Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9651 del 13/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/04/2017, (ud. 09/03/2017, dep.13/04/2017),  n. 9651

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 5248 del ruolo generale dell’anno

2016, proposto da:

T.P., (C.F.: (OMISSIS)) T.A. (C.F.: (OMISSIS)),

rappresentati e difesi, giusta procura allegata al ricorso, dagli

avvocati Mauro Pizzigati (C.F.: PZZ MRA 46T18 E625Y) e Luigi Manzi

(C.F.: MNZ LGU 34E15 H501Y);

– ricorrenti –

nei confronti di:

BANCA POPOLARE FRIULADRIA S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

Vice Direttore Generale, legale rappresentante pro tempore,

G.G. rappresentato e difeso, giusta procura a margine del

controricorso, dagli avvocati Benedetto Gargani (C.F.: GRG BDT 57T21

Z614E) e Roberto Casucci (C.F.: CSC RRT 55B14 L407H);

– controricorrente –

nonchè

A.B. (C.F.: non indicato);

– intimata –

per la cassazione dell’ordinanza della Corte di Appello di Venezia

del 15 dicembre 2015 (proc. n. 1838/2015 R.G.) e della sentenza del

Tribunale di Venezia n. 1949/2015, pubblicata in data 8 giugno 2015;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 9 marzo 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Banca Popolare Friuladria S.p.A. ha agito in giudizio nei confronti dei suoi debitori P. e T.A. nonchè di A.B., per ottenere la dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto con il quale i primi avevano alienato alla seconda la nuda proprietà (contestualmente attribuendone l’usufrutto a T.M., frattanto deceduta) di un immobile sito in (OMISSIS). La A. ha proposto in via riconvenzionale subordinata domanda di manleva nei confronti dei T..

Il Tribunale di Venezia ha accolto la domanda principale della banca e ha rigettato invece la domanda riconvenzionale della A..

FATTO E DIRITTO

La Corte di Appello di Venezia ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., sia l’appello dei T. che quello della A..

Ricorrono P. e T.A., sulla base di due motivi. Resiste con controricorso la Banca Popolare Friuladria S.p.A..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altra intimata.

I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto ritenuto destinato ad essere rigettato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile nella parte in cui è diretto ad impugnare l’ordinanza della Corte di Appello di Venezia.

Ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 3, in caso di dichiarazione di inammissibilità del gravame per l’insussistenza di ragionevoli probabilità di accoglimento, ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., comma 1, è impugnabile con il ricorso per cassazione esclusivamente la sentenza di primo grado, e nella specie non ricorre alcuno dei casi eccezionali in cui, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è invece possibile l’impugnazione diretta dell’ordinanza di inammissibilità pronunziata dalla corte di appello (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n 1914 del 02/02/2016, Rv. 638368 – 01: “l’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348-ter c.p.c. è ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale, quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui all’art. 348-bis c.p.c., comma 2, e art. 348-ter c.p.c., commi 1, primo periodo e 2, primo periodo, purchè compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso”).

Il ricorso è da ritenersi peraltro ammissibile, nella sola parte in cui è diretto ad impugnare la sentenza di primo grado.

2. Con il primo motivo si denunzia “violazione ed erronea/falsa applicazione dell’art. 348 bis c.p.c., anche in relazione dell’art. 112 c.p.c., comma 1”.

Il motivo è inammissibile, per i motivi esposti nel paragrafo precedente, in quanto le censure in esso contenute risultano riguardare esclusivamente l’ordinanza della corte di appello che ha dichiarato inammissibile il gravame ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c..

3. Con il secondo motivo si denunzia “violazione ed erronea/falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2901 c.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5”.

Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

E’, come il primo, inammissibile – per i motivi già esposti – nella parte in cui con esso sono svolte critiche nei confronti dell’ordinanza della corte di appello che ha dichiarato inammissibile il gravame ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c..

E’ infondato per la restante parte, diretta a contestare le valutazioni del giudice di primo grado in ordine alla sussistenza dei presupposti per la revoca dell’atto impugnato (cd. eventus damni, e consilium fraudis).

Ed infatti il tribunale: a) per quanto attiene al cd. eventus damni, ha deciso la controversia applicando correttamente i principi di diritto affermati da questa Corte in materia di onere della relativa prova (secondo i quali “in tema di revocatoria ordinaria, non essendo richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza del patrimonio del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, l’onere di provare l’insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe sul convenuto che eccepisca, per questo motivo, la mancanza dell'”eventus damni””: Cass., Sez. 03/02/2015, Rv. 634175 – 01; Sez. 18/10/2011, Rv. 619513 – 01; Sez. 18/11/2010, Rv. 614675 – 01; Sez 29/03/2007, Rv. 596081 – 01; Sez. 14/10/2005, Rv. 584470 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 1902 del 3, Sentenza n. 21492 del 3, Sentenza n. 23263 del 3, Sentenza n. 7767 del 3, Sentenza n. 19963 del 1, Sentenza n. 15257 del 06/08/2004, Rv. 577085 – 01), e ritenendo in fatto che la prova dell’inesistenza del pregiudizio alle ragioni creditorie non fosse stata fornita dai debitori; b) per quanto attiene al cd. consilium fraudis, ha invece ritenuto fornita dalla banca attrice la prova che l’acquirente fosse a conoscenza del pregiudizio arrecato dall’atto alle ragioni dei creditori (cd. dolo generico), sulla base del valore, nonchè del prezzo e delle condizioni di vendita dell’immobile.

La sentenza impugnata fonda gli accertamenti di fatto indicati sulla base dell’esame di tutti i fatti storici rilevanti dedotti in giudizio, contiene una corretta valutazione del materiale istruttorio ed è adeguatamente motivata, onde essa non è censurabile nella presente sede.

Nella sostanza i ricorrenti chiedono di rivedere gli accertamenti di fatto operati in sede di merito sulla base di una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio, il che non è consentito in sede di legittimità.

4. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso nella parte in cui risulta diretto ad impugnare l’ordinanza della Corte di Appello di Venezia emessa in data 15 dicembre 2015 (proc. n. 1838/2015 R.G.);

rigetta il ricorso nella parte in cui risulta diretto ad impugnare la sentenza del Tribunale di Venezia n. 1949/2015, pubblicata in data 8 giugno 2015;

condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017

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