Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9648 del 13/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 13/04/2021, (ud. 07/10/2020, dep. 13/04/2021), n.9648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6408/2019 proposto da:

D.C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato SERGIO NATALE EDOARDO

GALLEANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

VINCENZO DE MICHELE;

– ricorrente –

contro

AIR ITALY S.P.A., (già MERIDIANA FLY S.P.A.), ALISARDA S.P.A., in

persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliate in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio

degli avvocati CARLO BOURSIER NIUTTA, ENRICO BOURSIER NIUTTA,

ANTONIO ARMENTANO, che le rappresentano e difendono;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 50/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI

SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 12/08/2018 R.G.N.

96/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2020 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per annullamento sentenza ex 336

c.p.c.;

udito l’Avvocato SERGIO GALLEANO;

udito l’Avvocato ANTONIO ARMENTANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza resa pubblica il 12/8/2018 la Corte d’Appello di Cagliari sez. distaccata di Sassari, in parziale accoglimento del gravame proposto da D.C.A., liquidava in suo favore il risarcimento del danno biologico e del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, in relazione al periodo intercorso fra il licenziamento del febbraio 2010 e quello dell’aprile 2011. A fondamento del decisum deduceva, in estrema sintesi, che il passaggio in giudicato della pronuncia del Tribunale di rigetto della impugnativa relativa al secondo licenziamento intimato dalla società in data 6/4/2011 – a seguito del giudizio – di non idoneità permanente pronunciato dall’Istituto Medico Legale dell’Aeronautica Militare – non consentiva di pervenire all’accoglimento, anche per il periodo successivo, delle domande concernenti il danno relativo a perdita patrimoniale e a perdita di professionalità, attesa l’incidenza causale autonoma del secondo licenziamento rispetto al diritto azionato. Quanto al risarcimento del danno esistenziale, del pari rivendicato dal D.C., sul rilievo della carenza di adeguato supporto probatorio, respingeva la relativa domanda.

Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione il D.C. sostenuto da quattro motivi, illustrati da memoria, ai quali resiste con controricorso la parte intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo D.C.A. prospetta nullità della sentenza per motivazione apparente, contraddittoria e perplessa ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si duole che la Corte di merito abbia limitato la quantificazione del danno biologico, di quello morale e di quello attinente alla perdita della capacità lavorativa specifica, al periodo di invalidità temporanea escludendo quello successivo al licenziamento intimato nell’aprile 2011. Si osserva che il danno permanente era riferibile al primo licenziamento illegittimo e la mancata impugnazione del secondo recesso era del tutto irrilevante perchè “tale atto era dovuto proprio a seguito dello stato di parziale invalidità conseguente al primo licenziamento riconosciuto dal CTU ed accertato dall’ente pubblico che aveva rifiutato il rinnovo del brevetto di volo” e perchè detto licenziamento non poteva certamente incidere sulla persistenza dello stato di parziale inabilità.

2. Con il secondo motivo, sotto il profilo di violazione degli artt. 1218 e/o 2043 c.c. e dell’art. 112c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si censura la medesima statuizione attinta dal primo motivo, sub specie di violazione delle disposizioni codicistiche in tema di risarcimento del danno.

3. Il primo motivo palesa profili di inammissibilità.

E’ bene rammentare, in via di premessa, che secondo i consolidati approdi ai quali è pervenuta la Corte di legittimità, in materia di contenuto della sentenza, affinchè sia integrato il vizio di “mancanza della motivazione” agli effetti di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, occorre che la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero che essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del “decisum”.

Questa enunciazione riassuntiva corrisponde al principio espresso dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui la mancanza di motivazione, quale causa di nullità per mancanza di un requisito indispensabile della sentenza, si configura “nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili, e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sè, restando esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima in raffronto Fon le risultanze probatorie (vedi ex plurimis, Cass. 18/9/2009 n. 20112, Cass. S.U. 3/11/2016 n. 22232, Cass. 17/8/2020 n. 17196).

Con riferimento alla motivazione meramente apparente – che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico-giuridico alla base del decisum. E’ stato, in particolare, precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidoneèa far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cassa cit. Sez. Un. 22232 del 2016), oppure allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 7/4/2019 n. 9105, Cass. 5/8/2019 n. 20921) oppure, ancora, nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. 18/9/2009 n. 20112).

Tali carenze non sono in alcun modo riscontrabili nella sentenza impugnata della quale è agevole ricostruire il percorso logico- giuridico che ha condotto al rigetto dell’appello, percorso fondato essenzialmente sulla mancata impugnazione del secondo licenziamento intimato in data 29/36/4/2011 e sulla preclusione della disamina della domanda di danno biologico in relazione al periodo successivo a detto secondo licenziamento. Siffatta, pur concisa, motivazione non incorre, per quanto sinora detto, nello stigma della assoluta nullità posto a fondamento della doglianza.

4. Detta statuizione, neanche risulta inficiata dal secondo motivo, per la genericità che lo connota.

Il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dev’essere infatti dedotto, a pena d’ inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione.

Risulta, quindi, inidoneamente formulata – come nella specie – la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, che non si traduca in una mera contrapposizione della tesi patrocinata rispetto a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata.

5. Con gli ultimi due motivi si denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (terzo motivo) ed omesso esame di un fatto discusso fra le parti e decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (quarto motivo).

Ci si duole che il giudice del gravame abbia denegato riconoscimento al risarcimento del danno esistenziale, sul rilievo che fosse rimasto indimostrato, benchè la relazione peritale ne avesse suffragato l’esistenza.

6. I motivi, che possono essere congiuntamente trattati Siccome connessi, non sono fondati.

Occorre premettere che in materia di responsabilità civile, la natura unitaria ed omnicomprensiva del danno non patrimoniale deve essere interpretata nel senso che esso può riferirsi a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto non suscettibile di valutazione economica, con conseguente obbligo, per il giudice di merito, di tenere conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze “in peius” derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, e con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici.

Si è altresì condivisibilmente affermato che il danno non patrimoniale, con particolare riferimento a quello cd. esistenziale, non può essere considerato “in re ipsa”, ma deve essere provato secondo la regola generale dell’art. 2697 c.c., dovendo consistere nel radicale cambiamento di vita, nell’alterazione della personalità e nello sconvolgimento dell’esistenza del soggetto. Ne consegue che la relativa allegazione deve essere circostanziata e riferirsi a fatti specifici e precisi, non potendo risolversi in mere enunciazioni di carattere generico, astratto, eventuale ed ipotetico (cfr. Cass. 9/11/2018 n. 28742).

La statuizione impugnata – conforme agli enunciati principi avendo rimarcato la carenza allegatoria ed istruttoria che connota la domanda – è insuscettibile di essere inficiata dalle censure formulate le quali, tramite la denunzia del vizio di violazione di legge (terzo motivo), degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti da cui- è originata l’azione e della valutazionè delle risultanze probatorie acquisite, critica che non può trovare ingresso, nel regime di sindacato minimale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 riovellato, come dedotto dal ricorrente con il quarto motivo (cfr. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34476).

In definitiva, il ricorso è respinto.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 peri esborsi ed Euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2021

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