L. n. 35 del 2005, art. 2, comma 3, lett. e), n. 42 convertito nella L. n. 80 del 2005 – avverso le ordinanze del giudice dell’esecuzione pronunciate ai sensi degli artt. 624 e 625 c.p.c. (cfr. Cass. n. 2620/03, n. 6448/03, n. 16601/05, n. 707/06). Infatti, pur avendo svolto le argomentazioni di cui sopra, la sentenza impugnata non ha affatto affermato che il rimedio prescelto dall’opponente non fosse esperibile in astratto, nè ha dichiarato inammissibile l’opposizione, ma ha deciso nel merito, pronunciando una sentenza di rigetto dell’opposizione.

1.2.- Ne segue che la società ricorrente non ha interesse ad impugnare la sentenza del Tribunale con riguardo ai profili oggetto del primo motivo di ricorso, poichè questi attengono ad affermazioni contenute nella motivazione, in sè peraltro nemmeno univocamente interpretabili, cui di certo non ha fatto seguito un dispositivo di inammissibilità, contro il quale soltanto sarebbero state ammissibili le censure in parola.

2.- Col secondo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c., sostenendosi, da parte ricorrente, l’omessa pronuncia da parte del Tribunale sull’unico motivo di opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione (ritenuta dall’opponente del tutto carente di motivazione in punto di fumus boni iuris e con motivazione insufficiente in punto di periculum in mora).

2.1.- Il motivo è infondato, per le ragioni di cui appresso.

Richiamando quanto detto sopra in merito al tenore del dispositivo della sentenza impugnata, va qui precisato che la sentenza non ha affatto omesso di pronunciare sull’opposizione, ma, decidendo nel merito, l’ha rigettata. Piuttosto, si potrebbe affermare che, a fronte di tale statuizione di rigetto, manchi nella motivazione della sentenza l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, vale a dire che la motivazione sia soltanto apparente ovvero che la motivazione sia omessa perchè il giudice ha serbato il silenzio sulla gran parte delle questioni sottoposte al suo esame nell’ambito dell’opposizione: nel primo caso si avrebbe violazione dell’art. 132 c.p.c., censurabile perchè comportante la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4; nel secondo caso si avrebbe invece un vizio di motivazione censurabile ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Tuttavia, nè l’uno nè l’altro di tali vizi risulta denunciato col motivo di ricorso in esame; piuttosto questo, come detto, denuncia un error in procedendo, ma richiamando espressamente ed esclusivamente l’art. 112 c.p.c. ed argomentando espressamente ed esclusivamente in merito alla mancanza di ogni decisione sui motivi di opposizione, vale a dire impugnando la sentenza per omessa pronuncia e non per motivazione mancante o viziata.

2.2. – Al riguardo, vanno ribaditi i principi più volte espressi da questa Corte, per i quali il vizio di omessa pronuncia si concreta nel difetto del momento decisorio e quindi, per integrare detto vizio, occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto: il che si verifica quando il giudice non decide su alcuni capi della domanda, che siano autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte ovvero quando egli pronuncia solo nei confronti di alcune parti; per contro, il mancato e insufficiente esame delle argomentazioni delle parti integra un vizio di natura diversa, relativo all’attività svolta dal giudice per supportare l’adozione del provvedimento, senza che possa ritenersi mancante il momento decisorio (così Cass. n. 3388/05, nonchè n. 10636/07).

Pertanto, nel caso di specie, non integra il vizio di omessa pronuncia la mancata confutazione, da parte del giudice che ha rigettato l’opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecuzione, delle argomentazioni poste dall’opponente a base dell’unico motivo di opposizione: il giudice di merito ha pronunciato col rigetto dell’opposizione e tale statuizione esclude il vizio di omessa pronuncia. Escluso tale ultimo vizio, il mancato esame delle ragioni poste a base del motivo di opposizione, da parte del giudice di questa, avrebbe giustificato la denuncia del vizio di motivazione, che invece è mancata.

2.3.- Giova aggiungere che il vizio di motivazione è stato fatto valere col primo motivo di ricorso, ma soltanto, come detto al precedente punto 1, con riguardo all’affermazione contenuta in sentenza secondo cui il provvedimento impugnato non sarebbe un atto esecutivo.

Inoltre, il vizio di motivazione, sia sotto il profilo della sua mancanza (lett. C della pag. 9 del ricorso) sia sotto il profilo della sua insufficienza (lett. D della stessa pag. 9 del ricorso) è stato fatto valere dal ricorrente come motivo di opposizione avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione (e come tale viene riportato in ricorso), non anche come motivo di impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Milano – sezione distaccata di Cassano d’Adda.

2.4 – Il secondo motivo di ricorso avverso quest’ultima assume a suo presupposto la mancata pronuncia, invece esistente nel caso concreto, trattandosi di decisione di rigetto, non impugnata come tale, sicchè il motivo così come proposto non è meritevole di accoglimento.

3.- Non sussistono i presupposti per la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, non essendosi difesa l’intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2011

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