Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9645 del 12/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Ord. Sez. 6 Num. 9645 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

Data pubblicazione: 12/05/2015

ORDINANZA
sul ricorso 14243-2012 proposto da:
CEVA LOGISTICS ITALIA SRL 13017100150, in persona del
procuratore speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO,
rappresentata e difesa dagli avvocati PAOLO TOSI, ANDREA
UBERTI giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
ORLANDO ANTONINA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CRESCENZIO 58, presso lo studio dell’avvocato BRUNO COSSU,
che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ELENA POLI,
SERGIO BONETTO, SERGIO VACIRCA giusta procura a margine
del controricorso;
contraricorrente –

9/

avverso la sentenza n. 1366/2011 della CORTE D’APPELLO di
TORINO del 23/11/2011, depositata 1’01/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;
udito l’Avvocato Sergio Vacirca difensore della controricorrente che si

Fatto e diritto
L’impresa ricorrente, che ha modificato più volte la sua
denominazione, si occupa di servizi di logistica in ambito FIAT. Nel
1998 acquistò da FIAT Auto spa il ramo d’azienda relativo ai c.d.
servizi logistici comuni del comprensorio di Torino, consistenti nel
rifornimento interno dei materiali, nonché nelle attività
di imballaggio e preparazione alla spedizione di componenti per
vetture. In seguito, operò ulteriori acquisizioni di rami d’azienda,
relativi ad attività di confezionamento ed imballaggio di parti d’auto
per stabilimenti all’estero e di pezzi di ricambio per le autovetture
FIAT.
Nel 2000 tutte le attività svolte in favore della FIAT vennero accorpate
e concentrate in Mirafiori, in particolare nella c.d. officina 81, in cui
operavano lavoratori in parte addetti al confezionamento manuale, in
parte al confezionamento meccanizzato, in altra parte impiegati in
attività di carrellisti e magazzinieri.
A partire dalla metà del 2000, a causa della flessione della produzione
FIAT, si ridusse anche l’attività di logistica e la società ricorrente, dopo
aver fatto ricorso nel 2001-2002 alla CIG ed alla mobilità collegata al
raggiungimento del trattamento pensionistico, nel dicembre 2002,
richiese la CIGS a zero ore per un anno per 665 lavoratori impiegati
negli stabilimenti piemontesi di Verrone, Mirafiori e Rivalta.

Ric. 2012 n. 14243 sez. ML – ud. 09-04-2015
-2-

riporta agli scritti.

Con atto del dicembre 2002, la società comunicò alle organizzazioni
sindacali la richiesta di intervento di CIGS ai sensi della L. n. 223 del
1991, art. 1, commi 7 e 8, nonché del D.P.R. n. 218 del 2000, art. 2,
precisando che i lavoratori interessati alla sospensione “saranno
individuati sulla base di esigenze tecniche, organizzative e produttive e

caratteristiche delle attività che vengono a cessare, sia per la specificità
delle risorse che dovranno essere sospese in quanto queste ultime non
consentono l’utilizzo di mano d’opera con una metodologia di impiego
polivalente”.
Seguì l’esame congiunto con le OOSS, conclusosi negativamente. Nel
relativo verbale del 20 dicembre 2002 la società ribadì che “verrà fatto
ricorso alla CIGS per crisi aziendale per mesi 12 a decorrere dal 2
gennaio 2003 per massimo 665 lavoratori sospesi a zero ore
settimanali, individuati in base alle esigenze tecnico- organizzative e
produttive aziendali”. Per quanto riguarda la rotazione l’azienda “si
dichiara disponibile a realizzarla nel numero di lavoratori di cui
l’organizzazione aziendale lo consente, con modalità che verranno
concordate con le RSU, compatibilmente con le esigenze tecnico
produttive”.
11 19 giugno 2003 società e la rappresentanza sindacale unitaria (RSU)
sottoscrissero un accordo in cui le parti si diedero atto che “pur non
risolvendo totalmente il problema della rotazione fra i lavoratori
interessati alla CIGS” avevano operato “un primo approccio alla
gestione dei dipendenti in oggetto”. L’accordo individua diverse
mansioni e stabilisce che la rotazione verrà realizzata su 54 postazioni
lavorative (30 carrellisti e 24 suddivise tra altre 11 mansioni, con
numero variabile da 1 a 3) ed avverrà con cadenza massima di due

Ric. 2012 n. 14243 sez. ML – ud. 09-04-2015
-3-

per tali soggetti non potrà essere prevista la rotazione, sia per le

mesi. Fu costituita una commissione paritetica per verificare e
concordare le modalità concrete di rotazione.
Il 5 dicembre 2003 la società comunicò alla RSU una seconda richiesta
di CIGS, sempre conseguente alle problematiche di FIAT, in quanto la
debolezza della domanda aveva assunto carattere strutturale rendendo

era di sospensione dal 3 gennaio 2004 per 24 mesi di un numero
massimo di 1148 dipendenti. Nella richiesta si dichiarava che i
lavoratori sarebbero stati individuati “sulla base di esigenze tecniche,
organizzative e produttive e per tali soggetti sarà prevista la rotazione
sulla base dei criteri già individuati nell’intesa aziendale del 19 giugno
2003”.
11 19 e 23 dicembre si tenne l’esame congiunto con le OOSS e le parti
concordarono sul ricorso alla CIGS per riorganizzazione aziendale per
24 mesi a decorrere dal 3 gennaio 2004, per un numero non superiore
a 665 dipendenti, prevedendo la possibilità di raggiungere punte sino a
1148 addetti. Per quanto attiene alla rotazione le parti confermarono il
contenuto dell’accordo del 19 giugno 2003. L’esame congiunto venne
rinnovato nel gennaio 2004, confermando gli accordi del 19 dicembre
e del 19 giugno 2003.
A seguito del ricorso di parte lavoratrice e della decisione del Tribunale
di Torino, la Corte d’appello di Torino, con la sentenza impugnata, ha
confermato l’illegittimità della sospensione per CIGS e la condanna
della società al pagamento delle differenze tra il trattamento di cassa
integrazione e la retribuzione spettante, oltre rivalutazione ed interessi
accogliendo l’appello della società limitatamente alla condanna
all’inclusione nella base di calcolo del risarcimento riconosciuto
dell’indennità di mensa che non era stata chiesta.

Ric. 2012 n. 14243 sez. ML – ud. 09-04-2015
-4-

necessario un intervento di riorganizzazione produttiva. La richiesta

La società chiede l’annullamento della sentenza. Parte intimata si è
difesa con controricorso ed ha depositato memoria illustrativa.
I motivi di ricorso possono essere raggruppati in base alle diverse
questioni poste dalla società e secondo un opportuno ordine logico.
La prima censura è di violazione o falsa applicazione del combinato

1991 e 2, d.P.R. n. 218 del 2000.
Violazione o falsa applicazione dell’articolo 15 preleggi in relazione al
rapporto tra il d.P.R n. 218 del 2000 e l’art. 1 della legge n. 223.
Secondo la società ricorrente, la legge n. 59 del 1997, che regolò la
delegificazione di norme concernenti procedimenti amministrativi,
avrebbe inciso anche nella materia in esame in quanto il d.P.R. n. 218
del 2000 (“Regolamento recante norme per la semplificazione del
procedimento per la concessione del trattamento di CIGS e di
integrazione salariale a seguito della stipula di contratti di solidarietà, ai
sensi dell’art. 20 della legge n. 59 del 1997, allegato 1 n. 90 e 91”),
avrebbe delegificato la legislazione sulla Cassa integrazione guadagni.
Per effetto di tale operazione, il d.P.R. costituirebbe ormai l’unico
regolamento della materia con la conseguente sostituzione, per
abrogazione esplicita od implicita per incompatibilità, di tutte le altre
disposizioni anche di fonte legale.
In questo diverso contesto normativo, tanto la comunicazione datoriale
di avvio della procedura quanto l’esame congiunto dovevano intendersi
disciplinati esclusivamente dal d.P.R., con esclusione di ogni possibilità
di integrazione con la legge n. 223, con conseguente venir meno del
diritto delle organizzazioni sindacali, e di riflesso dei lavoratori, ad essere
informati sin dalla comunicazione di avvio della procedura circa i criteri
di selezione dei lavoratori da sospendere e le modalità di rotazione.

Ric. 2012 n. 14243 sez. ML – ud. 09-04-2015
-5-

disposto di cui agli articoli 20 legge 15/3/1997, n. 59, 1, legge n. 223 del

La tesi della società contrasta con l’orientamento consolidato di questa
Corte, espresso in una lunga teoria di sentenze, a cominciare da Cass. 28
novembre 2008, n. 28464, che, affrontando per prima il problema,
all’esito di una analitica ricognizione del quadro normativo, affermò il
seguente principio: la disciplina del d.P.R. n. 218 del 2000 non ha alcuna

comunicazione di cui all’art. 1.
Più specificamente non incide in alcun modo sulle disposizioni di cui al
combinato disposto degli artt. 5 della legge 164 del 1975 e 1, comma 7,
della legge 223 del 1991 riguardante l’obbligo datoriale di comunicare in
avvio della procedura per l’integrazione salariale alle organizzazioni
sindacali i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, nonché
le modalità di rotazione. Il d.P.R. tende a semplificare la fase
propriamente amministrativa, di rilevanza pubblica, del procedimento di
concessione della integrazione salariale, senza in alcun punto ridurre i
diritti dei lavoratori e le prerogative delle organizzazioni sindacali ad essi
funzionali.
Tale ricostruzione è stata costantemente ribadita dalla giurisprudenza
successiva (cfr., tra le tante, Cass. 18 febbraio 2011, n. 4053) e
costituisce ormai un principio consolidato ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1,
cod. proc. civ., come ha rilevato la Sesta sezione civile in una serie di
ordinanze emesse in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 cod. proc.
civ. (cfr. per tutte, Cass. VI civile-lavoro, 12 dicembre 2011, n. 26587:
“In tema di procedimento per la concessione della CIGS devono
escludersi incompatibilità tra la normativa regolamentare introdotta con
il d.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, e le disposizioni della legge 23 luglio
1991 n. 223: la disciplina regolamentare, che si limita a imporre
all’imprenditore che intenda chiedere l’intervento straordinario di
integrazione salariale l’obbligo di dare tempestiva comunicazione alle
Ric. 2012 n. 14243 sez. ML – ud. 09-04-2015
-6-

efficacia abrogativa della legge n. 223 del 1991 e, quindi, degli oneri di

organizzazioni sindacali, attiene unicamente alla fase amministrativa di
concessione dell’integrazione stessa, e nulla dice sul contenuto concreto
della comunicazione, né detta alcuna disciplina in ordine ai criteri di
scelta e, pertanto, non ha in alcun modo inciso sugli obblighi di
rilevanza collettiva di cui all’art. 1, commi 7 e 8, della legge n. 223 citata.

di scelta e le modalità della rotazione dal momento iniziale della
comunicazione datoriale di avvio della procedura di integrazione
salariale a quello, immediatamente successivo, dell’esame congiunto,
atteso che, così opinando, il contenuto della norma di cui all’art. 2 del
d.P.R. n. 218, citato, risulterebbe del tutto estraneo all’esigenza di
semplificazione del procedimento amministrativo, e avrebbe come
conseguenza solo l’alleggerimento degli oneri della parte datoriale con la
compressione dei diritti d’informazione spettanti al sindacato,
delineando un sistema di consultazione sindacale palesemente
inadeguato rispetto alla finalità perseguita. (Principio affermato ai sensi
dell’art. 360-bis, comma 1, cod. proc. civ.)”.
Il ricorso per cassazione in esame non offre elementi per mutare
orientamento.
Un secondo gruppo di censure attiene alla necessità della specificazione
dei criteri in sede di comunicazione di avvio della procedura ai sensi
dell’art. 1, comma 7, 1. 223/1991, dell’art. 5, comma 4, 5, 6 1. n. 164/75,
2697 e dell’art. 2 d.P.R. 218/2000 in relazione al contenuto della lettera
di apertura della procedura.
Anche su tale necessità la giurisprudenza di legittimità si è espressa in
modo costante.
La norma guida (art. 1, comma 7, della legge 223 del 1991) è molto
chiara nello stabilire che “devono” formare “oggetto della

Ric. 2012 n. 14243 sez. ML – ud. 09-04-2015
-7-

Né la normativa regolamentare ha spostato l’informazione circa i criteri

comunicazione” i “criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere
nonché le modalità della rotazione prevista dal comma 8”.
Le Sezioni unite hanno escluso la fondatezza di interpretazioni riduttive
di tale disposizione, sottolineando, con la sentenza n. 302 del 2000, che,
in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per

conversione aziendale implicante una temporanea eccedenza di
personale, il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è
illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il
meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare
alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici
criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei
lavoratori che devono essere sospesi, in base al combinato disposto
della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, e della L. 20 maggio
1975, n. 164, art. 5, commi 4 e 5.
L’orientamento si è consolidato del tempo, trovando conferma nella
successiva giurisprudenza di legittimità (per tutte: Cass. 23 aprile 2004,
n. 7720; Cass. 4 maggio 2009, n. 10236; Cass. 1 luglio 2009, n. 15393;
Cass. 21 settembre 2011, n. 19235).
Da ultimo, Cass., 22 febbraio 2012, n. 7459, ha così sintetizzato i
principi base che regolano la materia: a) il provvedimento di
sospensione dell’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di
lavoro (sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione, sia in
caso contrario) ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini
dell’esame congiunto, ovvero di concordare con le stesse, gli specifici
criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei
lavoratori che devono essere sospesi, ed ai quali criteri la scelta dei
lavoratori deve poi effettivamente corrispondere (Cass. 28 novembre
2008, n. 28464); b) la specificità dei criteri di scelta consiste nell’idoneità
Ric. 2012 n. 14243 sez. ML – ud. 09-04-2015
-8-

l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o

dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la
verifica della corrispondenza della scelta ai criteri (Cass. 23 aprile 2004,
n. 7720); c) la comunicazione di apertura della procedura di trattamento
di integrazione salariale la cui genericità rende impossibile qualunque
valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori

luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, (Cass. 9 giugno 2009, n. 13240); d)
la mancata specificazione dei criteri di scelta (o la mancata indicazione
delle ragioni che impediscono il ricorso alla rotazione) determina
l’inefficacia dei provvedimenti aziendali che può essere fatta valere
giudizialmente dai lavoratori, in quanto la regolamentazione della
materia è finalizzata alla tutela, oltre che degli interessi pubblici e
collettivi, soprattutto di quelli dei singoli lavoratori (Cass. 19 agosto
2003, n. 12137; Cass. 18 maggio 2006, n. 11660).
La valutazione della rispondenza in concreto delle comunicazioni di
avvio della procedura di Cassa integrazione oggetto dell’esame giudiziale
ai requisiti su indicati, è una valutazione di merito in ordine al contenuto
dell’atto negoziale, che rimane estranea al giudizio di legittimità, quando,
come nel caso in esame, il giudice di merito abbia motivato la sua
decisione in modo sufficiente e privo di contraddizioni.
Un’ulteriore questione posta con i motivi di ricorso attiene al preteso
effetto sanante dell’esame congiunto rispetto alla comunicazione di
avvio della procedura, vuoi perché i criteri sarebbero stati
adeguatamente specificati in tale atto (denunciandosi, al riguardo, la
violazione dei canoni ermeneutici legali e della disciplina legale di
riferimento nonché la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. in relazione
alle testimonianze acquisite al giudizio che avrebbero, appunto, smentito
la pretesa genericità dell’accordo e la sua non esaustività ai fini richiesti
dalla legge), vuoi perché i verbali di esame congiunto avrebbero il valore
Ric. 2012 n. 14243 sez. ML – ud. 09-04-2015
-9-

da sospendere, viola l’obbligo di comunicazione previsto dalla L. 23

di atti amministrativi che certificano la regolarità della procedura
(denunciandosi, al riguardo, anche la violazione dell’art. 2697 cod. civ.
per l’omessa attribuzione di una intrinseca efficacia probatori ai verbali
suindicati).
La tesi per cui l’accordo sindacale (sul cui contenuto, si veda quanto

specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da porre in
cassa integrazione e spiegherebbe compiutamente le ragioni della
impossibilità del ricorso alla rotazione si risolve nella proposizione di un
giudizio di merito (basato anche su di una particolare rilettura della
prova orale, riportata peraltro per stralci), difforme rispetto a quello
della Corte d’appello.
Tale valutazione, al pari di quella concernente la comunicazione di avvio
della procedura, spetta in via esclusiva al giudice di merito e può essere
censurata in cassazione solo negli stretti limiti del giudizio di legittimità,
che nel caso in esame vengono nettamente travalicati.
Analogo ragionamento deve essere svolto con riguardo
all’apprezzamento della prova testimoniale.
Quanto poi alla tesi secondo la quale i verbali di esame congiunto
avrebbero il valore di atti amministrativi che certificano la regolarità
della procedura, la società ricorrente la basa sull’art. 2 del d.P.R. 218 del
2000.
Dalla lettura di tale norma, però, si evince che all’esame congiunto
partecipano funzionari delle direzioni provinciali o regionali del lavoro,
ma non si evince alcuna efficacia certificatoria della regolarità della
comunicazione aziendale al sindacato in ordine all’adeguata indicazione
dei criteri di scelta o delle ragioni per le quali non si ricorre alla
rotazione.

Ric. 2012 n. 14243 sez. ML – ud. 09-04-2015
-10-

riportato nello svolgimento del processo) conterrebbe un’adeguata

A queste considerazioni, di per sé esaustive, deve aggiungersi che la
possibilità di un effetto sanante di un accordo sindacale sui criteri di
scelta, laddove l’accordo li indichi in modo puntuale e specifico, è stata
ammessa solo in casi particolari e circoscritti, ma non nell’ipotesi in cui
la comunicazione è strettamente funzionale a mettere in grado le

adeguatamente informate e ai lavoratori di avere contezza delle
prospettazioni aziendali.
Né può essere ammessa con effetto retroattivo rispetto a scelte in
concreto già operate (per ulteriori approfondimenti si rinvia a Cass.
26587/2011

cit.; in generale sull’esclusione del carattere sanante

dell’accordo cfr. Cass. 9 giugno 2009, n. 13240 e Cass. 1 luglio 2009, n.
15393).
L’ultima censura investe la decisione della Corte di includere nella
retribuzione parametro per la liquidazione del risarcimento gli importi
corrispondenti al Premio Performance di Gruppo (PPG) ed al Premio
di Risultato (PDR) sul rilievo che era onere del lavoratore dimostrare
che si trattava di somme che non erano collegate all’effettività della
prestazione.
Anche tale censura è infondata.
Questa, infatti, non coglie nel segno posto che la sentenza assume che la
voce reddituale sarebbe stata incontestatamente erogata ove il rapporto
non fosse stato illegittimamente sospeso e dunque la stessa non è
incorsa in alcuna illegittima inversione dell’onere probatoria avendo, in
esito ad un esame degli atti e delle circostanze di fatto allegate, non
censurabile né censurato in questa sede, evidenziato che era risultata
pacificamente la spettanza dei compensi.
Poiché si intende dare continuità ai principi sopra esposti (cfr. in termini
Cass.nn.11777,12096,12095,11712,11711,11710,11335,11334,11327,113
Ric. 2012 n. 14243 sez. ML – ud. 09-04-2015
-11-

organizzazioni sindacali di partecipare al confronto con la controparte

26,11325,11324,11323 tutte del 2014) il ricorso deve essere rigettato ,
restando assorbite tutte le altre eccezioni o obiezioni con ordinanza ex
art. 375 cod. proc. civ., n. 5 perché manifestamente infondato.
Le spese seguono la soccombenza e, liquidate in dispositivo, vanno
distratte in favore dell’Avv. Bruno Cossu che se ne dichiara

PQM
La Corte, rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al
pagamento delle spese processuali liquidate in € 2000,00 per compensi
professionali € 100,00 per esborsi oltre al 15% per spese forfetarie
Accessori come per legge. Spese da distrarsi in favore dell’Avv. Bruno
Cossu antistatario.
Così deciso in Roma il 9 aprile 2015

ko- t %i Cfor0

CANOELARK

antistatario.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA