Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9665 del 12/05/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9665 Anno 2015
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 23108-2009 proposto da:
MORRA MARIO MRRMRA34S30B1110, MORRA ELENA CECILIA
MRRLCC72T68F295M, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA VALLISNERI 11, presso lo studio dell’avvocato
PAOLO PACIFICI, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato SAVINO PENE’;
– ricorrenti –

2015
contro

1007
TECHNOFABRIC

SPA

01708800048,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 149, presso lo
studio dell’avvocato SERGIO FIDENZIO, rappresentato e

Data pubblicazione: 12/05/2015

difeso dall’avvocato PIERLUIGI POMERO;

controricarrente

avverso la sentenza n. 1056/2008 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 25/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ORICCHIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 19/03/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO

CONSIDERATO in FATTO

L’Immobiliare S. Cecilia di Morra Elena Cecilia e C.
s.n.c. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di
Saluzzo la Technofabric S.p.a. al fine di sentir accertata
l’esistenza di servitù di passaggio acquisita per
proprietà attrice ed a carico di quella della società
convenuta.
L’adito Tribunale con sentenza in data 30/4-11/6-2004
rigettava la domanda attorea.
Avverso la suddetta decisione del Giudice di prime cure
interponeva appello la Immobiliare S. Cecilia, chiedendo
la riforma dell’impugnata sentenza.
Resisteva all’avverso gravame la parte appellata.
Con sentenza n. 1056/2008 l’adita Corte di Appello di
Torino rigettava l’appello e condannava l’appellante alla
refusione delle spese processuali.
Per la cassazione dell’anzidetta decisione ricorrono
Morra Mario e Morra Elena Cecilia, in proprio e quali
unici soci della cessata “Immobiliare S. Cecilia & C.”
s.n.c. con atto affidato ad un unico motivo.
Resiste con controricorso l’intimata.
RITENUTO in DIRITTO
1.- Con l’unico motivo del ricorso si censura il vizio di
“violazione dell’art. 2909 c.c. dei principi che regolano
l’efficacia della sentenza passata in giudicato”.
3

destinazione del padre di famiglia a favore della

4

Il motivo è assistito dalla formulazione di quesito ai sensi
dell’art. 366 bis c.p.c..
Col motivo si deduce che con in altro giudizio fra le
stesse parti sarebbe stata, con sentenza avente valore di
giudicato esterno, ritenuta la sussistenza di servitù per
destinazione del padre di famiglia allorchè veniva
rigettata l’avversa negatoria servitutis.
Parti ricorrenti deducono, insomma, l’intervenuto
giudicato formatosi con precedente pronuncia (Tribunale
Saluzzo n. 87 del 24 marzo 2003), a mezzo della quale
era stata rigettata l’azione di negatoria servitutis proposta
dalla Technofabric nei confronti della odierna ricorrente
nell’ambito del detto anteriore giudizio inter partes.
Giudicato di cui la sentenza oggi gravata innanzi a questa
Corte non ha adeguatamente tenuto conto.
Il motivo è fondato.
La controversia per cui è causa trae origine, in effetti ,
dalla vendita di fondi, in origine della sola società Wild,
divisi dopo il fallimento della stessa ed assegnati a
diversi proprietari a seguito di aggiudicazione successiva
ad ordinanza di vendita nell’ambito della procedura
fallimentare della succitata società.
Nella fattispecie la citata sentenza del 2003 aveva
rigettato la negatoria servitutis della Technofabric ,
“affermando che nel caso di specie ricorrevano tutti i
presupposti su cui l’art. 1062 fonda la cotisuzione della
servitù” per destinazione del padre di famiglia (come
rilevato dalla stessa decisione oggetto del gravame oggi
in esame).
La stessa sentenza, in ordine alla quale sarebbe
intervenuto il dedotto giudicato, dava ancora atto che la
costituzione della anzidetta servitù per destinazione del
padre di famiglia poteva non essere ritenuta sussistente
in ragione di quanto predisposto con l’ordinanza di

vendita e che, dall’esaminato decreto di trasferimento e
manifestazione alcuna, anche implicita, di volontà
contraria al sorgere di detta servitù.
Orbene quella sentenza del 2003, passata in giudicato,
non poteva essere elusa nell’ambito del giudizio per cui è
oggi causa.
Con l’impugnata decisione della Corte territoriale si è
sostenuto, al fine di non ritenere l’intervenuto giudicato,
di poter fare riferimento —ora per allora- all’ordinanza di
vendita, la quale non era stata allegata in precedenza ;
ed, ancora, al conseguente fatto che dal quella ordinanza
del 7.11.1979 emergeva l’esclusione della servitù per
destinazione del padre di famiglia in ordine al passaggio
pedonale e carraio già vantato dalla società “Immobiliare
Santa Cecilia” a carico della proprietà della società oggi
contro ricorrente ed, a suo tempo, eccepito in via
riconvenzionale.
Senonchè la già citata decisione del 2003, passata in
giudicato, non poteva che fare stato fra le parti, nulla — a
contrario- valendo la circostanza che il rigetto della
negatoria servitutis a suo tempo azionata era stata
rigettata per effetto di una questione sollevata solo
come eccezione riconvenzionale e non proposta anche
come domanda riconvenzionale.
In punto è errata la gravata decisione nel momento in cui
nega, in ipotesi, l’efficacia di giudicato alla precedente
invocata pronuncia per il fatto che sarebbe mancata, nella
sentenza del 2003, l’effettiva e indiscutibile
affermazione dell’esistenza di una servitù di passaggio in
favore della proprietà dell’Immobiliare Santa Cecilia
“non fondandosi propriamente su accertamento
concreto”, ma sulla “mancanza di un documento”.

5

dalla descrizione ivi contenuta dei beni, non poteva trarsi

6

Il rigetto di una azione negatoria servitutis con sentenza
non impugnata e passata in giudicato costituisce, invece,
un accertamento inter partes non più aggirabile. Né
riesaminabile per effetto di una produzione, quale quella
dell’ordinanza di vendita del 1979, che avrebbe potuto
chiarire la fondatezza o meno della questione -sollevata
solo in via di eccezione riconvenzionale- della servitù
per destinazione del padre di famiglia in
contrapposizione alla domanda di negatoria servitutis
(ma che non fu, a suo tempo, prodotta).
Giova all’uopo rammentare che, nella fattispecie,
l’ordinanza di vendita è ed era una atto processuale
anteriore e che l’ottenimento di copia dello stesso era ben
possibile, a suo tempo, con la mera richiesta di copia in
cancelleria.
E, quindi, vi è violazione dell’art. 2909 c.c. nel caso di
specie poiché si era al cospetto proprio di una “prova che
poteva essere motivatamente allegata in precedenza” e
non può essere tardivamente valutata anche sulla scorta
della non contestazione ad opera della controparte
ritenuta con la sentenza impugnata.
Infine va ribadito che comunque “il giudicato fa stato ad
ogni effetto fra le parti coprendo il dedotto ed il
deducibile” (si veda, da ultimo : Cass., Sez. III, Sent. 6
marzo 2014, n. 5245).
2.- In considerazione di tutto quanto fin qui affermato,
data la fondatezza dell’esposto motivo, il proposto
ricorso va accolto con consequenziale cassazione
dell’impugnata sentenza e rinvio degli atti, come da
dispositivo, affinché si decida la controversia
uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
La Corte

accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia —
anche per le spese- ad altra sezione della Corte di
Appello di Torino.
Cosi deciso nella Camera di Consiglio della Seconda
19 marzo 2015.
644/L:cée.clv

Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il

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