Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9659 del 14/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 14/04/2017, (ud. 10/01/2017, dep.14/04/2017),  n. 9659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8262/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

V. s.p.a., in persona del legale rappresentante, dott.

V.G., rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine

del ricorso, dagli Avv.ti Monica Formenti e Paola Agostini, con

domicilio eletto presso lo studio legale di quest’ultimo difensore,

in Roma, via Simone de Saint Bon, n. 89;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 17/36/2012, depositata in data 30 gennaio 2012.

Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 10 gennaio 2017

dal Cons. Lucio Luciotti;

udito l’Avv. Giancarlo Caselli, per l’Avvocatura Generale dello

Stato;

udito l’Avv. Paola Agostini, per la controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale De Augustinis Umberto, che ha concluso chiedendo il rigetto

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A seguito di verifica fiscale effettuata nel febbraio 2008 nei confronti della ditta V. s.p.a. e sulla scorta delle risultanze di un processo verbale di constatazione in cui venivano effettuate dodici diverse riprese fiscali relative a componenti negativi di reddito ritenuti non inerenti o non di competenza, stante l’esito negativo della procedura di adesione di al D.Lgs. n. 218 del 1997, come risultante da verbale redatto in data 9 dicembre 2008, l’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento con cui recuperava a tassazione nei confronti della predetta società maggiori redditi ai fini IVA, IRAP ed IRES relativamente all’anno di imposta 2005.

2. La sentenza di annullamento dell’atto impositivo, pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Varese su ricorso della società contribuente, veniva impugnata dall’Agenzia delle entrate dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che con sentenza n. 17 del 30 gennaio 2012 rigettava l’appello.

2.1. La Commissione di appello riteneva che il contenuto del processo verbale del 9 dicembre 2008 giustificasse l’accoglimento delle ragioni del contribuente in ordine a sei delle numerose riprese a tassazione (quelle indicate come H1, H2, H3, H4, H8 e H12), che la società contribuente aveva correttamente dedotto le perdite su crediti nel rispetto dell’art. 101 TUIR, stante le comprovate scarsissime possibilità di recupero del credito vantato nei confronti della Biosphere Production s.r.l., e che, quanto alla contabilizzazione delle provvigioni passive, quelle relative ad affari conclusi nell’ultimo trimestre del 2004 erano maturati nel corso dell’anno 2005 e le provvigioni relative all’ultimo trimestre dell’anno 2005 erano state contabilizzate nell’anno 2006, con conseguente assenza di danno per l’Erario.

3. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione sulla base di tre motivi cui l’intimata replica con controricorso.

4. Il Collegio ha deliberato la redazione semplificata della motivazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni proposte della controricorrente, di inammissibilità del ricorso.

2. La prima, con cui viene eccepita la mancanza dei quesiti di cui all’art. 366 bis c.p.c., è palesemente infondata stante l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 366-bis cod. proc. civ., abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, che, per espressa previsione di cui all’art. 58, comma 5, della predetta legge, si applica ai ricorsi per cassazione avanzati con riferimento alle sentenze, come quella in esame, pubblicate successivamente al 4 luglio 2009, data in cui è entrata in vigore (cfr. sent. n. 12556 del 2016; n. 24597 del 2014; ord. n. 7119 del 2010).

3. Analoga sorte subisce la seconda eccezione, di inammissibilità del ricorso in quanto proposto in violazione dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1, posto che, così come si dirà esaminando il terzo motivo di ricorso, che è l’unico in relazione al quale può porsi questione di conformità ai principi giurisprudenziali di legittimità (in quanto con il primo mezzo di impugnazione viene dedotto un vizio motivazionale ed con il secondo un’omessa pronuncia), è la sentenza impugnata che non si è attenuta alla giurisprudenza di questa Corte.

4. Venendo al merito, il primo motivo di ricorso, con cui la ricorrente deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata per avere i giudici di appello fondato la decisione di annullamento di alcune riprese a tassazione (quelle indicate come H1, H2, H3, H4, H8 e H12) sulla base del contenuto di un processo verbale sottoscritto dalle parti in data 9 dicembre 2008, è fondato e va accolto.

4.1. Invero, in tale verbale, riprodotto per autosufficienza nel ricorso (mediante copia fotostatica allagata al medesimo), si dà atto soltanto del mancato raggiungimento dell’accordo sulla proposta dell’Ufficio finanziario di rinunciare ai predetti rilievi, non accettata dalla società contribuente in quanto non comprensiva anche delle riprese a tassazione delle perdite su crediti e delle provvigioni passive. E’, quindi, evidente che il semplice riferimento al contenuto di tale verbale sia del tutto inidoneo a giustificare la decisione adottata dalla Commissione di appello, alla stregua del fatto che la proposta non accettata non implicava, come sembrano ritenere i giudici, una rinuncia dell’ufficio finanziario a far valere le pretese fiscali contestate alla contribuente, tant’è vero che nell’atto di appello dell’Agenzia delle entrate (anche questo, per autosufficienza, riprodotto in parte qua nel ricorso), si legge che “il rigetto della proposta dell’ufficio e la palese riproposizione delle difese del fisco su tutti i rilievi dell’atto determina la perdita di validità della proposta effettuata in fase di adesione e fanno sorgere l’obbligo del giudice di pronunciarsi su tutti i recuperi fiscali”. La redazione del verbale dal quale risulta che le parti concordano nel concludere con esito negativo il procedimento di adesione si risolve in una mera presa d’atto del mancato raggiungimento dell’accordo tra il contribuente e l’ufficio tributario (Cass. n. 2857 del 2012) e, pertanto, così come a quel verbale non può attribuirsi in alcun modo il significato di una rinuncia dell’ufficio alla pretesa tributaria, dallo stesso non può trarsi alcun convincimento della fondatezza delle ragioni del contribuente senza una disamina degli elementi probatori addotti dall’amministrazione finanziaria, che nel caso in esame è mancato del tutto, non emergendo dal tenore della motivazione che, sotto tale profilo, è assolutamente carente.

5. Anche il secondo motivo di ricorso, con cui la difesa erariale deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere i giudici di appello omesso di pronunciare sulle riprese a tassazione indicate nell’avviso di accertamento ai punti H5, H9, H10 e H11, diverse da quelle oggetto della proposta transattiva dell’ufficio finanziario e da quelle altre esaminate dalla CTR, relative a perdite su crediti (rilievo H7) e a provvigioni passive (rilievo H6), è fondato e va accolto.

5.1. Nella motivazione della sentenza impugnata non è rinvenibile alcuna statuizione sui predetti quattro rilievi fiscali, nè può ritenersi, come erroneamente sostiene la società controricorrente, che nel caso di specie le questioni poste dall’Agenzia delle entrate appellante con riferimento a tali riprese a tassazione sarebbero implicitamente assorbite dalle altre statuizioni della sentenza di merito, che riguardavano altri e diversi rilievi fiscali.

5.2. La mancanza di una decisione da parte del giudice di merito in ordine alle domande ritualmente e incondizionatamente proposte dalla Agenzia delle entrate in sede di appello (come risulta dall’atto di appello per autosufficienza riprodotto in parte qua nel ricorso), che richiedevano una pronuncia di accoglimento o di rigetto, configura il vizio denunciato nel motivo in esame, che pertanto va accolto.

6. Fondato è anche il terzo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate con riferimento alla violazione dell’art. 109 TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), per avere i giudici di appello consentito l’imputazione dei componenti negativi di reddito in un esercizio differente da quello di competenza sul mero presupposto dell’assenza di danno per l’erario dello Stato, neutralizzato dal fatto che la società contribuente aveva tenuto il medesimo comportamento contabile anche nell’anno successivo.

6.1. Pare opportuno preliminarmente precisare che nel caso di specie non è applicabile il principio affermato da questa Corte nella sentenza n. 23361 del 2006, citata dalla controricorrente, perchè l’affermazione della CTR secondo cui le fatture dell’agente Policom s.r.l. riguardano “affari conclusi nel 2004” e che le stesse fatture risultano essere state emesse nell’anno 2004 (ultimo trimestre), in assenza di una qualche contraria deduzione della contribuente, esclude in radice l’inesistenza o l’indeterminabilità dell’ammontare delle provvigioni dovute, che, secondo il citato principio giurisprudenziale, comporterebbe l’imputazione del loro costo nell’esercizio in cui dette condizioni si verificano. Ciò posto, osserva il Collegio che i giudici di appello non si sono attenuti al diverso principio giurisprudenziale in base al quale le regole sull’imputazione temporale dei componenti negativi dei redditi di impresa, dettate in via generale dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75 (attuale art. 109) sono inderogabili, non essendo consentito al contribuente scegliere di effettuare la detrazione di un costo in un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza (in tal senso, Cass. n. 16349 del 2014; n. 26665 del 2009), con innegabili riflessi sulla determinazione del reddito imponibile (Cass. n. 16198 del 2001) ed alterazione del risultato della dichiarazione (Cass. n. 6331 del 2008), non ponendo la norma alcuna condizione di applicabilità in ragione della sussistenza o meno di danno all’erario (Cass. 1648 del 2013).

7. Conclusivamente, quindi, i motivi vanno accolti con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione.

PQM

accoglie i motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2017

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