Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9659 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 26/05/2020), n.9659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15581-2018 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MISURINI 69,

presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO VALENZI, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei ministri pro tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE

FINANZE, MINISTERO DELLA SALUTE, MINISTERO DELL’ISTRUZIONE,

DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in persona dei rispettivi Ministri

pro tempore, UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO, in persona del

Rettore pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2470/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 20/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Dott. B.M. ed altri medici convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Torino, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero della salute, il Ministero dell’economia e finanze, il Ministero dell’istruzione e l’Università degli studi di Torino, chiedendo che fossero condannati al risarcimento dei danni da loro sofferti a causa del mancato recepimento delle direttive comunitarie in materia di retribuzione dei medici specializzandi, in particolare in ordine alla mancata previsione di una rideterminazione triennale della borsa di studio.

A sostegno della domanda il Dott. B. espose di aver seguito il corso di specializzazione negli anni accademici dal 1997-1998 al 2001-2002, percependo la borsa di studio di cui al D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, somma che però non era stata mai oggetto di rivalutazione.

Si costituirono in giudizio tutti i convenuti, eccependo il difetto di legittimazione passiva e la prescrizione del diritto, e chiedendo nel merito il rigetto della domanda.

Il Tribunale, accolta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dei Ministeri e dell’Università, rigettò la domanda seguendo il criterio della c.d. ragione più liquida, ritenendo cioè infondata la pretesa degli attori.

2. La pronuncia è stata impugnata dal Dott. B. e da altri due medici soccombenti e la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 20 novembre 2017, in riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto sussistente la legittimazione passiva dei Ministeri e dell’Università e ha dichiarato estinto per prescrizione il diritto fatto valere dagli appellanti. La Corte territoriale ha osservato, per quanto di interesse, che gli appellanti avrebbero potuto e dovuto far valere le loro ragioni già a far data dall’entrata in vigore delle norme che avevano disposto il blocco dei meccanismi di adeguamento della borsa di studio; ed ha aggiunto che la prescrizione doveva ritenersi decorrente, al più tardi, dal momento in cui i medici avevano concluso il periodo di specializzazione, posto che a tale data essi erano in possesso di tutti gli elementi per verificare l’esistenza del presunto inadempimento. E poichè il primo atto di interruzione della prescrizione era costituito dal ricorso di primo grado, notificato ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c. nel marzo 2014, i dieci anni erano comunque decorsi per il Dott. B., che aveva concluso la sua specializzazione nel 2002.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Torino propone ricorso il solo Dott. B. con atto affidato a due motivi.

Resistono la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero della salute, il Ministero dell’economia e finanze, il Ministero dell’istruzione e l’Università degli studi di Torino con un unico controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., e il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione delle norme sulla prescrizione.

La censura rileva che il D.Lgs. n. 257 del 1991, oltre a prevedere l’erogazione di una borsa di studio in favore dei medici specializzandi, aveva anche disposto che la stessa fosse rivalutata, ma in effetti tale rivalutazione è stata bloccata da vari successivi provvedimenti legislativi. Il ricorrente sostiene di aver cominciato a frequentare il suo corso in un momento in cui la rivalutazione era bloccata ed aggiunge che solo con l’entrata in vigore della L. 23 dicembre 2005, n. 266, può dirsi compiuto un vero adeguamento della normativa nazionale alla direttiva 82/76 CEE. Osserva, poi, che il diritto da lui fatto valere in giudizio non sarebbe quello ad una retribuzione non concessa, bensì quello al risarcimento del danno derivante da inadempimento, tale che fino all’entrata in vigore della normativa del 2005 suindicata non era dato sapere quale fosse la norma da applicare per il risarcimento del danno, il che rileverebbe ai fini della prescrizione.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..

Sostiene il ricorrente che la sentenza non si sarebbe pronunciata su parte della domanda da lui avanzata nella quale si era fatto presente che i blocchi di spesa erano stati reiterati solo in relazione alla rivalutazione conseguente alla variazione del costo della vita, ma non in riferimento alla rideterminazione conseguente a nuovi accordi sindacali.

3. Osserva il Collegio, innanzitutto, che il ricorso è redatto con una tecnica non pienamente rispettosa dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), posto che il ricorrente ha indicato il contenuto della sentenza impugnata e delle doglianze da lui svolte in sede di appello, ma non ha esattamente chiarito quale fosse il contenuto della domanda originaria. Si dice solo, al riguardo (p. 3 del ricorso), che era stata chiesta la condanna delle Amministrazioni convenute per la mancata o infedele trasposizione della direttiva 82/76 CEE, ma non si spiega in quali termini.

Tanto premesso – ed anche volendo tralasciare l’indicato vizio di possibile inammissibilità – a quanto sembra di capire dalla sentenza impugnata e dal ricorso, il ricorrente ha avanzato una pretesa di rivalutazione della somma a lui erogata sulla base del D.Lgs. n. 257 del 1991; ma nel primo motivo si afferma pure che il pieno adempimento della suindicata direttiva si sarebbe realizzato solo con l’entrata in vigore della L. n. 266 del 2005, il che potrebbe indurre a pensare che il ricorrente abbia chiesto, in realtà, l’applicazione della più favorevole disciplina di cui al D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368.

Ad ogni modo, il primo motivo di ricorso dimostra di non cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha ritenuto che fosse prescritto il diritto ad agire per la rivalutazione della borsa di studio, avendo il Dott. B. concluso la sua specializzazione nell’anno 2002 ed avendo interrotto la prescrizione solo nel 2014, con l’atto introduttivo del presente giudizio. Rispetto a tale ragionamento, la censura del primo motivo è vaga e sfuggente e non affronta, in effetti, il cuore del problema. Nè appare seriamente sostenibile che l’incertezza circa la norma da applicare si possa riflettere sul decorso dei termini di prescrizione, che la sentenza impugnata ha ritenuto di far decorrere dal momento in cui il medico aveva concluso il suo corso di specializzazione.

Quanto, poi, alla tesi secondo cui il diritto dei medici specializzandi a percepire un’adeguata remunerazione si sarebbe perfezionato solo con l’entrata in vigore della normativa di cui al D.Lgs. n. 368 del 1999, si tratta di una ricostruzione smentita da tempo dalla costante giurisprudenza di questa Corte (v., tra le altre, le sentenze 23 febbraio 2018, n. 4449, e 28 giugno 2018, n. 17051).

Il secondo motivo, peraltro di oscuro contenuto, non è decisivo, perchè la riconosciuta prescrizione del diritto toglie rilievo ad ogni problema circa il sopravvenire di nuovi accordi sindacali relativi alla rideterminazione triennale della borsa di studio; per cui anche questa parte della domanda è da ritenere implicitamente rigettata.

Occorre infine aggiungere che la Corte d’appello ha deciso la causa facendo applicazione del principio della ragione più liquida; ma comunque, anche ipotizzando (per assurdo) che vi sia un errore in ordine alla prescrizione, il diritto rivendicato dal ricorrente è da considerare inesistente alla luce della giurisprudenza di questa Corte in precedenza richiamata.

4. Il ricorso è pertanto rigettato.

In considerazione della complessità della vicenda e delle oscillazioni della giurisprudenza si ritiene equo compensare anche le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono, tuttavia, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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