Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9650 del 13/04/2017

Cassazione civile, sez. VI, 13/04/2017, (ud. 09/03/2017, dep.13/04/2017),  n. 9650

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 1972 del ruolo generale dell’anno

2016, proposto da:

P.S., (C.F.: (OMISSIS)) e M.A. (C.F.:

(OMISSIS)), in qualità di genitori esercenti la potestà sul minore

P.P. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentati e difesi, giusta

procura a margine del ricorso, dall’avvocato Mariano Menna (C.F.:

MNN MRN 61E14 E955G);

– ricorrenti –

nei confronti di:

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

rappresentante per procura speciale, G.G.

rappresentato e difeso, giusta procura a margine del controricorso,

dagli avvocati Enrico Caroli (C.F.: CRL NRC 46D04 H501W) e Gabriele

Spizuoco (C.F.: SPZ GRL 39C21 H199F);

– controricorrente –

nonchè

PA.Pa., (C.F.: non indicato);

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bologna n.

1298/2015, pubblicata in data 17 luglio 2015;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 9 marzo 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

P.S. e M.A., in qualità di genitori esercenti la potestà sul minore P.P., hanno agito in giudizio nei confronti di Pa.Pa. e della sua compagnia assicuratrice, Unipol Assicurazioni S.p.A. (oggi Unipolsai Assicurazioni S.p.A.), per ottenere il risarcimento dei danni subiti dal figlio in occasione di un sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS).

La domanda è stata accolta dal Tribunale di Ravenna, che ha condannato i convenuti al pagamento dell’importo di Euro 13.667,92, oltre accessori.

La Corte di Appello di Bologna ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorrono il P. e la M., sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso Unipolsai Assicurazioni S.p.A..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altro intimato. I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto ritenuto destinato ad essere rigettato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Difetto di motivazione sulle distinte voci di danno morale ed esistenziale, o sulla personalizzazione del danno biologico in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Il motivo, avente ad oggetto censura di difetto di motivazione, è inammissibile.

In primo luogo, infatti, il suddetto vizio non è più previsto tra i motivi di ricorso per cassazione dal testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile nella specie in ragione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (luglio 2015).

In ogni caso non potrebbero ritenersi ammissibili neanche censure avanzate ai sensi dell’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, tenuto conto della data di inizio del giudizio di secondo grado (certamente posteriore al 2012) e della doppia decisione di merito conforme, ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., commi 4 e 5.

D’altra parte, si può osservare – a soli fini di completezza espositiva – che in ordine alla liquidazione del danno non patrimoniale la pronunzia impugnata contiene una motivazione più che adeguata, nella quale si dà conto della valutazione di tutti i fatti storici rilevanti (ed in particolare degli specifici aspetti del danno subito dalla vittima in ragione del pregiudizio alla salute conseguente al sinistro, anche sotto il profilo della sua personalizzazione). Tale motivazione certamente si sottrae alle censure ancora ammissibili ai sensi del testo vigente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (secondo l’interpretazione della disposizione delle Sezioni Unite di questa Corte, che gli stessi ricorrenti affermano di condividere: cfr. Cass. Sez. U, Sentenze n. 8053 e n. 8054 del 07/04/2014, Rv. 629829, 629830, 629831, 629832).

2. Con il secondo motivo si denunzia “violazione degli artt. 1226 e 2056 c.c. in relazione alla censura ex art. 360 c.p.c., n. 3”.

Anche questo motivo è inammissibile.

Sebbene faccia riferimento ad una violazione di legge nella liquidazione del risarcimento del danno non patrimoniale, in realtà la censura riguarda la misura della percentuale di danno biologico riconosciuta alla vittima a titolo di postumi permanenti conseguiti al sinistro.

I ricorrenti non contestano infatti, in diritto, l’applicabilità (e la corretta applicazione fattane nel caso di specie) della tabella di cui all’art. 139 del codice delle assicurazioni private (D.Lgs. 7 settembre 2005 n. 209) ai fini della liquidazione del risarcimento del danno biologico nella misura (7%) accertata dal consulente tecnico di ufficio (dr. Pr.) e condivisa dai giudici di merito.

Sostengono però che la suddetta valutazione della percentuale dei postumi permanenti sarebbe inadeguata, dovendo riconoscersi una percentuale maggiore (pari almeno al 15%), tale da escludere la sussistenza di una lesione cd. micro permanente compresa nella previsione della disposizione richiamata e da imporre quindi l’applicazione del diverso criterio di liquidazione fondato sul parametro equitativo costituito dalle tabelle elaborate presso il Tribunale di Milano.

Ma la valutazione della misura della percentuale del danno biologico permanente derivante dalla lesione alla salute causata dal sinistro costituisce un accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità (e ciò anche per quanto osservato in relazione al primo motivo, con riguardo alla doppia pronunzia conforme di merito sul punto).

3. Con il terzo motivo si denunzia “violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione alla censura ex art. 360 c.p.c., n. 3”.

Con il motivo in esame i ricorrenti tendono ad ottenere una diversa regolamentazione delle spese di lite, sul presupposto della fondatezza delle censure di cui ai primi due motivi di ricorso.

Il mancato accoglimento di detti motivi ne determina quindi la manifesta infondatezza.

4. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 5.600,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017

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