Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9675 del 03/05/2011

Cassazione civile sez. III, 03/05/2011, (ud. 07/03/2011, dep. 03/05/2011), n.9675

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27806-2006 proposto da:

R.A.M. (OMISSIS), T.A.

(OMISSIS), T.C. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22,

presso lo studio dell’avvocato POTTINO GUIDO MARIA, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZAULI CARLO giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

S.P.A. RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’ (OMISSIS), in persona dei

legali rappresentanti Dr. M.G. e Dr. T.

L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88, presso

lo studio dell’avvocato SPADAFORA GIORGIO, che la rappresenta e

difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 598/2006 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA –

SEZIONE 1^ IVILE, emessa il 14/2/2006, depositata il 01/06/2006,

R.G.N. 401/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato ANTONIO MANGANIELLO (per delega dell’Avv. GIORGIO

SPADAFORA);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- R.A.M., T.A. e T.C., quali eredi di T.P., proposero appello avverso la sentenza del Tribunale di Forlì, con la quale era stata accolta l’opposizione proposta dalla RAS Assicurazioni S.p.A. avverso l’atto di precetto notificato ad istanza degli eredi di T.P. per il pagamento della somme riconosciute come dovute al T. dalla sentenza n. 127/99 del Tribunale di Forlì, recante la condanna della San Carlo s.p.a., della Ala s.p.a., della Stronchi e Dall’Agata s.n.c., in solido a risarcire i danni conseguenti ad un sinistro (non derivante da circolazione stradale) del quale il T. era rimasto vittima, nonchè la condanna della RAS Assicurazioni S.p.A. a tenere indenne la San Carlo S.p.A..

2.- La Corte d’Appello di Bologna ha rigettato l’appello, condannando gli appellanti in solido al pagamento delle spese processuali in favore dell’appellata.

3.- Avverso la sentenza della Corte d’Appello propongono ricorso per cassazione R.A.M., T.A. e T. C., a mezzo di sei motivi. Si difende l’intimata con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in primo luogo, la nullità della sentenza perchè motivata per relationem o, quanto meno, il vizio di motivazione contraddittoria ed insufficiente, relativamente alla questione della capacità processuale dei soggetti intervenuti in processo per conto della S.p.A. Riunione Adriatica di Sicurtà.

1.1.- Il motivo è inammissibile, sotto entrambi i profili.

Il presente ricorso per cassazione è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ed abrogato dalla L. 18 giugno 2008, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (1 giugno 2006).

Il motivo di ricorso per la parte in cui è relativo al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4 è inammissibile per difettosa formulazione del quesito di diritto, che risulta espresso nei seguenti termini:

®a) una motivazione per relationem è ammissibile? b) ed in che termini può ritenersi ammissibile? c) ed è consentito o non è consentito al giudice ignorare tutte le argomentazioni invece sul punto prospettate specificamente attraverso cioè i motivi di impugnazione?”.

Il quesito si risolve nell’invito a questa Corte ad affermare principi generali in merito alla motivazione per relationem: esso è evidentemente inidoneo a chiarire quale sia l’errore di diritto della sentenza impugnata che i ricorrenti lamentano; più in particolare, non vi sono sintetizzate le ragioni per le quali, nel caso concreto, il giudice d’appello non avrebbe potuto motivare per relationem, poichè, non solo non è sintetizzato quale fosse la fattispecie concreta, ma nemmeno quale dovesse essere lo schema normativo tipico cui rapportare tale fattispecie e quindi quale debba essere il principio di diritto che, secondo i ricorrenti, si dovrebbe applicare al caso in esame (cfr. Cass. n. 572/2009). Esso è espresso in termini tali da richiedere a questa Corte la formulazione di un principio astratto del tutto avulso dalla fattispecie concreta, che non consentirebbe certo di enunciare una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente sentenza, poichè di tale caso e della questione che esso pone non è fornita alcuna valida sintesi logico-giuridica (cfr., per i caratteri e le finalità del quesito di diritto, tra le altre Cass. S.U. n. 26020/2008).

1.2.- Il motivo del ricorso per la parte in cui è riferito al vizio di motivazione si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto:

“d) la mera produzione dello statuto da cui non si inferisce l’esistenza di poteri sostanziali può ritenersi sufficiente ai fini di dimostrare la titolarità del potere di rappresentare detta società in giudizio? e) la società può essere rappresentata da un terzo al quale non sono stati delegati poteri anche sostanziali? f) quale deve essere invece il rapporto esistente tra il con feritore di poteri ed il ricevente gli stessi?”.

In tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, è stato affermato che, poichè secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, “la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità” (Cass. sez. un. n. 20603/2007).

L’indirizzo interpretativo assolutamente prevalente, che si va oramai consolidando, richiede un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo di ricorso, che consista in un’indicazione riassuntiva e sintetica del fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero delle ragioni di insufficienza della motivazione, che, essendo autonomamente valutabile, rispetto alle argomentazioni che illustrano la censura, consenta, di per sè, la valutazione dell’ammissibilità del ricorso (cfr. Cass. n. 8897/2008, n. 22502/2010, nonchè Cass. ord. nn. 2652/2008 e 27680/2009, che hanno escluso che la norma dell’art. 366 bis, seconda parte, c.p.c, interpretata nei termini appena esposti, possa essere censurata di illegittimità costituzionale).

Dal momento che la norma dell’art. 366 bis c.p.c. detta un requisito funzionale all’immediata verifica da parte del giudice di legittimità della ammissibilità del ricorso (per come è reso evidente dall’inciso “a pena di inammissibilità”, dettato a proposito dei quesiti di diritto, ma ripetuto anche per la censura dell’art. 360 c.p.c., n. 5), ritiene questa Corte che vadano ribaditi i principi espressi dai precedenti da ultimo richiamati.

Dato ciò, il motivo del ricorso in esame è inammissibile perchè, pur essendo espresso in una parte separata rispetto all’illustrazione del motivo, non è, di per sè, sufficiente alla comprensione del motivo medesimo, che è possibile soltanto integrando il quesito, come sopra riportato, con le argomentazioni contenute nelle pagine 11- 13 del ricorso.

2.- Col secondo motivo di ricorso si deduce, per un verso, il vizio di motivazione in riferimento al rapporto esistente tra la RAS Ass.ni S.p.A. ed il danneggiato, per altro verso il vizio di violazione di giudicato esterno ex art. 2909 c.c..

Il motivo è infondato sotto entrambi i profili.

2.1.- Quanto al secondo dei vizi denunciati, è sufficiente richiamare il dispositivo della sentenza della cui esecuzione si tratta, che distingue nettamente tra la condanna al pagamento della somma liquidata a titolo di danni in favore del danneggiato – che è stata pronunciata nei confronti della San Carlo s.p.a., della Ala s.p.a., della Stronchi e Dall’Agata s.n.c., in solido – dalla condanna della RAS Assicurazioni S.p.A. “a tenere indenne la San Carlo S.p.A. di quanto essa verrà a pagare in esecuzione della presente sentenza”. Il giudicato si è formato su tale statuizione, in ragione della quale l’obbligazione di pagamento della RAS Assicurazioni S.p.A. ha come controparte creditrice esclusivamente la San Carlo S.p.A., non certo il danneggiato T.P., ed oggi i suoi eredi.

2.2.- Quanto al preteso difetto di motivazione, premesso che l’interpretazione del titolo esecutivo compiuta dal giudice dell’opposizione a precetto o all’esecuzione si risolve nell’apprezzamento di un “fatto”, come tale incensurabile in sede di legittimità se esente da vizi logici o giuridici (cfr., da ultimo Cass. 6 luglio 2010 n. 15852), deve escludersi che la sentenza impugnata sia affetta dai vizi denunciati.

In particolare, è da escludere che, come sostenuto dai ricorrenti, il giudice d’appello non abbia specificato le ragioni per le quali il danneggiato non avrebbe potuto richiedere il pagamento alla RAS Assicurazioni S.p.A., dal momento che la Corte d’Appello di Bologna ha ben interpretato il titolo esecutivo posto a base del precetto oggetto dell’opposizione, motivando sulla circostanza che questo non si fosse formato in favore del danneggiato, ed oggi dei suoi eredi, nei confronti della RAS Assicurazioni S.p.A. poichè quest’ultima è soggetto estraneo ai rapporti tra danneggianti e danneggiato, e tenuto a manlevare uno dei responsabili, in ragione di un distinto rapporto assicurativo. Giova aggiungere peraltro che, non solo l’interpretazione letterale del dispositivo della sentenza costituente il titolo esecutivo consente di individuare, senza alcuna incertezza, i soggetti passivi destinatari della condanna in favore di T.P., ed oggi dei suoi eredi – come ritenuto dalla Corte d’Appello di Bologna, ma che – come pure rilevato nella motivazione della sentenza impugnata – il dispositivo è del tutto coerente con la motivazione; inoltre (sebbene questo non abbia una diretta rilevanza in sede di esecuzione e di opposizione all’esecuzione) entrambi sono conformi al diritto, dal momento che il rapporto assicurativo tra la RAS Assicurazioni S.p.A. e la San Carlo S.p.A. non riguardava la responsabilità civile per la circolazione stradale sicchè non era idoneo a far insorgere alcun rapporto diretto tra il danneggiato e l’assicuratore.

3.- Col terzo motivo di ricorso si denuncia vizio di violazione di legge con riferimento alla norma dell’art. 100 c.p.c. e vizio di motivazione, in merito all’interesse della RAS Assicurazioni S.p.A. a proporre l’opposizione a precetto,. ritenendo i ricorrenti che vi sia carenza di interesse all’opposizione per avere la società assicuratrice pagato le somme oggetto dell’intimazione, prima di opporre il precetto.

3.1.- Il motivo è infondato sotto entrambi i profili. L’interesse ad opporsi all’esecuzione minacciata col precetto non viene meno per il solo fatto che l’intimato abbia provveduto al pagamento delle somme indicate in precetto, trattandosi di pagamento non spontaneamente eseguito nella convinzione di esservi obbligato, ma eseguito al solo scopo di evitare l’inizio dell’esecuzione cui il precetto è atto prodromico.

3.2.- La sentenza impugnata ampiamente motiva sul punto, evidenziando, peraltro, come il principio di diritto di cui sopra, abbia trovato concreto riscontro nel caso di specie dal momento che la RAS Assicurazioni S.p.A. aveva effettuato il pagamento facendo salva la contestazione del diritto dei creditori di procedere all’esecuzione minacciata nei suoi confronti.

4.- Il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente poichè relativi a pretesi vizi di motivazione della sentenza impugnata riguardanti i motivi di appello in merito alla statuizione sulle spese compiuta dal giudice di primo grado: si è denunciata, per un verso, col quinto motivo d’appello, violazione dell’art. 91 c.p.c. e, col sesto motivo d’appello, violazione dell’art. 92 c.p.c, sotto il profilo della soccombenza reciproca, compiute entrambe dal giudice di primo grado, per avere condannato gli opponenti al pagamento integrale delle spese di lite.

Sostengono i ricorrenti che la sentenza di secondo grado sarebbe nulla perchè priva di motivazione o comunque viziata nella motivazione perchè non risulterebbero esaminate le considerazioni svolte dagli appellanti in merito alla condotta della controparte per la quale i ricorrenti sarebbero stati, alfine, “matematicamente” vincitori (poichè avrebbero ricevuto il pagamento da parte della RAS Assicurazioni S.p.A. senza essere condannati alla restituzione) e comunque perchè la sentenza non avrebbe motivato affatto in merito alla richiesta di compensazione delle spese per soccombenza reciproca.

4.1.- I motivi sono infondati.

La motivazione sulla condanna degli appellanti al pagamento delle spese del primo grado di giudizio è completa ed immune da vizi logico-giuridici.

In primo luogo, infatti, è da escludere che ricorra il vizio di motivazione soltanto perchè non sarebbero state compiutamente esaminate tutte le argomentazioni svolte dagli appellanti a sostegno dei motivi d’appello, dovendosi applicare il principio più volte espresso da questa Corte in ragione del quale per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente non è necessario che nella stessa vengano prese in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (cfr., tra le altre, Cass. n. 2272/2007).

Nel caso di specie, è conforme al diritto la motivazione svolta dalla Corte d’Appello di Bologna che fa leva sull’applicazione del principio della soccombenza, riferito all’esito della lite, piuttosto che al definitivo assetto dei rapporti economici tra le parti, conseguenti a vicende extraprocessuali; è da escludere che sia stata condannata al pagamento delle spese di lite la parte che tale lite abbia vinto, essendo stata, invece, accolta in toto l’opposizione all’esecuzione svolta dalla RAS Assicurazioni S.p.A..

Il principio di diritto applicabile al caso di specie è quello per cui “in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse e il suddetto criterio non può essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a lei favorevole. Con riferimento al regolamento delle spese il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi” (Cass. n. 406/08, nonchè Cass. n. 17145/09 e Cass. n. 25270/09).

4.2.- Quanto alla ritenuta insussistenza dei presupposti per accedere ad una compensazione delle spese di lite, la Corte d’Appello di Bologna non ha affatto omesso la motivazione, come sostengono i ricorrenti, ma ha correttamente evidenziato come nel caso di specie, sia stata integralmente accolta l’opposizione, mentre è stata ritenuta inammissibile la domanda aggiunta ed ulteriore della opponente per la restituzione di parte delle somme precettate, sicchè risulta confermato il rispetto del principio della soccombenza e pure motivato il mancato esercizio del potere discrezionale di addivenire alla compensazione, totale o parziale, delle spese.

4.3.- I motivi quinto e sesto di ricorso sono infondati anche per la parte in cui si riferiscono alla mancata compensazione delle spese del secondo grado di giudizio, poichè è corretta la statuizione del giudice d’appello, sorretta dalla conforme motivazione, per la quale le spese del giudizio di appello sono state poste a carico dell’appellante totalmente soccombente.

5.- In applicazione del principio della soccombenza vanno poste a carico dei ricorrenti anche le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida, in favore della resistente S.p.A. Riunione Adriatica di Sicurtà, complessivamente in Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2011

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