Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9657 del 22/04/2010

Cassazione civile sez. III, 22/04/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 22/04/2010), n.9657

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 2253/2009 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO BOCCEA

34, presso lo studio dell’avvocato PERA MARIA TERESA, rappresentata e

difesa dall’avvocato BRUNETTI ALFONSO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE SPA in persona del Presidente del Consiglio di

amministrazione e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio

dell’avvocato BRIGUGLIO ANTONIO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GUERRA PIETRO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 361/2008 del TRIBUNALE di ROSSANO, depositata

il 17/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SCARANO Luigi Alessandro;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. SCARDACCIONE Eduardo

Vittorio.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 17/4/2008 il Tribunale di Rossano, in accoglimento del gravame interposto dalla società ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a. ed in riforma della sentenza del Giudice di pace di Rossano di n. 1188/05, rigettava la domanda spiegata dalla sig. B.S. di condanna della medesima al pagamento di indennizzo e di risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’illegittima interruzione della fornitura di energia elettrica (cd. black out) avvenuta nella notte tra il (OMISSIS).

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la B. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.

Con il 1^ MOTIVO denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c., art. 1342 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2^ MOTIVO denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, artt. 33 e 35 (come sostituiti dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, il primo altresì come risulta all’esito della sentenza Corte Cost. n. 204 del 2004), art. 37 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3^ MOTIVO denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1218, 1226 e 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Resiste con controricorso la società ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a..

Il ricorso appare in parte inammissibile e in parte infondato.

Avuto anzitutto riguardo all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366- bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, va osservato come l’art. 366-bis c.p.c. disponga che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Al riguardo le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che in caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi affinchè non risulti elusa la ratio dell’art. 366-bis c.p.c. deve ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanti sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati, con la conseguenza che, ove il quesito o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente le censure proposte, debbono qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati, dovendo la decisione della Corte di cassazione essere limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l’illustrazione (v. Cass., Sez. Un., 9/3/2009, n. 5624).

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia -tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108)-, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), i quesiti relativi a tutti i motivi risultano nel caso formulati in termini tali da risultare invero non riferibili alla fattispecie e comunque assolutamente generici, sforniti pertanto di collegamento tale da consentire, in base alla sola lettura dei medesimi (v. Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

I motivi in questione si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.

Quanto al 2 motivo va in ogni caso osservato che la dedotta questione di giurisdizione risulta invero coperta da giudicato implicito, in quanto sollevata per la prima volta in sede di legittimità dall’odierno ricorrente (ed originario attore), non essendo stata la pronunzia nel merito emessa dal giudice di prime cure, anche implicitamente affermativa della propria giurisdizione, sotto tale profilo contestata dalle parti, e dalla B. in particolare, il quale ha pertanto a tale stregua posto in essere un comportamento quantomeno incompatibile con la volontà di tempestivamente eccepire il difetto di giurisdizione (cfr. Cass., Sez. Un., 9/10/2008, n. 24883; Cass., Sez. Un., 20/11/2008, n. 27531).

In ordine al 3 motivo va per altro verso comunque sottolineato che, avendo ritenuto nel caso non provato l’an del lamentato danno, correttamente il giudice di appello ha escluso potersi fare luogo alla relativa liquidazione in via equitativa ex art. 1226 c.c., atteso che quest’ultima la sussistenza del danno invero logicamente presuppone (v. Cass., 9/8/2007, n. 17492, e, da ultimo, Cass., 18/9/2009, n. 20227)”;

atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che le parti non hanno presentato memoria nè vi è stata richiesta di audizione in camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto rigettato;

considerato che le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 400,00, di cui Euro 200,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2010

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