Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9669 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. III, 26/05/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 26/05/2020), n.9669

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7826/2018 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GANDOLFI 6,

presso lo studio dell’avvocato FRANCO BARBETTI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

C.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4698/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/12/2019 dal Consigliere Dott. MARILENA GORGONI.

Fatto

RILEVATO

che:

B.A. ricorre per la cassazione della sentenza n. 4698-2017 della Corte d’Appello di Roma n. 4698/2017, articolando un solo motivo, corredato di memoria.

Nessuna attività difensiva è svolta dalla resistente.

La ricorrente espone in fatto di essere stata citata in giudizio da C.M., dinanzi al Tribunale di Tivoli, in relazione al contratto di locazione avente ad oggetto una unità familiare sita nel comune di (OMISSIS), consistente precisamente in una villa bifamiliare su tre livelli per il solo uso di alloggio di anziani non autosufficienti.

C.M. le intimava licenza per finita locazione e la diffidava a rilasciare l’immobile per asserita scadenza del contratto in data 2 gennaio 2011 e, con contestuale citazione, chiedeva la convalida della licenza per finita locazione alla suddetta data, con richiesta di pronunciare ordinanza di rilascio provvisoriamente esecutiva, in caso di opposizione, e fissazione del termine per l’esecuzione.

Il Tribunale di Tivoli rigettava la domanda, dichiarava l’attività di alloggio per anziani assimilabile ad una attività alberghiera e, in accoglimento della domanda riconvenzionale della odierna ricorrente, dichiarava che il contratto sarebbe cessato 11 gennaio 2017.

La decisione veniva impugnata da C.M. che lamentava l’erronea interpretazione della L.R. n. 41 del 2003 e che asseriva che la casa di alloggio per anziani dovesse essere assimilata ad una casa di cura, ossia ad una struttura socio-assistenziale, con finalità ben diverse da quelle riferibili ad una struttura alberghiera.

Nelle more del giudizio di appello, il Tribunale di Tivoli rigettava l’opposizione tardiva allo sfratto ex art. 668 c.p.c., proposta dalla odierna ricorrente avverso la convalida di sfratto per morosità ottenuta dalla locatrice in ragione della mancata comparizione dell’intimatala nullità dell’intimazione di sfratto e contestuale citazione per la convalida.

La Corte d’Appello di Roma, investita del gravame, con la sentenza oggetto della odierna impugnazione, dichiarava cessata la materia del contendere, condannava l’appellata al pagamento delle spese di lite per entrambi i gradi di giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. La ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione di norma di diritto derivante dall’omesso accertamento del passaggio in giudicato dell’opposizione spiegata avverso il provvedimento di convalida di sfratto per morosità, emanato in assenza della intimata.

Secondo la ricorrente la decisione cui era stata riconosciuta autorità di cosa giudicata, la sentenza n. 1042/2017 dal Tribunale di Tivoli, pronunciata il 24 maggio 2017, ma depositata in cancelleria il 14 settembre 2017, era ancora sottoposta al termine ordinario di impugnazione. La decisione della Corte d’Appello, datata 13 luglio 2017, avrebbe deciso, dunque, erroneamente di attribuirle autorità di cosa giudicata.

2. La Corte territoriale, pur non essendosi discostata dal principio di diritto, secondo cui l’ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha efficacia di cosa giudicata sostanziale su ogni questione in merito alla risoluzione del contratto ed al possesso di fatto della cosa locata (Cass. 11/07/2017, n. 17049), non ha tenuto conto di un principio altrettanto pacifico, cioè che la convalida di sfratto viene decisa con ordinanza, sebbene impugnabile, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, non solo con l’opposizione tardiva ex art. 668 c.p.c., ma anche con il normale rimedio dell’appello, se emanata nel difetto dei presupposti prescritti dalla legge, costituiti dalla presenza del locatore all’udienza fissata in citazione e dalla mancanza di eccezioni o difese del conduttore ovvero dalla sua assenza, e, quindi, al di fuori dello schema processuale ad essa relativo, essendo, in tal caso, equiparabile, nella sostanza, ad una sentenza anche ai fini dell’impugnazione.

La questione qui posta è se il giudice d’Appello abbia ritenuto correttamente che l’ordinanza di convalida di sfratto fosse passata in giudicato. Il suo esame richiede una sintetica ricostruzione della disciplina dell’impugnazione dell’ordinanza di convalida. L’art. 663 c.p.c., prevede che “se l’intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto”, precisando che “se lo sfratto è stato intimato per mancato pagamento del canone, la convalida è subordinata all’attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste”; lo stesso articolo dispone che il giudice deve ordinare che sia rinnovata la citazione se risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per caso fortuito o per forza maggiore”.

Il successivo art. 668 c.p.c., prevede che “se l’intimazione di licenza o di sfratto è stata convalidata in assenza dell’intimato, questi può farvi opposizione provando di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o per forza maggiore”; l’opposizione tardiva è stata ammessa dal giudice delle leggi (sent. n. 89/1972) anche quando l’intimato, pur avendo avuto conoscenza della citazione, non sia potuto comparire all’udienza per caso fortuito o forza maggiore.

Ebbene, nel caso di specie la convalida è stata ritenuta passata in giudicato, nonostante l’opposizione dell’intimato, in ragione del fatto che essa era stata respinta dal Tribunale di Tivoli, ma con provvedimento n. 1042/2017, ancora suscettibile, nel momento in cui il giudice aveva dichiarato cessata la materia del contendere, di impugnazione; infatti, la decisione risulta essere stata assunta sulla scorta della produzione all’udienza del 6 aprile 2017, da parte dell’appellante. della copia del dispositivo della sentenza resa tra le parti in data 24 maggio 2017 (p. 3 della sentenza). In tale ipotesi, non sussistendo adesione del conduttore alla domanda dell’intimante ed essendo il provvedimento di convalida equiparabile ad una sentenza che ha definito la controversia introdotta dall’intimazione di licenza o di sfratto, il giudice a quo ha erroneamente dichiarato la cessazione della materia del contendere.

3. Va osservato però che la Corte d’appello ha ritenuto che ove non fosse intervenuta la cessazione della materia del contendere in ragione della intervenuta risoluzione del rapporto locatizio, la domanda principale posta da C.M., volta alla convalida di licenza di sfratto per finita locazione alla data del 2 gennaio 2011, avrebbe meritato accoglimento con il correlativo rigetto della domanda riconvenzionale spiegata da B.A..

Nella sostanza significa che l’eventuale accoglimento del ricorso dell’odierna ricorrente non le sarebbe di alcun giovamento, perchè il ricorso non formula alcuna censura relativamente alla altra ratio decidendi della sentenza impugnata che, come riferito, ha ritenuto che l’attività concretamente svolta dall’odierna ricorrente non poteva essere ricondotta ad una semplice attività di tipo alberghiero, con la conseguenza che al rapporto locatizio non avrebbe potuto essere applicata, neanche in via analogica, la disciplina stabilità dalla L. n. 392 del 1978, art. 27, comma 3, concernente l’attività tipicamente alberghiera.

In altri termini, secondo la Corte d’Appello, la domanda di C.M. volta alla convalida di sfratto per finita locazione alla data del 2 gennaio 2001 avrebbe meritato accoglimento ed invece la domanda riconvenzionale dell’odierna ricorrere sarebbe stata rigettata.

4. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve considerarsi inammissibile, secondo un principio consolidato presso la giurisprudenza di questa Corte regolatrice, a mente del quale qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa.

5. Nulla deve essere liquidato per le spese non avendo C.M. svolto attività difensiva.

6. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla liquida per le spese in ragione del mancato svolgimento in questa sede di attività difensiva da parte della resistente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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