Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9666 del 14/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 14/04/2017, (ud. 29/03/2017, dep.14/04/2017),  n. 9666

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M.T. – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8495-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 426/2013 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 19/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/03/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettando l’appello dell’Agenzia, confermava la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da M.C. avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza intesa ad ottenere il rimborso delle ritenute operate dal PIA (Fondo pensione dell’Enel) nel momento in cui il fondo previdenziale predetto gli aveva corrisposto, nell’anno di imposta 2000 la pensione integrativa convertita in capitale a seguito di opzione esercitata dal contribuente, assoggettandola a tassazione separata e operando la ritenuta nella misura del 37,59. Ad avviso del contribuente l’importo non avrebbe dovuto essere tassato o, in subordine, sulla somma percepita avrebbe dovuto essere operata la ritenuta del 12,50%, come i redditi di capitale, la cui base imponibile è determinabile secondo le disposizioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 4, (nel testo vigente precedentemente alla riforma del 2004, ora art. 44). La Commissione adita affermava la tassabilità della somma dallo stesso percepita mediante la ritenuta del 12,50%. L’agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione e la Suprema Corte, con ordinanza n. 30338 del 29.11.2011, affermava che doveva trovare applicazione il principio di diritto affermato dalla Cassazione a SS.UU. con la sentenza n. 13642/2011 secondo il quale “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui all’art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 del T.U.I.R., solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre le somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; h) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui all’art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 del T.U.I.R.”. Conseguentemente la Corte cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa al giudice del merito per la determinazione della somma proveniente dalla liquidazione del c.d. rendimento di polizza alla quale soltanto doveva essere applicata la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6 per gli importi maturati non oltre il 31 dicembre 2000. La causa era riassunta dal contribuente innanzi alla CTR, la quale riconosceva il diritto al rimborso della somma di Euro 200.000,00. Osservavano i giudici del rinvio che dalla dichiarazione rilasciata dal dott. B., capo ufficio personale e organizzazione dirigenti, emergeva che l’importo dei rendimenti dei contributi e del capitale versato ammontavano ad Euro 919.298,87, per il che solo a tale importo doveva essere applicata la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato a tre motivi illustrati con memoria. Il contribuente si è costituito in giudizio con controricorso pure illustrato con memoria.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non aver la CTR posto alla base della decisione le prove offerte dalle parti e non aver compiuto una valutazione critica delle stesse.

4. Con il secondo motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, artt. 384 e 392 cod. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Sostiene che la CTR non si è attenuta al principio di diritto enunciato dalla corte di cassazione con la ordinanza di annullamento con rinvio in quanto non ha verificato l’impiego sul mercato del capitale accantonato nè la natura del rendimento.

5. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che la CTR non ha dato conto delle ragioni per le quali si doveva ritenere che i capitali rivenienti dalla contribuzione erano stati effettivamente investiti sul mercato finanziario.

6. Osserva la Corte che il primo motivo è inammissibile poichè, come già affermato dalla Corte di legittimità (Cass. n. 11892 del 10/06/2016), la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre.

7. Il secondo ed il terzo motivo debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica. Essi sono entrambi fondati. La CTR ha, infatti, accertato il rendimento da assoggettare a tassazione nella misura del 12,50% sulla base della mera rendita del capitale attestata dalla documentazione Enel ed ha omesso di esaminare il rendimento nel senso precisato dalle SSUU della Corte di legittimità con la sentenza n. 13642/11, richiamata nell’ordinanza n. 30338 del 29.11.2011, secondo cui occorre accertare se i capitali rivenienti dalla contribuzione siano stati effettivamente investiti sul mercato finanziario. Il giudice di rinvio avrebbe dovuto, dunque, conformarsi alla nozione di rendimento evincibile dalla decisione delle SSUU cit., cui hanno fatto seguito altre sentenze (Cass. 720/2017; Cass. 5614/15; Cass.287/12; Cass. 14498/12; Cass. 23520/12; Cass. 3130/14; Cass.17365/14).

E’ stato, invero, precisato che per rendimento del capitale deve intendersi, come espressamente precisato nella parte motiva della citata sentenza n. 13642/11 delle Sezioni Unite, il “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato”, la cui quantificazione deve essere compiuta dal giudice di merito sulla base di una congruente analisi giuridica della fattispecie concreta, che operi l’accertamento della natura e quantità del rendimento che sarebbe stato erogato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego.

Si impone, dunque, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata affinchè il giudice di merito accerti, sulla base degli elementi probatori forniti dal contribuente, se in concreto sussistesse un rendimento imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato (ossia, in termini più espliciti, se la differenza tra le somme erogate al beneficiario e l’ammontare dei contributi versati da lui e dal datore di lavoro derivasse in tutto o in parte dalla gestione di tali contributi sul mercato finanziario). Procederà, poi, il giudice di merito a quantificare la parte della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, calcolerà l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente, l’ammontare del suo effettivo credito restitutorio) applicando solo a tale parte l’aliquota del 12,5% secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.

8. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia Entrate, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2017

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