Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9671 del 13/04/2021
Cassazione civile sez. I, 13/04/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 13/04/2021), n.9671
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8802/2019 proposto da:
I.J., elettivamente domiciliato in Avellino, alla via
Tranquillino Benigni n. 10, presso lo studio dell’avvocato Antonio
Barone, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al
ricorso, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria
Civile della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, n. 2479/2019, depositato
il 15/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
27/01/2021 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso al Tribunale di Napoli, I.J., cittadino della (OMISSIS), chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con decreto n. 2479/2019, depositato il 15 marzo 2019, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.
2. Il giudice adito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesima specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.
3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso I.J. nei confronti del Ministero, affidato a quattro motivi. Il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo e secondo motivo di ricorso, I.J. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7,8, e 11, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
1.1. L’istante lamenta che il Tribunale abbia ritenuto ai fini della concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) – non attendibile la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinato a lasciare il Paese di origine, consistiti nel timore di essere ucciso dallo “zio che, insieme ai suoi tre figli maschi, volevano impossessarsi della terra del fratello, ossia padre del ricorrente”, senza peraltro compiere alcun atto istruttorio d’ufficio.
1.2. Le censure sono inammissibili.
1.2.1. Ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), è invero indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione (Cass. 05/02/2019, n. 3340).
In mancanza di credibilità dell’istante deve, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti” del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8.
1.2.2. Nel caso di specie, il giudice adito ha adeguatamente motivato circa le ragioni per le quali ha ritenuto non attendibili le dichiarazioni del richiedente, per la loro assoluta genericità ed incongruenza – alle quali il richiedente non ha inteso sopperire neppure comparendo in udienza, per rendere ulteriori chiarimenti – essendosi tali dichiarazioni concretate essenzialmente nel paventato timore di pratiche di magia nera – che, fra l’altro, opererebbero anche a distanza, e quindi non impedirebbero il rientro dell’istante in patria peraltro sostanzialmente escluse dalle informazioni attinte da fonti internazionali. A fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame si traducono, in concreto, in una – peraltro del tutto generica – richiesta di rivisitazione del merito della vicenda, improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758).
Va, pertanto, esclusa in radice – attesa la non attendibilità dello straniero la concessione al medesimo dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).
2. Con il terzo e quarto motivo di ricorso, I.J. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
2.1. Il ricorrente si duole del fatto che il giudice di merito non abbia concesso al medesimo neanche la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, della situazione socio-politica del Paese di origine, e neppure la protezione umanitaria del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, sebbene ricorressero evidenti ragioni di vulnerabilità del richiedente.
2.2. Orbene, per quanto concerne la protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) del decreto succitato, la Corte d’appello ha accertato – con ricorso a fonti internazionali citate nel provvedimento – che nella zona di origine dell’istante non sussiste una situazione di violenza indiscriminata, derivante da un conflitto interno o internazionale. A fronte di tali motivati accertamenti in fatto, il motivo di ricorso si sostanzia, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico della forma di protezione in esame, nonchè nell’allegazione di circostanze fattuali e di valutazioni di merito.
2.3. Quanto alla misura del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie temporalmente applicabile, nel testo precedente il D.L. n. 113 del 2018, convertito con L. n. 132 del 2018, alla fattispecie concreta (Cass. Sez. U., 13/11/2019, nn. 29459, 29460, 29461) va rilevato che il giudice territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria, in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenzia situazione alcuna di vulnerabilità personale. Del resto l’accertata non attendibilità della narrazione dei fatti operata dal medesimo, ed il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente hanno indotto il Tribunale a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455), non avendo, peraltro, il ricorrente fornito alcun elemento di valutazione neppure quanto ad un’eventuale integrazione nel Paese ospitante.
Nè l’istante – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di merito, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.
3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorso,. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2021