Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9655 del 13/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/04/2017, (ud. 09/03/2017, dep.13/04/2017),  n. 9655

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 11542 del ruolo generale dell’anno

2016, proposto da:

EQUITALIA SUD S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del rappresentante

per procura speciale, S.M. rappresentata e difesa, giusta

procura allegata al ricorso, dall’avvocato Donatella Carletti (C.F.:

(OMISSIS));

– ricorrente –

nei confronti di:

B.A. (C.F.: (OMISSIS)), BO.Gi. (C.F.:

(OMISSIS)), BO.Co. (C.F.: non indicato), eredi di

BO.Br. rappresentati e difesi, giusta procura in calce al

controricorso, dall’avvocato Meucci Marina (C.F.: (OMISSIS));

e

ROMA CAPITALE (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Commisssario pro

tempore, T.F.P. rappresentato e difeso, giusta

procura a margine del controricorso, dall’avvocato Graglia Federica

(C.F.: (OMISSIS));

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 23327/2015,

pubblicata in data 18 novembre 2015;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 9 marzo 2017 dal consigliere TATANGELO Augusto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Bo.Br. ha proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., avverso una cartella di pagamento notificatagli dall’agente della riscossione Equitalia Sud S.p.A. per crediti di cui era titolare Roma Capitale.

L’opposizione è stata accolta dal Giudice di Pace di Roma, che ha condannato gli opposti (agente della riscossione ed ente creditore), in solido, al pagamento delle spese di lite.

Il Tribunale di Roma ha confermato la decisione di primo grado. Ricorre Equitalia Sud S.p.A., sulla base di un unico motivo.

Resistono con distinti controricorsi gli eredi di Bo.Br. ( B.A., nonchè Gi. e Bo.Co.) e Roma Capitale.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 – bis c.p.c., in quanto ritenuto destinato ad essere rigettato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione dell’art. 91, 1° comma, c.p.c. nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 11 12, 24, 25 e 59, in relazione al comma 1, n. 3, dell’art. 360 c.p.c.”.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il Tribunale ha confermato la sentenza del giudice di primo grado che – nell’accogliere l’opposizione all’esecuzione proposta ai sensi dell’art. 615 c.p.c. (la qualificazione dell’azione proposta non è in discussione) in relazione ad una cartella di pagamento notificata dall’agente della riscossione per crediti derivanti da sanzioni amministrative conseguenti ad infrazioni al codice della strada di titolarità di Roma Capitale per la mancata prova della notifica del verbale di accertamento delle infrazioni – ha condannato in solido al pagamento delle spese di lite sia l’ente creditore che lo stesso agente della riscossione.

A sostegno della decisione sul gravame ha osservato che “l’attività del concessionario non consiste solo nella adozione di atti diretti alla riscossione ma anche nella collaborazione alla corretta esplicazione della attività da parte della amministrazione che è esternalizzata attraverso la concessione, rientrando nella responsabilità D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 59, il dovere di verificare accuratamente il titolo trasmesso, ivi compresa la rituale notifica”. Ha poi richiamato l’orientamento interpretativo per cui “in caso di opposizione alla cartella per omessa notifica del verbale è legittimata passiva anche Equitalia per gli innegabili riflessi che un eventuale accoglimento dell’opposizione potrebbe comportare nei rapporti con l’ente”.

Nella sostanza, dunque, il tribunale ha fondato la propria decisione sulla base dell’affermazione della legittimazione passiva dell’agente della riscossione nell’opposizione all’esecuzione (il che implica necessariamente la sua soccombenza, in caso di accoglimento dell’opposizione stessa, con conseguente applicabilità dell’art. 91 c.p.c.), mentre i rilievi in ordine alla possibilità dell’interlocuzione di questi con l’ente creditore al fine di una preventiva verifica della regolarità del titolo esecutivo devono ritenersi operati ad abundantiam, solo per giustificare il mancato esercizio del potere discrezionale di compensazione delle spese di lite, ai sensi dell’art. 92 c.p.c..

La decisione risulta, nei predetti termini, del tutto corretta in diritto, ed è conforme alla giurisprudenza della Corte, che il ricorso non offre motivi per rivedere (si vedano in proposito, di recente ed in casi analoghi: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14125 del 11/07/2016, non massimata; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 1070 del 18/01/2017, Rv. 642562 – 01; cfr. anche: Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3105 del 06/02/2017, Rv. 642749 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3154 del 6 febbraio 2017, non massimata).

L’agente della riscossione è titolare esclusivo dell’azione esecutiva per la riscossione dei crediti esattoriali (come è noto, in proposito la legge prevede una eccezionale scissione tra titolarità del credito e titolarità dell’azione esecutiva), e pertanto è da ritenersi necessariamente legittimato passivo in tutte le opposizioni esecutive avanzate del debitore. E’ anzi l’unico legittimato passivo necessario, quale soggetto titolare dell’azione esecutiva, e ad esso incombe l’onere di chiamare eventualmente in giudizio l’ente creditore, laddove siano in discussione questioni attinenti al credito o comunque che non riguardino esclusivamente la regolarità degli atti esecutivi, ai sensi del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 39, (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 16412 del 25/07/2007, Rv. 598269; Sez. 5, Sentenza n. 22939 del 30/10/2007, Rv. 601121; Sez. 5, Sentenza n. 476 del 11/01/2008, Rv. 601637; Sez. 5, Sentenza n. 369 del 12/01/2009, Rv. 606177; Sez. 5, Sentenza n. 15310 del 30/06/2009, Rv. 608590; Sez. 5, Sentenza n. 2803 del 09/02/2010, Rv. 611404; Sez. 5, Sentenza n. 13082 del 15/06/2011, Rv. 617735; Sez. 5, Sentenza n. 14032 del 27/06/2011, Rv. 617650; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1532 del 02/02/2012, Rv. 621546; Sez. 5, Sentenza n. 16990 del 05/10/2012, Rv. 623836; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 21220 del 28/11/2012, Rv. 624480; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10646 del 07/05/2013, Rv. 626290; Sez. 5, Sentenza n. 9762 del 07/05/2014, Rv. 630633; Sez. 5, Sentenza n. 10477 del 14/05/2014, Rv. 630892; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 97 del 08/01/2015, Rv. 634119; cfr. inoltre: Sez. 5, Sentenza n. 13331 del 29/05/2013; Sez. 5, Sentenza n. 12746 del 6/06/2014, Sez. 2, Sentenza n. 14125 del 11/07/2016, non massimate).

Ne consegue che, in caso di accoglimento dell’opposizione, l’agente assume inevitabilmente posizione di parte soccombente, e come tale deve essere destinatario della condanna al pagamento delle spese di lite in favore dell’opponente, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., salvo che il giudice ritenga la sussistenza dei presupposti che, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. (secondo il regime temporalmente vigente previsto dalla disposizione), gli consentano l’esercizio del potere discrezionale di compensarle, in tutto o in parte (e fatti salvi, naturalmente, i rapporti interni con l’ente creditore, con riguardo al rapporto cui dà luogo l’incarico della riscossione).

Ma il mancato esercizio del potere discrezionale di compensazione, in caso di integrale soccombenza dell’opposto agente della riscossione, risolvendosi nell’applicazione del criterio legale di cui all’art. 91 c.p.c., non richiede alcuna specifica motivazione e dunque non è censurabile in sede di legittimità (così come non è censurabile in sede di legittimità il suo positivo esercizio, laddove sostenuto da adeguata motivazione).

Nel caso di specie il tribunale, pur avendo correttamente applicato il principio di soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., nel liquidare le spese dell’opposizione che aveva trovato integrale accoglimento (il che, come appena visto, non avrebbe richiesto alcuna specifica motivazione), ha comunque motivato (ad abundantiam) sulle ragioni del mancato esercizio del potere discrezionale di compensazione per giusti motivi.

E, per quanto sopra chiarito, i motivi posti a fondamento della scelta di non esercitare il suddetto potere di compensazione non possono essere oggetto di sindacato nella presente sede.

La decisione si sottrae pertanto alle censure avanzate dalla ricorrente.

2. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione nei rapporti tra l’agente della riscossione ricorrente e gli eredi dell’originario opponente si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Nei rapporti tra i medesimo agente della riscossione ricorrente e l’ente creditore Roma Capitale la Corte ritiene invece sussistere i motivi richiesti dall’art. 92 c.p.c.(nella formulazione applicabile nella specie, ratione temporis) per disporre l’integrale compensazione, in considerazione del concreto andamento dei fatti che hanno dato luogo al giudizio e dei motivi della decisione di merito (mancata prova della avvenuta notifica del verbale di accertamento delle infrazioni da parte dell’ente creditore).

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna la società ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti (eredi di Bo.Br.), liquidandole in complessivi Euro 500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge;

dichiara integralmente compensate le spese del presente giudizio nei rapporti tra la ricorrente e la controricorrente Roma Capitale.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017

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