Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9653 del 22/04/2010

Cassazione civile sez. III, 22/04/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 22/04/2010), n.9653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – President – –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consiglie – –

Dott. MASSERA Maurizio – Consiglie – –

Dott. SEGRETO Antonio – Consiglie – –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 8273-2009 proposto da:

A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO

PETRETTI, rappresentata e difesa dagli avvocati SAVOIA EMANUELE,

CAMPANALE LUIGI, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

CALLIOPE SRL e per essa, nella sua qualita’ di mandataria, la Pirelli

RE Credit Servicing SpA, in persona del suo procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA BARBERINI 12, presso lo

studio dell’avvocato PATRONI GRIFFI LEONARDO, che la rappresenta e

difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.D., ITALFONDIARIO SPA, IFIM SPA;

– intimati –

avverso il provvedimento R.G. 112/08 del TRIBUNALE di BARI,

depositata il 20/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito per la controricorrente l’Avvocato Leonardo Patroni Griffi che

si riporta agli scritti. E’ presente il P.G. in persona del Dott.

EDUARDO VITTORIO SCARDACCIONE che si riporta alla relazione scritta.

 

Fatto

RITENUTO

quanto segue:

p.1. A.C. ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, avverso l’ordinanza del 20 gennaio 2009, con la quale il Tribunale di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, investito dalla I.FI.M. s.p.a. quale creditrice esecutante nei confronti di M.D. relativamente ad un immobile in comproprieta’ con essa ricorrente, di un’istanza ai sensi dell’art. 600 c.p.c., per procedersi alla divisione del bene, ha disposto – dopo che nella procedura erano intervenute la Calliope s.r.l. e la s.p.a. Italfondiario, farsi luogo alla vendita con le modalita’ di cui all’art. 788 c.p.c., delegando all’uopo un notaio e disponendo che procedesse con le modalita’ previste per le esecuzioni immobiliari, predisponendo anche il progetto di divisione ai sensi dell’art. 789 c.p.c..

Al ricorso ha resistito con controricorso la Calliope.

p.2. Il ricorso e’ soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioe’ dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. (art. 27, comma 2, tale D.Lgs.).

Essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380-bis c.p.c., e’ stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che e’ stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

Ha anche depositato copia del processo verbale dell’udienza del 21 gennaio 2010, gia’ fissata in prosecuzione nel provvedimento impugnato, con cui il Tribunale ha disposto la sospensione delle vendita per l’esistenza del contrasto delle parti e la necessita’ di una “pronuncia decisoria” (sic) ed ha fissato l’udienza di precisazione delle conclusioni.

Diritto

CONSIDERATO

quanto segue:

p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. si sono svolte le seguenti considerazioni:

“(….) 3. – Il ricorso appare inammissibile, siccome eccepito dalla parte resistente ed in base a quanto la Corte dovrebbe comunque rilevare d’ufficio.

L’inammissibilita’ discende dalla circostanza che il rimedio straordinario di cui all’art. 111 Cost., comma 7, e’ nella specie inesperibile, in quanto l’ordinamento prevede riguardo al provvedimento dispositivo della vendita qui impugnato un apposito rimedio giurisdizionale, costituito dall’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c..

Cio’, e’ stato gia’ statuito dalla Corte.

Si veda Cass. (ord.) n. 2624 del 2003, secondo cui In tema di esecuzione forzata ed in ipotesi di espropriazione di beni indivisi, l’ordinanza adottata ai sensi dell’art. 600 cod. proc. civ., con la quale il giudice dell’esecuzione dispone la vendita della quota indivisa spettante al debitore esecutato – avendo natura di provvedimento esecutivo volto ad assicurare un ordinato svolgimento della procedura in vista del soddisfacimento coattivo dei diritti del creditore procedente – e’ revocabile dallo stesso giudice che l’ha adottata ed e’ impugnabile con opposizione agli atti esecutivi, ma non e’ ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost.. In senso analogo in precedenza, Cass. n. 682 del 2000. In precedenza anche Cass. n. 7169 del 1997 e Cass. n. 6549 del 1985.

p.2. Il Collegio, letta la relazione, ritiene che debbano confermarsi le sue conclusioni, ma che le argomentazioni che le giustificano debbano essere integrate nei termini che seguono.

Il provvedimento impugnato da parte ricorrente e’ cosi’ strutturato.

Con una prima ordinanza, almeno cosi’ e’ redatta in senso formale, il Tribunale (qualificandosi come giudice) ha disposto procedersi alla vendita, con le modalita’ di cui all’allegato provvedimento. Tale ordinanza e’ stata depositata il 20 gennaio 2009. Immediatamente di seguito, appunto in allegato ad essa, il Tribunale (sempre allo stesso modo qualificandosi) ha disposto: procedersi alle operazioni di vendita ai sensi dell’art. 788 c.p.c. delegando a tal fine il notaio (….: se ne omettono le generalita’ in questa sede) il quale procedera’ con le modalita’ previste per le esecuzioni immobiliari, predisponendo altresi’ il progetto di divisione ex art. 789 c.p.c.;

rinvia all’udienza del 21.1.2010, termine entro il quale il notaio provvedere ad ultimare le operazioni delegate. Dispone il versamento dell’acconto di Euro 1.500,00 a cura dell’attore.”.

Ora le due ordinanze, nella sostanza, riducibili ad un unico provvedimento, sono state adottate nell’ambito di un giudizio a cognizione piena, introdotto dalla I.F.I.M. ai sensi dell’art. 600 c.p.c., comma 2 contro il M. e la Costantino dopo che il Giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 9 ottobre 2007 aveva disposto procedersi alla divisione ai sensi del detto secondo comma dell’art. 600 c.p.c. e sospeso la procedura esecutiva ai sensi dell’art. 601 c.p.c. e nel contempo rimesso le parti davanti a se’ per l’istruzione del giudizio di divisione, fissando all’uopo l’udienza del 27 marzo 2008 e disponendo che gli atti fossero integrati ai fini delle regole della cognizione ordinaria. Il giudizio di divisione e’ stato appunto introdotto con citazione notificata per la detta udienza.

Stante la sede in cui le due ordinanze vennero adottate, si tratta di provvedimenti che, in quanto emessi nell’ambito di un giudizio a cognizione piena senza definirlo, come fa manifesto la fissazione dell’udienza del 21 gennaio 2010, sono da considerare ordinatori e non suscettibili di determinare alcun pregiudizio della decisione da adottarsi nel merito con la sentenza definitiva del giudizio. Come tali, essendo privi di definitivita’, non possono esser assoggettati al rimedio del ricorso straordinario, perche’ non hanno avuto consistenza di sentenza in senso sostanziale.

Ne’, ad integrare i presupposti del ricorso straordinario sotto tale profilo potrebbe darsi rilievo all’essere stati emessi i detti provvedimenti dal Tribunale in composizione monocratica, atteso che il giudizio di divisione e’ ormai monocratico, non essendo prevista la collegialita’ per esso dall’art. 50-bis c.p.c. (il che rende privi di pertinenza i precedenti citati nella memoria, di cui a Cass. n. 525 del 1988 e n. 1572 del 2000, relativi a provvedimento dispositivo della vendita disposto in via definitiva dall’istruttore e non dal collegio nell’ambito di’ ordinari giudizi divisionali).

Ove poi, i detti provvedimenti dovessero considerarsi emessi dal Tribunale nell’esercizio non gia’ dei suoi poteri di giudice della cognizione del giudizio di divisione, ma nella veste di giudice dell’esecuzione – come peraltro non pare, atteso che il rinvio all’udienza del 21 gennaio 2010 sembra riferibile alla veste di giudice della cognizione – si dovrebbe osservare che il rimedio esperibile sarebbe sempre quello dell’art. 617 c.p.c., come adombrato nella relazione.

Va, dunque, confermata la valutazione di inammissibilita’ del ricorso, sulla quale non incide il fatto che, come fatto constare attraverso la produzione del verbale dell’udienza del 21 gennaio 201.0, il Tribunale, ravvisata l’esistenza del contrasto fra le parti, abbia disposto la “sospensione” della vendita e la rimessione della causa di divisione all’udienza di precisazione delle conclusioni per la decisione con sentenza sulla controversia. Cio’ anzi dimostra come i provvedimenti impugnati fossero meramente ordinatori e come la loro eventuale illegittimita’ in relazione alla sospensione ex lege dell’esecuzione, di cui all’art. 601 c.p.c., comma 1, in pendenza di divisione (peraltro gia’ disposta anche dal Tribunale) si dovesse far constare in funzione della decisione del giudizio di divisione.

p.3. Il ricorso e’, pertanto, dichiarato inammissibile.

Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di cassazione, atteso che la proposizione del ricorso appare scusabile in ragione della complessita’ della vicenda per come emergente dalle due ordinanze di cui si e’ detto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa per giusti motivi le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2010

 

 

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