Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9648 del 22/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 22/04/2010, (ud. 25/01/2010, dep. 22/04/2010), n.9648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – President – –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consiglie – –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consiglie – –

Dott. DI BLASI Antonino – Consiglie – –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i

cui uffici e’ domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

L.D.P.M.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 9/16/06 della Commissione tributaria regionale

di Milano, emessa il 19 gennaio 2006, depositata il 27 febbraio 2006,

R.G. 2941/05;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25 gennaio 2010 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Pivetti Marco.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che la controversia ha per oggetto l’impugnazione del silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria alla richiesta dell’IRAP corrisposta dal contribuente L.D.P. M.G. negli anni dal 1999 al 2002. Il contribuente richiamando la giurisprudenza della Corte Costituzionale contestava l’esistenza del presupposto impositivo facendo rilevare che aveva svolto l’attivita’ professionale senza l’ausilio di dipendente o collaboratori esterni e con l’impiego dei beni e capitali strettamente necessari;

la C.T.R. ha confermato la sentenza della C.T.P. di accoglimento del ricorso;

ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate con unico motivo di impugnazione con il quale deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2, 3, 4 e 8 e degli artt. 2222 e 2229 cod. civ. e pone il seguente quesito di diritto alla Corte: se, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 e ss., l’IRAP sia dovuta da chiunque esercita un’arte o una professione, anche con la sola organizzazione indispensabile per lo svolgimento dell’attivita’ e che pertanto prescinde dai mezzi impiegati, ovvero solo da chi si serva di un’organizzazione complessa, che implichi necessariamente l’impiego di capitali e beni strumentali e/o lavoro altrui, tale da acquisire una propria autonomia rispetto all’attivita’ personale;

ritenuto che il ricorso e’ in evidente contrasto con l’indirizzo ormai consolidato di questa Corte (si veda Cassazione civile sezione 5^, n. 3678 del 16 febbraio 2007) secondo cui in tema di IRAP, l’esercizio per professione abituale, ancorche’ non esclusiva, di attivita’ di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attivita’ autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attivita’ di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantita’ che, secondo l’”id quod plerumque accidit”, costituiscono nell’attualita’ il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni. (In applicazione di tale principio, la S.C., con la pronuncia citata, ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva rigettato l’impugnazione del silenzio-rifiuto serbato dall’Amministrazione sull’istanza di rimborso presentata da un avvocato, limitandosi ad affermare astrattamente l’assoggettabilita’ ad imposta dell’attivita’ libero-professionale, senza indagare sulle modalita’ concrete di esercizio della stessa);

ritenuto che pertanto il ricorso deve essere respinto senza alcuna statuizione sulle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese processuali del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2010

 

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