Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9645 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 26/05/2020), n.9645

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26752-2018 proposto da:

S.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBERICO

II 33, presso lo studio dell’avvocato ELIO LUDINI, rappresentata e

difesa dall’avvocato VITTORINO LO GIUDICE;

– ricorrente –

contro

ITALFONDIARIO SPA, B.G.C.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1607/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 13/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIGNA

MARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

Italfondiario Spa (in proprio e quale mandataria di Intesa San Paolo SpA), creditore di B.G.C. in virtù di fideiussione dalla stessa rilasciata in data 14-9-2004 in favore del figlio S.C. (debitore di Banca Intesa per scoperto di c/c aperto nel 2002), convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Caltagirone B.G.C. e S.C. per sentir dichiarare inefficace nei suoi confronti -ex art. 2901 c.c.- l’atto di donazione di un immobile stipulato in data 1-9-2004 (e trascritto il 13-9-2004) da B.G.C. in favore della figlia S.C.. Con sentenza n. 160/13 del 19-3/5-4-2013 l’adito Tribunale accolse la domanda.

Con sentenza n. 1607/2017 del 13-9-2017 la Corte d’Appello di Catania ha rigettato il gravame proposto da S.C.; in particolare la Corte territoriale ha ribadito che, come precisato da questa S.C., al fine della valutazione sulla sussistenza dei presupposti per l’azione revocatoria, l’acquisto della qualità di debitore va fatto risalire, per il fideiussore, al momento dell’insorgenza del debito garantito; nella specie, essendo la donante ben consapevole della situazione debitoria del figlio convivente, non poteva non ravvisarsi in capo alla B. l’intento di sottrarre alla garanzia del credito il bene immobile oggetto della donazione, affrettandosi a disfarsi dell’unico cespite immobiliare in vista della sottoscrizione della fideiussione. Avverso detta sentenza S.C. propone ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi.

Italfondiario SpA e B.G.C. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, è stata ritualmente notificata alle parti.

S.C. ha presentato ulteriori memorie, pervenute in cancelleria in data 18-11-2019, e quindi tardivamente rispetto alla data dell’adunanza camerale, fissata per il 21-11-2019.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, articolato in due sub doglianze, la ricorrente, denunziando -ex art. 360 c.p.c., n. 3- violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., si duole che la Corte territoriale, con motivazione superficiale, generica e carente, abbia ritenuto sussistenti, in assenza di prove e sulla sola base di mere cd illegittime presunzioni, i presupposti per l’accoglimento della domanda revocatoria (scientia damni e consilium fraudis); in particolare lamenta che la Corte abbia desunto la conoscenza della situazione debitoria del figlio dal solo fatto della parentela e della convivenza, ed abbia poi fatto discendere da siffatta conoscenza anche la volontà di ledere il creditore; sostiene, al contrario, che, essendo l’atto di donazione precedente alla fideiussione (sicchè l’obbligo del fideiussore era sorto successivamente alla donazione medesima), parte attrice doveva provare che detto atto dispositivo del fideiussore fosse preordinato all’inadempimento del futuro obbligo del fideiussore medesimo; prova non fornita nel caso di specie.

Il motivo è inammissibile.

In primo luogo in quanto omette di individuare la parte di motivazione della sentenza della Corte territoriale che si intende impugnare e discute di emergenze fattuali senza tuttavia individuazione e localizzazione delle stesse, e, quindi, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

In secondo luogo in quanto si risolve in una critica, non consentita in sede di legittimità, sull’accertamento compiuto dalla Corte territoriale in ordine alla sussistenza dei presupposti della proposta azione revocatoria.

La ricorrente, invero, si duole che la Corte territoriale abbia desunto la sussistenza dei detti presupposti in base ad un ragionamento presuntivo, senza però denunciare, in ordine all’utilizzazione di dette presunzioni, alcuna violazione di legge, limitandosi a prospettare un diverso esito di siffatto ragionamento; in ogni modo, anche a volere ritenere denunciata la violazione delle norme sull’utilizzo delle presunzioni (artt. 2727 c.c. e s.s.), non è rispettato il canone fissato da Cass. sez. unite 1785/2018 per la deduzione della violazione “in iure” dei paradigmi normativi sulle presunzioni semplici, essendosi i ricorrenti, come detto, limitati a prospettare una diversa ricostruzione in fatto quale esito dei pretesi ragionamenti presuntivi.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunziando omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, si duole che la Corte abbia omesso di valutare l’insussistenza del pregiudizio economico del creditore derivante dal compimento dell’atto di donazione; al riguardo sostiene che l’atto di donazione non aveva in realtà arrecato alcun pregiudizio alle ragioni creditorie della Banca, in quanto la stessa non aveva nessuna garanzia patrimoniale al momento in cui aveva concesso il credito allo Scapellato (2002) e nessuna garanzia aveva nemmeno al momento della stipula della fideiussione (14-9-2004), atteso che a tale momento era già intervenuto l’atto di donazione (1-9-2004).

Il motivo è inammissibile.

Lo stesso, invero, in primo luogo, non è in linea con la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non essendo stata denunciato l’omesso esame di un “fatto storico” così come richiesto dalla norma e inteso da Cass. S.U. 8053 e 8054/2008 (fatto storico assolutamente non individuato), e, in secondo luogo, non è in linea neanche con la statuizione impugnata, che ha esaminato il presupposto della sussistenza del pregiudizio arrecato con l’atto alle ragioni del creditore, risolvendolo tuttavia in senso contrario a quello auspicato dai ricorrenti.

Con il terzo motivo la ricorrente, denunziando –ex art. 360 c.p.c., n. 3-“omesso esame delle contestazioni formulate dall’appellante”, si duole che la Corte territoriale abbia del tutto omesso di pronunciarsi su specifiche contestazioni sollevate da parte appellante rispetto alla sentenza di primo grado.

La doglianza è inammissibile in quanto, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non identifica il motivo di appello e le relative censure che si assumono non esaminate, e non individua la motivazione del primo Giudice richiamata “per relationem” dalla Corte territoriale; ed invero, come già precisato da questa S.C. “in tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata “per relationem” alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366 c.p.c., n. 6, occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonchè le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali” (Cass. S.U. 7074/2017)

Con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono della violazione del T.U. D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 per avere la Corte territoriale condannato la parte appellante al pagamento del doppio del contributo unificato senza fornire alcuna motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per disporre detta condanna.

Il motivo è inammissibile in quanto, costituendo l’erogazione -da parte del soccombente- di un importo pari a quello corrisposto per il contributo unificato un’obbligazione tributaria, il credito ed il procedimento per la sua riscossione spettano all’Erario, che non è parte in causa, mentre la controparte del giudizio di merito è, rispetto a tale obbligazione, del tutto indifferente (conf. Cass. 15166/2018; v. anche Cass. 26907/2018 e Cass. 29424/2019).

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a notala del citato art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 26 maggio 2020

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