Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9649 del 22/04/2010
Cassazione civile sez. trib., 22/04/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 22/04/2010), n.9649
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – President – –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consiglie – –
Dott. DI IASI Camilla – Consiglie – –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consiglie – –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consiglie – –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 21032-2008 proposto da:
C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
ZAGARESE ETTORE FRANCESCO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e
difende, ope legis;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 44/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
di CATANZARO, del 21/2/07, depositata il 13/06/2007;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
e’ presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che e’ stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
“Con sentenza del 13/6/2007 la Commissione Tributaria Regionale della Calabria accoglieva il gravame interposto dall’Agenzia delle entrate di Rossano nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza di accoglimento dell’opposizione spiegata dal contribuente sig. C.D. in relazione a cartella di pagamento emessa a titolo di I.R.P.E.F. e contributo per il S.S.N. per l’anno d’imposta 1992.
Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello il C. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
L’intimato Ministero dell’economia e delle finanze non ha svolto attivita’ difensiva.
Con il 1 MOTIVO il ricorrente denunzia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, art. 51, comma 1, art. 327 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2 MOTIVO denunzia falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1373, art. 36 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
nonche’ omessa motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Con il 3 MOTIVO denunzia “vizio di extrapetizione” e violazione del D.P.C.M. 18 dicembre 1992, art. 1, comma 1.
Il ricorso dovra’ essere ritenuto in parte inammissibile in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e in parte infondato, per violazione del principio autosufficienza.
L’art. 366-bis c.p.c. dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilita’, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).
Quanto al vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366-bis c.p.c.).
Al riguardo, si e’ precisato che l’art. 366-bis c.p.c. rispetto alla mera illustrazione del motivo impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).
Orbene, nel caso il motivo ove si denunzia vizio di motivazione non prospetta la “chiara indicazione” – nei termini piu’ sopra indicati – delle relative “ragioni”, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attivita’ esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresi’ carente di autosufficienza.
I motivi con i quali si denunzia violazione o falsa applicazione di norme di diritto o error in procedendo non recano per altro verso il richiesto quesito di diritto.
La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c. e’ d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacche’ una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.
Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilita’ richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;
atteso che la relazione e’ stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;
rilevato che le parti non hanno presentato memoria ne’ vi e’ stata richiesta di audizione in camera di consiglio;
considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;
rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;
ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;
considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 800,00, di cui Euro 600,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2010