Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9649 del 13/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/04/2017, (ud. 09/03/2017, dep.13/04/2017),  n. 9649

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 1697 del ruolo generale dell’anno

2016, proposto da:

E.S. S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del funzionario

rappresentante per procura, S.M. rappresentata e difesa,

giusta procura in calce al ricorso, dall’avvocato Fabio Francesco

Franco (C.F.: FRN FFR 63P01 F152R);

– ricorrente –

nei confronti di:

ITL S.r.l., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, T.I. rappresentato e difeso, giusta procura

in calce al controricorso, dall’avvocato Clemente Frascari

Diotallevi (C.F.: FRS CMN 66D20 H501W);

– controricorrente –

nonchè

PREFETTURA DI BOLOGNA (C.F.: non indicato), in persona del Prefetto

pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 15848/2015,

pubblicata in data 16 luglio 2015;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 9 marzo 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

ITL S.r.l. ha proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., avverso una cartella di pagamento ad essa notificata dall’agente della riscossione (Equitalia Gerit S.p.A., oggi E.S. S.p.A.) per crediti della Prefettura di Bologna.

L’opposizione è stata accolta dal Giudice di Pace di Roma, che ha condannato gli opposti (agente della riscossione ed ente creditore), in solido, al pagamento delle spese di lite.

Il Tribunale di Roma ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre E.S. S.p.A., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso ITL S.r.l..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altra parte intimata.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto ritenuto destinato ad essere rigettato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denunzia “violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 10 – 12 – 24 – 25 – 26 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – inesistenza di un dovere di controllo sulla legittimità della iscrizione a ruolo in capo all’agente della riscossione”.

Con il secondo motivo si denunzia “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione del principio della soccombenza”.

I due motivi del ricorso sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente, avendo entrambi ad oggetto la condanna alle spese di lite dell’agente della riscossione.

Essi sono manifestamente infondati.

Il Tribunale ha confermato la sentenza del giudice di primo grado, che, nell’accogliere l’opposizione all’esecuzione proposta dall’intimata società ITL S.r.l. ai sensi dell’art. 615 c.p.c. (la qualificazione dell’azione proposta non è in discussione), ha condannato in solido al pagamento delle spese di lite sia l’ente creditore che lo stesso agente della riscossione. L’opposizione aveva ad oggetto una cartella di pagamento notificata dall’agente della riscossione per crediti derivanti da sanzioni amministrative conseguenti ad infrazioni al codice della strada di titolarità della Prefettura di Bologna, per la mancata prova della notifica del verbale di accertamento delle infrazioni.

A sostegno della decisione sul gravame, il giudice di merito ha in primo luogo osservato che l’agente della riscossione “ha posizione soggettiva passiva comune” con l’ente creditore, posizione che non può dunque ritenersi “estranea” rispetto alla necessità per l’intimato “di attivarsi ed onerarsi per difendersi, con successo, in giudizio”.

Ha poi aggiunto che l’agente della riscossione, pur non occupandosi della fase della formazione del titolo esecutivo, non può disinteressarsi della regolarità di quest’ultimo, che ben potrebbe verificare presso l’ente creditore, prima di avviare sulla base di esso gli atti della riscossione.

Nella sostanza, dunque, il tribunale ha fondato la propria decisione sul riconoscimento della legittimazione passiva dell’agente della riscossione nell’opposizione all’esecuzione esattoriale (legittimazione che necessariamente determina la sua soccombenza, in caso di accoglimento dell’opposizione stessa, con conseguente applicabilità dell’art. 91 c.p.c.). I rilievi in ordine alla possibilità dell’interlocuzione di questi con l’ente creditore al fine di una preventiva verifica della regolarità del titolo esecutivo devono ritenersi operati ad abundantiam, per giustificare il mancato esercizio del potere discrezionale di compensazione delle spese di lite, ai sensi dell’art. 92 c.p.c..

La decisione risulta, nei termini sopra chiariti, del tutto corretta in diritto e conforme alla giurisprudenza di questa Corte, che il ricorso non offre motivi per rivedere (si vedano in proposito, di recente ed in casi analoghi: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14125 del 11/07/2016, non massimata; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 1070 del 18/01/2017, Rv. 642562 – 01; cfr. anche: Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3105 del 06/02/2017, Rv. 642749 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3154 del 6 febbraio 2017, non massimata).

L’agente della riscossione è titolare esclusivo dell’azione esecutiva per la riscossione dei crediti esattoriali (come è noto, in proposito la legge prevede una eccezionale scissione tra titolarità del credito e titolarità dell’azione esecutiva), e pertanto è da ritenersi necessariamente legittimato passivo in tutte le opposizioni esecutive avanzate del debitore. E’ anzi l’unico legittimato passivo necessario, quale soggetto titolare dell’azione esecutiva, e ad esso incombe l’onere di chiamare eventualmente in giudizio l’ente creditore, laddove siano in discussione questioni attinenti al credito o comunque che non riguardino esclusivamente la regolarità degli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 39 del decreto legislativo 13 aprile 1999 n. 112 (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 16412 del 25/07/2007, Rv. 598269; Sez. 5, Sentenza n. 22939 del 30/10/2007, Rv. 601121; Sez. 5, Sentenza n. 476 dell’1/01/2008, Rv. 601637; Sez. 5, Sentenza n.369 del 12/01/2009, Rv.606177; Sez. 5, Sentenza n. 15310 del 30/06/2009, Rv. 608590; Sez. 5, Sentenza n. 2803 del 09/02/2010, Rv. 11404; Sez. Sentenza n. 1082 del 15/06/2011, Rv. 617735; Sez. 5, Sentenza n. 14032 del 27/06/2011, Rv. 617650; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1532 del 02/02/2012, Rv. 621546; Sez. 5, Sentenza n. 16990 del 05/10/2012, Rv. 623836; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 21220 del 28/11/2012, Rv. 624480; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10646 del 07/05/2013, Rv. 626290; Sez. 5, Sentenza n. 9762 del 07/05/2014, Rv. 630633; Sez. 5, Sentenza n. 10477 del 14/05/2014, Rv. 630892; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 97 del 08/01/2015, Rv. 634119; cfr. inoltre: Sez. 5, Sentenza n. 13331 del 29/05/2013; Sez. 5, Sentenza n. 12746 del 6/06/2014, Sez. 2, Sentenza n. 14125 del 11/07/2016, non massimate).

Ne consegue che, in caso di accoglimento dell’opposizione, l’agente assume inevitabilmente posizione di parte soccombente, e come tale deve essere destinatario della condanna al pagamento delle spese di lite in favore dell’opponente, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., salvo che il giudice ritenga la sussistenza dei presupposti che, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. (secondo il regime temporalmente vigente previsto dalla disposizione), gli consentano l’esercizio del potere discrezionale di compensarle, in tutto o in parte (e fatti salvi, naturalmente, i rapporti interni con l’ente creditore, con riguardo al rapporto cui dà luogo l’incarico della riscossione).

Ma il mancato esercizio del potere discrezionale di compensazione, in caso di integrale soccombenza dell’opposto agente della riscossione, risolvendosi nell’applicazione del criterio legale di cui all’art. 91 c.p.c., non richiede alcuna specifica motivazione e dunque non è censurabile in sede di legittimità (così come non è censurabile in sede di legittimità il suo positivo esercizio, laddove sostenuto da adeguata motivazione).

Nel caso di specie il tribunale, pur avendo correttamente applicato il principio di soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. nel liquidare le spese dell’opposizione che aveva trovato integrale accoglimento (il che, come appena visto, non avrebbe richiesto alcuna specifica motivazione), ha comunque motivato (ad abundantiam) sulle ragioni del mancato esercizio del potere discrezionale di compensazione per giusti motivi. E, per quanto sopra chiarito, i motivi posti a fondamento della scelta di non esercitare il suddetto potere di compensazione non possono essere oggetto di sindacato nella presente sede.

La decisione si sottrae pertanto alle censure avanzate dalla ricorrente.

2. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna la società ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2017

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