Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9675 del 13/04/2021

Cassazione civile sez. I, 13/04/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 13/04/2021), n.9675

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11964/2019 proposto da:

H.A., elettivamente domiciliato in Roma Via Teofilo Folengo,

49, presso lo studio dell’avvocato Facilla Giovanni Maria, che lo

rappresenta e difende giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il

07/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/01/2021 da Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Napoli, con decreto del 7.3.2019, ha rigettato la domanda proposta da H.A., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, negato al ricorrente lo status di rifugiato, nonchè la protezione sussidiaria riconducibile alle fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non essendo state le sue dichiarazioni ritenute credibili (il ricorrente, sedicente appartenente al partito della Lega Mussulmana, aveva riferito di essersi allontanato dal paese d’origine per le minacce subite dai membri del partito avverso del (OMISSIS)).

Il Tribunale di Napoli ha, inoltre rigettato la domanda di protezione sussidiaria per la fattispecie di cui all’art. 14, lett. c) Legge cit., essendo stata ritenuta l’insussistenza di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato nella regione del distretto di Gujranwala del Pakistan.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione H.A. affidandolo a due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 9, 10 e 11.

Denuncia il ricorrente che non essendo stata la sua audizione innanzi alla Commissione Territoriale videoregistrata, il giudice di merito avrebbe dovuto necessariamente fissare l’udienza di comparizione delle parti, non avendo “in merito a tale circostanza, potere discrezionale alcuno” (pag. 4 ricorso), configurandosi, diversamente, la nullità del decreto pronunciato all’esito del ricorso, per inidoneità del procedimento così adottato a realizzare lo scopo del pieno dispiegamento del contraddittorio, “ciò, beninteso, e sempre stato all’inequivocabile dettato normativo, non vuole automaticamente dire che si debba necessariamente dar corso all’audizione del richiedente” (pag. 6 ricorso).

2. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente si duole della mancata fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, nonostante risulti espressamente dal decreto impugnato (pag. 2) che tale udienza è stata invece regolarmente fissata (in data 8.2.2019) e vi ha partecipato il solo difensore, tanto è vero che a pag. 7 dello stesso decreto è stato stigmatizzato che, non essendo il ricorrente comparso di persona all’udienza di comparizione, lo stesso non ha adempiuto al suo dovere di cooperazione istruttoria impostogli dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

Con tale preciso rilievo il ricorrente non si è minimamente confrontato, affermando apoditticamente di non essere stata disposta la comparizione delle parti.

3. Con il secondo motivo è stata denunciata l’erronea e parziale valutazione dei fatti dichiarati dal ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

“Si censura la sentenza del Tribunale per aver omesso di considerare il seguente fatto decisivo e perciò assoluta mancanza di tutela del ricorrente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 6” (pag. 6 ricorso). Si evidenzia, inoltre, che del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, sancisce il principio dell’attenuazione dell’onere della prova e che comunque lo Stato deve svolgere un ruolo attivo nell’istruttoria della domanda.

Il ricorrente ha, inoltre, illustrato, in termini generali, i caratteri degli istituti della protezione sussidiaria ed umanitaria, nonchè le regole che devono essere applicate nella valutazione della credibilità del richiedente, richiamando le norme di legge ed alcune pronunce di questa Corte.

Infine, il ricorrente ha denunciato la violazione del diritto di asilo, contemplato all’art. 10 Cost., evidenziando che in Pakistan sono perpetrate gravissime violazioni dei diritti umani, in relazione all’eccessivo uso della forza da parte della polizia, alle arbitrarie e pericolose condizioni di vita delle prigioni, alla tratta delle persone ed allo sfruttamento del lavoro minorile, violenza contro donne e bambini etc.. Alla luce di ciò, il ricorrente ha invocato il riconoscimento della protezione umanitaria.

Infine, il ricorrente, nel timore che nelle more del decreto impugnato possa essere emesso un provvedimento di espulsione ed accompagnamento alla frontiera per il rientro nel paese d’origine, ha chiesto l’emissione di un provvedimento di natura cautelare di sospensione che anticipi gli effetti della sentenza finale.

2. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che il ricorrente si duole che il Tribunale avrebbe omesso di “considerare il seguente fatto decisivo”, senza, tuttavia, indicare minimamente in che cosa consisterebbe tale fatto, limitandosi a richiamare genericamente la normativa che disciplina gli istituti della protezione sussidiaria ed umanitaria, oltre all’asilo.

L’unica censura vera che emerge dall’illustrazione del motivo concerne la violazione dei diritti fondamentali che sarebbe perpetrata in Pakistan e che giustificherebbe la concessione dell’asilo o quantomeno della protezione umanitaria.

In proposito, va osservato, in primo luogo, che questa Corte ha reiteratamente enunciato il principio secondo cui il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo “status” di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, adottato in attuazione della Direttiva 2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004, e di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, con la conseguenza che non vi è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3, in chiave processuale o strumentale, a tutela di chi abbia diritto all’esame della sua domanda di asilo alla stregua delle vigenti norme sulla protezione (vedi recentemente Cass. 19176/2020).

Quanto alla richiesta protezione umanitaria, le censure del ricorrente si appalesano parimenti inammissibili, ed inidonee al riconoscimento di una condizione di vulnerabilità, non avendo comunque costui correlato la dedotta violazione dei principi fondamentali inviolabili nel paese d’origine o lo stato di insicurezza alla propria condizione personale (cfr. Cass. n. 4455 del 23/02/2018). Sul punto, infatti, questa Corte ha già condivisibilmente osservato che “ove si prescindesse dalla vicenda personale del richiedente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6” (in questi esatti termini, sempre Cass. n. 4455 del 23/02/2018).

Infine, inammissibile è la richiesta di emissione del provvedimento di sospensione, avendo questa Corte già statuito (Cass. n. 11756 del 17/06/2020) che, nel procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale, la Corte di cassazione non è competente a pronunciarsi sull’istanza di sospensiva dell’esecutività del provvedimento impugnato, poichè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, attribuisce tale potere in via esclusiva al giudice che ha adottato il provvedimento impugnato, come già previsto in via generale dall’art. 373 c.p.c., comma 1; nè davanti al giudice di legittimità può essere impugnato il rigetto dell’istanza di sospensiva pronunciato dal giudice di merito, trattandosi di provvedimento non definitivo a contenuto cautelare, in relazione al quale è inammissibile il ricorso straordinario ex art. 111.

Non si liquidano le spese di lite, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2021

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