Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9664 del 03/05/2011

Cassazione civile sez. III, 03/05/2011, (ud. 17/02/2011, dep. 03/05/2011), n.9664

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2821-2009 proposto da:

C.G. (OMISSIS), C.M.

(OMISSIS), C.L.M.L.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. G.

BELLI 36, presso lo studio dell’avvocato AGRESTI BRUNO, rappresentati

e difesi dall’avvocato GIUSTOZZI SANDRO giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

La CASTELLANA DI CITTADINI ALESSANDRA & CITTADINI STEFANIA

SNC

(OMISSIS), (già LA CASTELLANA di CITTADINI G. & MATTICARI G.

S.N.C.), in persona dei soci e legali rappresentanti p.t. Ci.

A. e Ci.St., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA F. DENZA 15, presso lo studio dell’avvocato MASTROLILLI

STEFANO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

NAZZARENO MONALDI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 498/2007 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

emessa il 20/11/2007, depositata il 15/12/2007; R.G.N. 1307/2006.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 14/2/2007 la Corte d’Appello di Ancona respingeva il gravame interposto dai sigg.ri C.L.M.L., C.G.L. e M. nei confronti della pronunzia Trib.

Macerata 24/10/2006 di condanna al pagamento pro quota di Euro 174.947,80, oltre ad accessori, in favore della società La Castellana di Cittadini Giancarlo e Matricari Giovanna s.n.c., a titolo di differenze canoni corrisposti per la locazione di compendio immobiliare in (OMISSIS).

Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello i sigg.ri C.L.M.L., G.L. e C.M. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi.

Resiste con controricorso la società. La Castellana s.n.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo i ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 1321, 1325, 1326, 1328 e 1350 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2 e 3.

Con il 2^ motivo denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 1414 c.c., artt. 345, 437 e 447 bis c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3^ motivo denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 416, 437, 447 bis e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 4^ motivo denunziano violazione e falsa applicazione degli artt. 1326, 1362, 1414 e 1571 c.c., L. n. 392 del 1978, artt. 32 e 79 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 5^ motivo denunziano contraddittorietà, insufficienza e illogicità della motivazione su punto controverso della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366- bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, inammissibile.

L’art. 366-bis c.p.c. dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e da applicarsi in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (da ultimo v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), i quesiti risultano formulati in termini dal medesimo difformi, non recando la riassuntiva indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui i giudici del merito li hanno rispettivamente decisi, delle diverse regole di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione, e si palesano astratti e generici, privi di riferibilità al caso concreto in esame e di decisività, tali cioè da non consentire, in base alla loro sola lettura (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645;

Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr.

Cass., 23/6/2008, n. 17064).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366-bis c.p.c.);

Al riguardo, si è precisato che l’art. 366-bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso il motivo (5^) con il quale si denunzia vizio di motivazione non reca la “chiara indicazione” – secondo lo schema e nei termini più sopra indicati – delle relative “ragioni”, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, con interpretazione che si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (cfr. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.

All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2011

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