Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9656 del 13/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 13/04/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 13/04/2021), n.9656

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25046/2016 proposto da:

GRUPPO ALFANO S.P.A., ALFANO COSTRUZIONI S.R.L., in persona dei

legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in

ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio TRIFIRO’ E PARTNERS

AVVOCATI IN ROMA, rappresentate e difese dagli Avvocati SALVATORE

TRIFIRO’ e STEFANO TRIFIRO’;

– ricorrenti –

contro

C.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati PAOLO PERUCCO, FERDINANDO FELICE PERONE,

ANDREA BORDONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 947/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 28/04/2016 R.G.N. R.G.N. 1864/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2020 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

il rigetto;

udito l’Avvocato GUIDO CHIODETTI, per delega verbale Avvocato

SALVATORE TRIFIRO’;

udito l’Avvocato MARA PARPAGLIONE, per delega Avvocato PAOLO PERUCCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 28 aprile 2016, la Corte d’appello di Milano condannava Gruppo Alfano s.p.a., in solido con Alfano Costruzioni s.r.l., al risarcimento del danno pari all’indennità prevista dalla L. n. 300 del 1970, art. 18, commisurata alle retribuzioni globali di fatto (Euro 5.359,75 mensili), in favore di C.M., dal licenziamento intimatogli dalla prima società per giustificato motivo oggettivo il 19 aprile 2011 alla data dell’opzione esercitata: in accoglimento parziale dell’appello incidentale del lavoratore e rigetto del principale delle due società avverso la sentenza di primo grado, così parzialmente riformata, che aveva ritenuto che esse costituissero un unico centro di imputazione, l’inesistenza di un giustificato motivo di licenziamento e condannato solo Gruppo Alfano s.p.a. alla reintegrazione del lavoratore, oltre che al risarcimento del danno in suo favore nella misura suindicata, rigettandone invece le domande di condanna al pagamento delle differenze retributive dal 1997 (epoca di instaurazione del rapporto tra le parti come collaborazione coordinata e continuativa, formalizzato con l’assunzione da Alfano Costruzioni s.r.l. il 1 febbraio 2009, ritenuto in realtà di subordinazione).

In esito ad argomentato scrutinio delle risultanze istruttorie, pure integrate nella prova orale, la Corte territoriale ribadiva la natura subordinata del rapporto di lavoro fin dall’inizio intrattenuto da C. formalmente con la sola Alfano Costruzioni s.r.l. e l’inesistenza del giustificato motivo oggettivo di licenziamento per violazione dell’obbligo di repechage all’interno del gruppo di società, di cui, sia pure con diversa argomentazione, sotto il profilo in particolare (al di là della confermata esistenza di unicità del centro di imputazione) della contitolarità datoriale: comportante la condanna in via solidale, in accoglimento sul punto dell’appello incidentale del lavoratore, anche di Alfano Costruzioni s.r.l. (pur essa dotata di organico superiore ai quindici dipendenti) alla sua reintegrazione o, in alternativa, al pagamento dell’indennità sostitutiva, avendo il predetto esercitato l’opzione prevista dalla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4.

La Corte d’appello escludeva invece la spettanza a C. del superminimo, di cui egli aveva lamentato l’illegittima soppressione dal gennaio 2011 dal Gruppo Alfano s.p.a., in difetto di prova di tale elemento contrattuale.

Con atto notificato il 25 ottobre 2016, le due società ricorrevano per cassazione con quattro motivi, cui il lavoratore resisteva con controricorso; entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, le società deducono omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quale l’autonoma stipulazione di singoli contratti di locazione da ciascuna società appartenente al gruppo per la parte di immobile occupato, ai fini del collegamento tra le stesse, alla luce dei contratti trascritti e tenuto conto della deposizione della teste Ca.La..

2. Esso è inammissibile.

3. In via di premessa, occorre rilevare che la Corte territoriale ha compiuto l’esame di cui è stata denunciata l’omissione, per l’espressa menzione della circostanza, peraltro neppure in sè sola decisiva ma eventualmente concorrente con altri indici presuntivi, nell’illustrazione dei motivi d’appello delle due società (al p.to sub 1 del primo capoverso di pg. 4 della sentenza), pure oggetto di implicita valutazione in quella complessiva, illustrata con argomentazione congrua (per le ragioni esposte dal secondo capoverso di pg. 8 al terzo di pg. 9 della sentenza).

3.1. E’ poi noto che spetti alla competenza esclusiva del giudice di merito l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la loro valutazione, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta tra le varie risultanze probatorie di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione: tali operazioni involgono, infatti, apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. 21 luglio 2010, n. 17097; Cass. 2 agosto 2016, n. 16056; Cass. 31 luglio 2017, n. 19011).

3.2. Sicchè, la censura si risolve in una sostanziale contestazione della valutazione probatoria, con sollecitazione al riesame del merito, indeferibile in sede di legittimità.

4. Con il secondo, esse deducono omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quale l’obbligo di repechage, in effetti assolto con l’offerta al lavoratore dell’assunzione dalla partecipata Area Edile s.r.l., neppure riscontrata dal predetto.

5. Anch’esso è inammissibile.

6. Nell’ipotesi di “doppia conforme”, sussistente nel caso di specie, prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, applicabile ratione temporis, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo dedotto ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass. 6 agosto 2019, n. 20994); ma ciò il ricorrente non ha fatto.

6.1. In ogni caso, l’esame denunciato come omesso è stato pure compiuto, avendo la Corte territoriale esplicitamente illustrato la circostanza (al primo periodo di pg. 10 della sentenza), che peraltro ha negativamente valutato (ai primi due capoversi di pg. 10 della sentenza).

7. Con il terzo, le società deducono falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 3, come modificato dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, per un non consentito controllo giudiziale sul merito delle scelte organizzative imprenditoriali, in ordine alla ritenuta inesistenza di un giustificato motivo oggettivo del licenziamento del lavoratore, effettivamente sussistenti in base alla deposizione del teste Ci.Da..

8. Esso è inammissibile.

9. Non è configurabile il vizio di violazione di legge denunciato, integrato dalla deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, implicante un problema interpretativo; trattandosi invece, nel caso di specie, dell’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340), ovviamente nei limiti del novellato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, qui non ricorrente.

9.1. Nel caso di specie, è evidente il riferimento ad una ricognizione della fattispecie concreta tramite le risultanze esterne di causa, che peraltro la Corte territoriale ha globalmente valutato (ai primi due capoversi di pg. 10 della sentenza), nè smentite dalla deposizione del teste (pure ivi valutata), inammissibilmente contestate.

10. Con il quarto, esse deducono omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quale la natura subordinata del rapporto di lavoro, per erronea attribuzione di rilevanza agli elementi sussidiari dell’orario di lavoro, della definizione delle ferie e della richiesta di permessi, non considerando la natura intellettuale della prestazione lavorativa, con diverso regime probatorio.

11. Pure esso è inammissibile.

12. Anche qui ricorre l’ipotesi di “doppia conforme”, senza che le ricorrenti, per evitare l’inammissibilità del motivo dedotto ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, abbiano indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrandone la diversità tra loro (Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass. 6 agosto 2019, n. 20994).

12.1. In ogni caso, neppure si tratta della deduzione di un fatto storico, ma di una contestazione tout court, pure generica, della valutazione probatoria giudiziale, adeguatamente argomentata (per le ragioni dal primo periodo al terzo capoverso di pg. 6 della sentenza).

13. Dalle superiori argomentazioni discende allora il rigetto del ricorso, con la statuizione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza, con distrazione ai difensori antistatari secondo la loro richiesta e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

P.Q.M.

La Corte

dichiara inammissibile il ricorso e condanna le società alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali nella misura del 15 per cento e accessori di legge, con distrazione ai difensori antistatari.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2021

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