Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9662 del 13/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 13/04/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 13/04/2021), n.9662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19648/2016 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA, 2,

presso lo studio dell’avvocato SILVIA ASSENNATO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIOIA SACCONI;

– ricorrente –

contro

CAI COMPAGNIA AERONAUTICA S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

A. BERTOLONI 41, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GUANCIOLI,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 882/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/02/2016 R.G.N. 1510/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SILVIA ASSENNATO;

udito l’Avvocato GIUSEPPE GUANCIOLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Comandante C.G., dipendente della Compagnia Aeronautica Italiana s.p.a. (di seguito, CAI s.p.a.) dal 26 settembre 1988 in qualità di pilota di aeromobili, impugnava l’atto con cui la datrice di lavoro gli aveva comunicato che al raggiungimento del suo sessantesimo anno di età ((OMISSIS)) il rapporto di lavoro sarebbe cessato automaticamente.

2. La domanda veniva rigettata in primo grado e la Corte di appello di Roma, con sentenza n. 882/2016, rigettava il gravame.

3. Quanto alla disciplina dell’ordinamento nazionale che regola la fattispecie, la Corte di appello osservava – in sintesi – quanto segue:

a) CAI s.p.a. è stata costituita ai sensi della L. n. 124 del 2007, art. 25 e svolge attività economica c.d. simulata, ossia è società di copertura dei servizi segreti e il servizio svolto dalla società è regolato da decreti della Presidenza del Consiglio, ai quali è apposta la classifica di segretezza ai sensi della stessa L. n. 124 del 2007, art. 42;

b) agli aeromobili della CAI è applicabile l’art. 744 c.n., comma 4, il quale prevede l’equiparazione agli aeromobili di Stato di quelli utilizzati, anche occasionalmente, da soggetti pubblici o privati per attività diretta alla tutela della sicurezza nazionale, mentre il successivo art. 748 c.n., prevede che la disciplina del codice della navigazione non possa essere applicata a detto tipo di aeromobili; ne consegue che trova applicazione l’art. 746 c.n., u.c., che stabilisce che con D.P.C.M. sono stabiliti criteri e modalità per l’attribuzione della qualifica di volo di Stato all’attività di volo esercitata nell’interesse delle autorità e delle istituzioni pubbliche; dunque, non è applicabile l’ordinaria disciplina prevista dalla legge e dal codice della navigazione, bensì quella regolamentare emanata con D.P.C.M. sulla base del combinato disposto degli artt. 744, 746 e 748 c.n.;

c) la disciplina prevista da tali Regolamenti prevede, come effetto giuridico automatico, la risoluzione del rapporto di comandante pilota al compimento del 60 anno di età, qualificato come causa oggettiva ed insuperabile di cessazione; trattandosi di una causa di risoluzione prevista da fonte legale, deve escludersi il repechage; inoltre, il contratto di lavoro del ricorrente aveva per oggetto le mansioni di pilota e non altre;

d) quanto all’assunto per cui la normativa suddetta sarebbe stata abrogata per effetto della successiva, anch’essa speciale, introdotta dal Regolamento UE n. 1178/2011 del 3 novembre 2011, è assorbente rilevare che l’Italia ha usufruito della facoltà prevista dall’art. 12, di detto Regolamento, per cui all’epoca del licenziamento del C. le norme comunitarie non erano effettivamente in vigore, perchè non recepite dal nostro ordinamento.

4. La Corte di appello dichiarava poi infondata la censura relativa alla prospettata natura discriminatoria della disciplina speciale che impone la cessazione al sessantesimo anno di età, con riferimento sia alla Direttiva 2000/78/CE, sia ai principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 38 Cost., osservando – in sintesi – quanto segue:

a) la Direttiva 2000/78/CE prevede clausole di eccezione al divieto di discriminazioni dirette fondate sul requisito essenziale e determinante dell’attività lavorativa, stabilendo che “differenza di trattamento non costituisce discriminazione laddove la caratteristica richiesta è requisito essenziale e determinante per l’attività lavorativa, in ragione della natura dell’attività e del contesto, purchè l’obiettivo sia legittimo ed il requisito proporzionato” (art. 4);

b) già alla luce delle considerazioni sopra esposte relative all’attività istituzionale svolta da CAI s.p.a., strettamente connessa alla sicurezza nazionale, deve ritenersi applicabile la deroga di cui all’art. 4 della Direttiva 2000/78/CE anzidetta, tenuto conto che il limite di età (stabilito ai fini di una presunzione di inidoneità alle mansioni di pilota) dalla normativa speciale italiana riguarda, appunto, un requisito essenziale e determinante per la peculiare attività lavorativa, tenuto conto della natura dell’attività (voli istituzionali), nonchè dell’obiettivo (sicurezza nazionale) del tutto legittimo, con la conseguenza che il requisito dell’età risulta anch’esso proporzionato.

5. Infine, la Corte di appello, con diffuse argomentazioni, riteneva manifestamente infondata la denunciata violazione degli artt. 3 e 38 Cost..

6. Per la cassazione di tale sentenza C.G. proponeva ricorso affidato a tre motivi, cui resisteva CAI s.p.a. con controricorso.

7. Il procedimento, fissato originariamente per la trattazione in sede camerale e poi rinviato alla pubblica udienza del 24 aprile 2018, veniva sospeso dal Collegio per sottoporre alla Corte di Giustizia due quesiti: “1) Se la normativa nazionale di cui al D.P.C.M. 9 settembre 2008 in attuazione dell’art. 748 c.n., comma 3, dispositivo del regolamento sui limiti di impiego del personale navigante della società ed in particolare dispositivo della cessazione automatica del rapporto di lavoro al raggiungimento del 60 anno di età, sia in contrasto con il regolamento n. 1178/2011 per la parte in cui fissa al 65^ anno di età il limite per l’impiego dei piloti nel trasporto aereo commerciale e se quest’ultimo, previa disapplicazione della speciale normativa nazionale, sia applicabile al caso di specie. 2) In linea subordinata, ove il regolamento fosse ritenuto inapplicabile alla fattispecie, se la predetta normativa nazionale sia contraria al principio di non discriminazione in base all’età, di cui alla direttiva 2000/78, all’art. 21 alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea cui la direttiva 2000/78 dà espressione concreta”.

8. Intervenuta la sentenza della CGUE del 7 novembre 2019 (C.-396/18), è stata fissata l’odierna udienza di discussione. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 744, 746 e 748 c.n., artt. 2,3 e 4 disp. gen., artt. 3,4,38,70,76,77 e 87 Cost.; art. 437 c.p.c.; violazione e falsa applicazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 24, conv. L. n. 214 del 2011 (c.d. riforma Fornero); del D.Lgs. n. 164 del 1997, art. 3, comma 7; D.P.R. n. 157 del 2013, art. 10; D.P.C.M. 9 settembre 2008, n. 227266/986/01.03; D.P.C.M. luglio 2012, n. 133000/4.3/6.6 (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5) per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che, in materia di rapporto di lavoro dei piloti della società, il codice della navigazione, ed in particolare l’art. 748, avesse previsto una delega all’autorità amministrativa ad introdurre, come nel caso di specie, una legittima ipotesi di cessazione ope legis del rapporto.

Assume che i Regolamenti applicati dalla CAI non sono altro che regolamenti tecnici elaborati d’intesa con l’ente e relativi unicamente alle modalità di esercizio delle prestazioni lavorative del personale navigante della società e che, proprio perchè atti “secretati”, non possono contenere la disciplina della cessazione del rapporto di lavoro per una sola e ristretta categoria di dipendenti.

Lamenta la mancata applicazione di quanto previsto dal D.L. n. 201 del 2011, art. 24, conv. L. n. 214 del 2011, relativamente al conseguimento della pensione di vecchiaia al raggiungimento del sessantaseiesimo anno di età.

2. Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del Regolamento U.E. n. 1178/2011 – che conferma il limite di impiego dei piloti al raggiungimento del 65 anno di età e non prevede alcuna deroga in favore degli stati membri per ragioni di sicurezza e neanche per particolari tipologie di volo -, nonchè degli artt. 2, 4 e 6 della Direttiva 2000/78/CE – in merito alla lotta alle discriminazioni fondate, in ambito di occupazioni e condizioni di volo, fra l’altro, sull’età -; del D.Lgs. n. 216 del 2012; L. n. 300 del 1970, art. 15 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere la Corte di appello erroneamente escluso il carattere discriminatorio della disciplina introdotta con i D.P.C.M. e non applicabile il Regolamento UE in materia di requisiti tecnici inerenti agli equipaggi dell’aviazione civile, ed in particolare dei requisiti di età massima per i piloti, che fissa detto limite al compimento del sessantacinquesimo anno di età, differenziando i livelli di responsabilità per i piloti ultrasessantenni facenti parte dell’equipaggio.

Assume il ricorrente che la Corte di appello aveva ugualmente errato nel non avere considerato quanto enunciato dalla Corte di Giustizia con la sentenza C-447/09 del 13.9.2011.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18; L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5; art. 2697 c.c.; artt. 115,324 e 437 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto, sulla base della documentazione regolamentare esaminata, che la CAI svolga solo attività di trasporto aereo a fini istituzionali, e non anche altre attività di trasporto di cose o passeggeri su voli di diversa natura, tali da consentire un diverso impiego del pilota.

4. Il ricorso è infondato.

5. Il primo motivo investe la disciplina dell’ordinamento interno che regola la materia.

6. La L. n. 124 del 2007 (“Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto”), all’art. 25, comma 1, prevede che “Il direttore generale del DIS (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), previa comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri o all’Autorità delegata, ove istituita, può autorizzare, su proposta dei direttori dell’AISE (Agenzia informazioni e sicurezza esterna) e dell’AISI (dall’Agenzia informazioni e sicurezza interna) l’esercizio di attività economiche simulate, sia nella forma di imprese individuali sia nella forma di società di qualunque natura” e, al comma 3, che “Con apposito regolamento sono stabilite le modalità di svolgimento delle attività di cui al comma 1”.

7. Come ricostruito dalla sentenza impugnata e mai contestato in giudizio, è pacifico che CAI s.p.a. svolga un’attività economica c.d. simulata, rientrante nella previsione di cui dell’art. 25, comma 1. Pur apparendo una normale società per azioni, nella realtà non ha fine di lucro e compie un’attività istituzionale di natura pubblica per finalità di sicurezza nazionale.

8. La legge (art. 25, comma 3) demanda ad un “apposito regolamento” la disciplina relativa alle “modalità di svolgimento” delle “attività economiche simulate” di cui al comma 1. Dunque, il servizio svolto dalla società è regolato da particolari normative, emanate con decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con direttive del Presidente del Consiglio, cui è apposta la classifica di segretezza ai sensi della L. n. 124 del 2007, art. 42 (“Le classifiche di segretezza sono attribuite per circoscrivere la conoscenza di informazioni, documenti, atti, attività o cose ai soli soggetti che abbiano necessità di accedervi in ragione delle proprie funzioni istituzionali”, art. 42, comma 1).

9. L’art. 744 c.n., comma 4, equipara agli aeromobili di Stato quegli aeromobili utilizzati da soggetti pubblici o privati che esercitano attività inerenti alla tutela della sicurezza nazionale. Il successivo art. 748 c.n., comma 1, prevede che le disposizioni del codice della navigazione non sono applicabili agli aeromobili di Stato. Ai sensi dell’art. 748 c.n., comma 3, lo svolgimento delle operazioni di volo da parte degli aeromobili equiparati agli aeromobili di Stato è effettuato garantendo un adeguato livello di sicurezza, individuato secondo le speciali regolamentazioni adottate dalle competenti Amministrazioni dello Stato.

10. Riguardo all’interpretazione di tale complesso normativo, questa Corte si è già pronunciata con la sentenza n. 19024 del 2017, già richiamata nell’ordinanza interlocutoria emessa nel corso del presente giudizio (n. 13678 del 2018).

Tale sentenza ha riguardato proprio il tema del licenziamento per raggiunti limiti di età di un pilota della CAI e anche in quella sede il dipendente aveva censurato la statuizione di inapplicabilità, al rapporto di lavoro alle dipendenze della CAI, della disciplina legale in tema di licenziamenti, a seguito della qualificazione dei voli della società come voli di Stato.

E’ stato così affermato che, incontroversa la qualificazione degli aeromobili di CAI s.p.a. come aeromobili equiparati agli aeromobili di Stato in forza del D.P.C.M. 15 luglio 2006, ai sensi dell’art. 744 c.n., u.c., ai suddetti aeromobili non si applicano (salvo diversa disposizione) le norme del codice della navigazione, come dispone l’art. 748 c.n., comma 1. Ai sensi dell’art. 748 c.n., comma 3, lo svolgimento delle operazioni di volo da parte degli aeromobili equiparati agli aeromobili di Stato è effettuato garantendo un adeguato livello di sicurezza, individuato secondo le speciali regolamentazioni adottate dalle competenti Amministrazioni dello Stato.

Tanto premesso e richiamato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 settembre 2008, con cui è stato approvato, in attuazione dell’art. 748 c.n., comma 3, il “Regolamento sui limiti di impiego del personale navigante di CAI spa”, è stato affermato che:

a) le disposizioni del Regolamento sostituiscono la disciplina del codice della navigazione e sono altresì prevalenti rispetto alla disciplina comune del rapporto di lavoro: trattasi di fonti di rango primario, giacchè integrative del precetto dell’art. 748 c.n., comma 3, che contiene un rinvio recettizio, nonchè di natura inderogabile, poichè diretta a garantire un adeguato livello di sicurezza dei voli nell’interesse della sicurezza nazionale (art. 744 c.n., u.c.);

b) nell’ambito del Regolamento rileva la disposizione PCM-OPS 1.1136, rubricata “limite massimo di età”, secondo cui “tenuto conto delle finalità di cui ai precedenti articoli si stabilisce che i piloti della Compagnia possono svolgere attività professionale fino e non oltre il compimento del sessantesimo anno di età”;

c) la risoluzione del rapporto di lavoro del pilota di CAI s.p.a. al raggiungimento del sessantesimo anno di età non deriva da un atto di licenziamento, ma è l’effetto della impossibilità definitiva e sopravvenuta di svolgimento della prestazione da parte del lavoratore (art. 1463 c.c.); ne deriva la inapplicabilità degli istituti che presuppongono un atto di volontà del datore di lavoro, tra i quali l’obbligo di repechage in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

11. Tali argomenti sono qui richiamati e condivisi dal Collegio e assorbono ogni altra censura di cui al primo motivo di ricorso, dovendosi riconoscere alle norme del Regolamento la natura di fonti di rango primario, giacchè integrative del precetto di cui all’art. 748 c.n., comma 3, che contiene un rinvio recettizio, nonchè natura di norma inderogabile, poichè dirette a garantire un adeguato livello di sicurezza dei voli nell’interesse della sicurezza nazionale (art. 744 c.n., u.c.).

Deve concludersi che non è applicabile l’ordinaria disciplina prevista dalla legge e dal codice della navigazione, bensì quella regolamentare emanata con D.P.C.M. sulla base del combinato disposto degli artt. 744, 746 e 748 c.n., la quale prevede, come effetto giuridico automatico, la risoluzione del rapporto di comandante pilota al compimento del 60 anno di età, qualificato come causa oggettiva ed insuperabile di cessazione.

12. E’ poi infondato l’assunto per cui la normativa suddetta sarebbe stata abrogata per effetto della successiva, anch’essa speciale, introdotta dal Regolamento UE n. 1178/2011 del 3 novembre 2011.

Al riguardo, occorre richiamare quanto affermato dalla Corte di giustizia nella sentenza del 7 novembre 2019 (C-396/18) che, rispondendo al primo quesito oggetto del rinvio pregiudiziale, ha affermato che il Regolamento n. 1178/2011 non è applicabile, ratione temporis, alla controversia poichè il punto FCL.065 dell’allegato I del regolamento è divenuto applicabile nello Stato italiano soltanto a partire dall’8 aprile 2013, mentre la cessazione del contratto di lavoro del C. si è verificata il (OMISSIS) (la CGUE ha così concluso che non vi è luogo a rispondere alla prima questione sollevata da questa Corte in sede di rinvio pregiudiziale).

13. Il secondo motivo investe la questione che ha formato oggetto del secondo quesito di cui al rinvio pregiudiziale.

14. Come è noto, la direttiva comunitaria 2000/78 ha come obiettivo stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento. La riconduzione del divieto di discriminazione per l’età nell’ambito dei principi generali dell’ordinamento dell’Unione Europea risale alla sentenza Mangold, i cui principi sono stati confermati e chiariti dalla sentenza Kucukdeveci, poi richiamati dalla sentenza C-447/09 Prigge, che ha affermato che il principio di non discriminazione in ragione dell’età deve essere considerato un principio generale del diritto comunitario che trova la sua fonte in vari strumenti internazionali e nelle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri.

15. Con la sentenza del 7 novembre 2019 (C-396/18), la CGUE:

a) ha innanzitutto constatato che la normativa nazionale di cui si discute costituisce una misura prevista dalla legislazione nazionale, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 5, della direttiva 2000/78 (punto 43), atteso che la nozione di “misure previste dalla legislazione nazionale” non è limitata alle sole misure risultanti da un atto adottato al termine di un procedimento legislativo, bensì comprende anche le misure introdotte sulla base di una norma abilitante sufficientemente precisa (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2011, Prigge e a., C-447/09, EU:C:2011:573, punti 59 e 61) (punto 44); che la differenza di trattamento è stata istituita dal D.P.C.M., le cui disposizioni derogano al codice della navigazione e al regime comune dei rapporti di lavoro; che esse sono state adottate sulla base dell’art. 748 c.n., comma 3, il quale abilita le autorità nazionali competenti ad adottare norme che consentano di garantire un livello adeguato di sicurezza; che, date tali circostanze, la differenza di trattamento istituita dal D.P.C.M. deve essere considerata come effettivamente risultante da una misura prevista dalla legislazione nazionale, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 5, della direttiva 2000/78 (punto 45);

b) ha constatato, in secondo luogo, che la normativa nazionale in discussione persegue finalità che si ricollegano alla sicurezza pubblica, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 5, della direttiva 2000/78 (punto 46), atteso che “le misure che mirano ad evitare gli incidenti aeronautici mediante il controllo dell’idoneità e delle capacità fisiche dei piloti, affinchè degli errori umani non siano all’origine di tali incidenti, costituiscono innegabilmente misure idonee a garantire la sicurezza pubblica, ai sensi della disposizione sopra citata (sentenza del 13 settembre 2011, Prigge e a., C-447/09, EU:C:2011:573, punto 58)” (punto 47) e che, “per quanto riguarda la finalità attinente alla tutela della sicurezza nazionale, le misure che mirano a garantire la realizzazione e il buon svolgimento di operazioni nell’interesse della sicurezza nazionale costituiscono anch’esse misure idonee ad assicurare la sicurezza pubblica, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 5, della direttiva 2000/78” (punto 48);

c) in terzo e ultimo luogo, quanto alla verifica se la normativa nazionale in questione sia necessaria alla sicurezza pubblica, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 5, della direttiva 2000/78 (punto 49), dopo avere ricordato la sentenza del 13 settembre 2011, Prigge e a. (C-447/09, EU:C:2011:573) – con la quale la Corte aveva statuito che una misura nazionale la quale fissi a 60 anni di età il limite a partire dal quale i piloti non possono più esercitare la loro attività lavorativa, mentre la normativa nazionale e quella internazionale fissano tale età a 65 anni, non è una misura necessaria alla sicurezza pubblica e alla tutela della salute, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 5, della direttiva 2000/78 -, ha affermato che, tuttavia, nel presente caso, i voli “sono destinati all’esecuzione di operazioni connesse alla tutela della sicurezza nazionale che presentano, in via generale, rischi più elevati di quelli associati al trasporto aereo commerciale. Infatti, a differenza dei piloti di linea, i piloti della (odierna resistente) sarebbero abitualmente chiamati ad intervenire in condizioni difficili, o addirittura estreme, sicchè la realizzazione di tali operazioni esigerebbe il possesso di requisiti fisici particolarmente rigorosi” (punto 53), aggiungendo che “Dall’altro lato, allo stato attuale, il diritto dell’Unione e il diritto internazionale non prevedono alcuna normativa specifica che fissi un limite di età a partire dal quale i piloti di aeromobili gestiti nell’ambito di operazioni connesse alla tutela della sicurezza nazionale di uno Stato membro non possono più svolgere la loro attività professionale” (punto 54). “Pertanto, non vi è luogo per affermare, in via generale, che il limite di età per svolgere volo quali quelli gestiti dalla (odierna resistente) dovrebbe, per principio, corrispondere all’età di 65 anni adottata nel settore del trasporto aereo commerciale” (punto 55).

d) Ha concluso che spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce dell’insieme delle circostanze del procedimento principale, se, tenuto conto della “natura specifica delle attività esercitate” dalla società e dei “requisiti fisici imposti ai piloti alle dipendenze di tale società”, la normativa nazionale controversa nel procedimento principale sia necessaria alla sicurezza pubblica, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 5, della direttiva 2000/78 (punto 56).

16. La Corte di Giustizia, con la medesima sentenza, ha poi valutato la compatibilità della normativa nazionale con l’art. 4, paragrafo 1, della Direttiva 2000/78, per cui “gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a un(o) qualunque dei motivi di cui all’art. 1 (di tale direttiva) non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purchè la finalità sia legittima e il requisito proporzionato”. La Corte ha affermato che:

a) per non costituire una discriminazione, la differenza di trattamento deve essere fondata su una caratteristica correlata a uno dei motivi di cui all’art. 1 della direttiva 2000/78 e tale caratteristica deve costituire un requisito “essenziale e determinante” per lo svolgimento dell’attività lavorativa; ciò che deve costituire un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa non è il motivo su cui si basa la differenza di trattamento, bensì una caratteristica correlata a tale motivo (sentenza del 13 settembre 2011, Prigge e a., C-447/09, EU:C:2011:573, punto 66);

b) “è essenziale che i piloti di linea possiedano, segnatamente, capacità fisiche particolari, in quanto le carenze fisiche, in tale professione, possono avere conseguenze rilevanti. E’ altresì innegabile che tali capacità diminuiscono con l’età. Ne consegue che il possesso di capacità fisiche particolari può essere considerato, per l’esercizio della professione di pilota di linea, “un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa”, ai sensi dell’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, e che il possesso di tali capacità è correlato all’età (sentenza del 13 settembre 2011, Prigge e a., C-447/09, EU:C:2011:573, punto 67)” (punto 60);

c) “un’interpretazione siffatta si impone anche in riferimento ai piloti di aeromobili che svolgono missioni connesse alla tutela della sicurezza nazionale, come i piloti alle dipendenze della (odierna resistente)… abitualmente chiamati ad intervenire in condizioni difficili, o addirittura estreme, sicchè la realizzazione di tali operazioni esigerebbe il possesso di requisiti fisici particolarmente rigorosi” (punto 61); “ne consegue che il fatto di possedere capacità fisiche particolari può essere considerato quale “requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa”, ai sensi dell’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, ai fini dell’esercizio della professione di pilota di aeromobile che svolge operazioni connesse alla tutela della sicurezza nazionale” (punto 62);

d) quanto alle finalità perseguite da una normativa nazionale che miri a garantire, da un lato, la sicurezza del traffico aereo e, dall’altro, la tutela della sicurezza nazionale, l’obiettivo consistente nel garantire la sicurezza del traffico aereo costituisce una finalità legittima, ai sensi dell’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 (sentenza del 13 settembre 2011, Prigge e a., C-447/09, EU:C:2011:573, punto 69);

e) quanto alla questione di stabilire se la previsione della cessazione automatica all’età di 60 anni la normativa nazionale in discussione abbia imposto un requisito proporzionato, la misura in cui l’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 permette di derogare al principio di non discriminazione e tale deroga deve essere interpretata restrittivamente; tuttavia, per le ragioni esposte ai punti da 53 a 55, l’esito cui la stessa Corte era pervenuta nella soluzione adottata nelle sentenza Prigge, applicabile al trasporto aereo commerciale, non può essere trasposta alla presente causa (punto 69);

f) spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce dell’insieme delle circostanze di cui al procedimento principale, se, tenuto conto della natura specifica delle attività svolte dalla (odierna resistente) e dei requisiti fisici imposti ai piloti alle dipendenze di tale società, la normativa nazionale in discussione nel procedimento principale possa essere considerata proporzionata, ai sensi dell’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 (punto 70);

17. Alla luce dell’insieme delle considerazioni sopra esposte, la CGUE ha risposto alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che:

“L’art. 2, paragrafo 5, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, la quale preveda la cessazione automatica del rapporto di lavoro dei piloti alle dipendenze di una società che gestisce aeromobili nell’ambito di attività connesse alla tutela della sicurezza nazionale di uno Stato membro, allorchè detti piloti raggiungono l’età di 60 anni, a condizione che tale normativa sia necessaria alla sicurezza pubblica, ai sensi della disposizione sopra citata, circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare”.

“L’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, la quale preveda la cessazione automatica del rapporto di lavoro dei piloti alle dipendenze di una società che gestisce aeromobili nell’ambito di attività connesse alla tutela della sicurezza nazionale di uno Stato membro, allorchè detti piloti raggiungono l’età di 60 anni, a condizione che tale normativa sia proporzionata, ai sensi della disposizione sopra citata, circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare”.

18. Orbene, ritiene il Collegio che l’accertamento che è demandato al giudice del rinvio non richieda ulteriori accertamenti di fatto, potendo essere svolto alla luce della disciplina che regola la materia, che a sua volta rimanda ad elementi di fatto come ricostruiti dalle parti in sede di legittimità, non essendovi contestazione al riguardo.

19. Occorre innanzitutto richiamare quanto affermato dalla CGUE in relazione all’art. 2, paragrafo 5, e all’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/78:

a) la Corte di Giustizia ha premesso che la differenza di trattamento istituita dal D.P.C.M. deve essere considerata come effettivamente risultante da una misura prevista dalla legislazione nazionale, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 5, della direttiva 2000/78 (“5. La presente direttiva lascia impregiudicate le misure previste dalla legislazione nazionale che, in una società democratica, sono necessarie alla sicurezza pubblica….”) ed ha evidenziato che le misure che mirano ad evitare gli incidenti aeronautici mediante il controllo dell’idoneità e delle capacità fisiche dei piloti, affinchè degli errori umani non siano all’origine di tali incidenti, costituiscono innegabilmente “misure idonee a garantire la sicurezza pubblica” ai sensi della disposizione sopra citata;

b) con riferimento all’art. 4, paragrafo 1 della direttiva (“Fatto salvo l’art. 2, paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a ungo) qualunque dei motivi di cui all’art. 1 non costituisce discriminazione laddove, per la natura di un’attività lavorativa o per il contesto in cui viene espletata, tale caratteristica costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purchè la finalità sia legittima e il requisito proporzionato”), la stessa Corte di Giustizia ha premesso, in via generale, che è essenziale che i piloti di linea possiedano capacità fisiche particolari, in quanto le carenze fisiche, in tale professione, possono avere conseguenze rilevanti. Ha precisato che è altresì innegabile che tali capacità diminuiscono con l’età, per cui il possesso di capacità fisiche particolari può essere considerato, per l’esercizio della professione di pilota di linea, “un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa”, ai sensi dell’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 e che il possesso di tali capacità è correlato all’età.

20. Tutto ciò premesso, va subito precisato che le disposizioni che regolano le operazioni di cui ai D.P.C.M. che interessano nella presente sede sono coperte da classifica di segretezza e ne è pertanto vietata la divulgazione. In questa sede, è sufficiente evidenziare che si tratta di voli che presentano profili di elevatissima complessità tecnica – circostanza mai contestata neppure in sede di legittimità – e che i piloti della società sono chiamati ad operare anche in situazioni di particolare difficoltà ed elevato rischio – circostanza del pari incontestata -, tali da richiedere il possesso di una particolare prontezza e, comunque, di capacità e abilità superiori a quelle, seppur elevate, richieste ad un pilota di linea. Se ne desume che è insita nelle caratteristiche dei voli e nelle condizioni ambientali in cui si eseguono gli interventi l’esigenza che il pilota sia dotato di una particolare abilità tecnica e una elevata efficienza fisica per fronteggiare i maggiori rischi.

21. Tanto è sufficiente per affermare che la regolamentazione oggetto di esame ha introdotto una misura che mira ad evitare gli incidenti aeronautici mediante il controllo dell’idoneità e delle capacità fisiche dei piloti della CAI, di modo che la regolamentazione riguarda una misura idonea a garantire la sicurezza pubblica e la sicurezza dei voli, nel contesto di una finalità legittima. Il possesso di capacità fisiche superiori a quelle proprie di un pilota di linea può essere considerato, per l’esercizio della professione di pilota della società CAI, in ragione delle sue funzioni istituzionali, un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa. Poichè è di comune esperienza che le capacità fisiche diminuiscono con l’età, l’esigenza di correlare il requisito di idoneità fisica all’età del pilota della CAI deve ritenersi imprescindibile e misura necessaria alla sicurezza pubblica, ai sensi dell’art. 2, paragrafo 5, della direttiva 2000/78.

22. Come già osservato da questa Corte (sentenza n. 22023 del 2015, richiamata nella sentenza impugnata), non contrasta con la direttiva 2000/78/CE, attuata dal D.Lgs. n. 216 del 2003, che offre agli Stati membri la possibilità di prevedere, nell’ambito del diritto nazionale, forme di disparità di trattamento fondate sull’età quando siano “oggettivamente e ragionevolmente” giustificate da una finalità legittima, purchè i mezzi per il raggiungimento di tale scopo siano necessari e appropriati (es. in tema del collocamento a riposo nel pubblico impiego contrattualizzato in ragione del raggiungimento della massima anzianità contributiva di quaranta anni).

23. Ed infatti, una disparità di trattamento in ragione dell’età, non costituisce discriminazione laddove essa sia oggettivamente e ragionevolmente giustificata da una finalità legittima, ai sensi dell’art. 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

24. Una mancanza di precisione della normativa, riguardo allo scopo perseguito, non ha la conseguenza di escludere automaticamente che quest’ultima possa essere giustificata ai sensi della disposizione suddetta. In mancanza di una tale precisazione, è importante che altri elementi, attinenti al contesto generale della misura interessata, consentano l’identificazione dell’obiettivo cui tende quest’ultima, al fine di esercitare un controllo giurisdizionale, quanto alla sua legittimità, e al carattere appropriato e necessario dei mezzi adottati per realizzare detto obiettivo (Palacios de la Villa, C-411/05, C-Vital Perez C-416/13, Rosenbladt, C-45/09).

25. Si è visto quindi, per tutti i motivi esposti, che la misura è necessaria per la realizzazione dell’obiettivo sia della sicurezza dei voli, sia della tutela della sicurezza nazionale. Nè la misura può considerarsi eccedente, in quanto essa è appropriata, oltre che necessaria, per raggiungere la finalità perseguita.

26. Il rispetto del principio di proporzionalità richiede che qualsiasi deroga ad un diritto individuale prescriva di conciliare, per quanto possibile, il principio di parità di trattamento con l’esigenza del fine perseguito (v., in questo senso, sentenza 19 marzo 2002, causa C-476/99, Lommers, punto 39; sentenza 22 novembre 2005, C-144/04, Mangold, punto 65). Si è infatti più volte affermato nella giurisprudenza della Corte di Giustizia che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (CGUE 23 ottobre 2012 Nelson e a. C-581/10 e C-629/10, 17 ottobre 2013, Schaible, C-101/12).

27. La misura appare appropriata e non sproporzionata ove si consideri che il raggiungimento del sessantesimo anno di età costituisce la soglia alla quale è correlata, nell’ordinamento interno, l’applicazione di stringenti limiti allo svolgimento di attività di volo per i piloti addetti ai servizi di trasporto aereo, ai sensi del D.P.R. 18 novembre 1988, n. 566, art. 9. Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, tale disciplina va letta nel senso che – fermo restando il limite di età di sessant’anni nel caso di attività di volo svolta con un solo pilota a bordo – il limite è differito a sessantacinque anni se per il servizio di trasporto aereo di linea e non di linea sia prescritto l’impiego di più di un pilota, purchè il comandante ed il copilota abbiano meno di sessant’anni; sicchè – a parte la posizione del pilota istruttore – solo il terzo pilota può essere ultrasessantenne (Cass. n. 15366 del 2002, n. 10882 del 2001; n. 7297 del 1998). Nello speciale rapporto di lavoro dei piloti, la regolamentazione del servizio di trasporto aereo di linea e non di linea non consente l’attività di comandante e di copilota dopo il compimento del sessantesimo anno di età, ma il pilota può però essere adibito oltre tale data e fino al compimento del sessantacinquesimo anno di età alle mansioni di terzo pilota (cfr. Cass. n. 15349 del 2009). Anche il Regolamento UE n. 1178/2011, benchè non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, al punto FCL.065 dell’allegato I (“Limitazione dei privilegi dei titolari di licenze che abbiano compiuto i 60 anni di età nel trasporto aereo commerciale”) delimita a particolari ipotesi la possibilità per il pilota ultrasessantenne di operare come pilota di un aeromobile in attività di trasporto aereo commerciale (tale attività è consentita solo come membro di equipaggio plurimo e a condizione che tale titolare sia l’unico pilota dell’equipaggio di volo ad aver raggiunto i 60 anni di età).

28. Manifestamente infondate sono le censure di illegittimità costituzionale sollevate dalla parte ricorrente.

29. Quanto alla presunta violazione dell’art. 3 Cost., sollevata per il fatto che il peculiare regolamento denunciato (D.P.C.M.) si applica alla CAI s.p.a. e non alle altre compagnie aeree italiane che effettuano voli di sicurezza nazionali, è sufficiente osservare che, secondo l’insindacabile accertamento di merito compiuto dal giudice di merito sulla base della documentazione esaminata, mentre CAI s.p.a. svolge in maniera istituzionale e assorbente quella attività di natura pubblica, “alle altre compagnie tale attività – quando avviene – è demandata in via del tutto occasionale, con la conseguenza che tra le compagnie sussiste un’evidente sostanziale differenza”. E’ dunque manifestamente infondata la denunciata violazione dell’art. 3 Cost., per irragionevole disparità di trattamento tra piloti dipendenti della CAI rispetto ai piloti di altre compagnie aeree, non essendo possibile invocare una completa assimilazione tra la funzione dei primi, in ragione della particolare natura istituzionale delle attività svolte dalla società di appartenenza, e quella dei secondi, quali appartenenti ad altre compagnie aeree che svolgono voli commerciali.

30. Del pari manifestamente infondata è la denunciata violazione dell’art. 38 Cost., in quanto il D.P.C.M. apporterebbe una “modificazione dell’età pensionabile per la pensione di vecchiaia con provvedimento amministrativo”. Innanzitutto, va ricordato che sussiste un peculiare sistema pensionistico per gli iscritti al c.d. Fondo Volo istituito presso l’INPS, per cui il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia si consegue con un requisito anagrafico ridotto di cinque anni rispetto a quello tempo per tempo vigente nel regime generale obbligatorio (v., D.Lgs. n. 164 del 1997, art. 3, comma 7).

31. Parte ricorrente ha obiettato che, nel regime risultante a seguito della L. n. 214 del 2011, di conversione del D.L. n. 201 del 2011 (c.d. manovra Monti – Fornero), a causa dello spostamento dell’età pensionabile, il quinquennio riferimento porterebbe a raggiungere l’età pensionabile del pilota della CAI al sessantunesimo e non al sessantesimo anno di età.

32. L’obiezione è destituita di fondamento, in quanto – come correttamente osservato dalla sentenza impugnata – D.P.R. n. 157 del 2013, art. 10, comma 2, recante il regolamento di cui alla L. n. 214 del 2011, art. 24, comma 18, ha stabilito che, ai lavoratori iscritti al Fondo Volo per i quali viene meno il titolo abilitante per raggiunti limiti di età, si applicano i requisiti di accesso e di decorrenza dei trattamenti pensionistici di vecchiaia vigenti al 31.12.2011. Prevede, infatti, del D.P.R. n. 157 del 2013, art. 10, al comma 1, che “Le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di decorrenza dei trattamenti pensionistici di vecchiaia, vigenti prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, continuano ad applicarsi nei confronti dei lavoratori per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiunti limiti di età e i cui ordinamenti di settore, che disciplinano il rilascio ed il rinnovo di tale titolo, non ne prevedano l’elevazione…” e, al comma 2, che ” Ai lavoratori iscritti al Fondo di previdenza del personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa per raggiunti limiti di età, si applicano, al ricorrere delle condizioni di cui al comma 1, i requisiti di accesso e di decorrenza dei trattamenti pensionistici di vecchiaia vigenti al 31 dicembre 2011″.

33. Si è in presenza di una speciale ed eccezionale normativa di favore, applicabile anche ai piloti della società resistente (la circostanza non è contestata in giudizio) rispetto a quella dettata per la generalità dei lavoratori destinatari della riforma di cui alla citata L. n. 214 del 2011. Non solo non esiste disparità di trattamento in materia previdenziale, ma si è in presenza di una diversa e più favorevole disciplina di accesso al pensionamento rispetto alla generalità dei lavoratori. Del sistema previdenziale così tratteggiato ben poteva godere anche il C., più favorevolmente rispetto agli altri piloti dell’aviazione civile che avessero raggiunto la stessa età anagrafica.

34. Neppure è ipotizzabile una disparità di trattamento rispetto agli altri piloti dell’aviazione civile in relazione all’assunto del C. per cui egli sarebbe stato “posto nella condizione obbligata di accedere alla pensione anticipatamente rispetto all’età anagrafica precisata per gli altri piloti e così privato della possibilità di proseguire l’attività lavorativa sino alla naturale cessazione del rapporto per il sopraggiunto limite di età previsto dalla legge”. In proposito, è sufficiente osservare che il pilota ultrasessantenne cessato dal rapporto di lavoro con la CAI ben potrebbe continuare a svolgere attività di volo oltre il sessantesimo anno in contesti societari diversi e andare in pensione in base alle regole ordinarie.

35. Il terzo motivo è incentrato sulla violazione dell’obbligo di repechage. Il ricorrente lamenta che la CAI avrebbe potuto impiegarlo in altre attività all’interno dell’azienda. In proposito, è assorbente il rilievo di inammissibilità, non potendo ammettersi in questa sede un diverso apprezzamento di fatto in merito a due circostanze, quali ricostruite in sede di merito, con accertamento incensurabile in sede di legittimità: a) quella per cui la CAI svolge “in maniera esclusiva ed istituzionale” attività di volo che serve alla sicurezza istituzionale, con esclusione di attività di voli commerciali; b) quella per cui il C. venne assunto per lo svolgimento dell’attività di pilota.

36. Il rilievo ha carattere assorbente, dovendosi solo aggiungere che, come già affermato da questa Corte con la richiamata sentenza n. 19024 del 2017, il recesso è stato posto in essere dalla datrice di lavoro CAI in applicazione della previsione del Regolamento rubricata “limite massimo di età” (“…i piloti della Compagnia possono svolgere attività professionale fino e non oltre il compimento del sessantesimo anno di età”), per cui questa Corte, confermando quanto statuito dal giudice di merito in quella sede, ha ritenuto che la risoluzione del rapporto di lavoro del pilota di CAI s.p.a. al raggiungimento del sessantesimo anno di età non deriva da un atto di licenziamento, ma è l’effetto della impossibilità definitiva e sopravvenuta di svolgimento della prestazione da parte del lavoratore (art. 1463 c.c.); da cui deriva la inapplicabilità della disciplina del repechage.

37. Il ricorso va dunque rigettato. La novità di alcune delle questioni giuridiche trattate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio, compresa la fase incidentale relativa al rinvio pregiudiziale alla CGUE.

38. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (v. Cass. S.U. n. 23535 del 2019 e n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio, compresa la fase incidentale relativa alla pregiudiziale comunitaria.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2021

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