Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9643 del 19/04/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9643 Anno 2013
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

//)

SENTENZA

sul ricorso 32403-2006 proposto da:
BENVENUTI LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA SILVIO PELLICO 44, presso lo studio dell’avvocato
CORBUCCI CARLO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato SALVATORE ANTONIO;
– ricorrente 2013
656

contro

CAPITANERIA PORTO RAVENNA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 202/2005 del GIUDICE DI PACE
di CODIGORO, depositata il 31/10/2005;

Data pubblicazione: 19/04/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/03/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
udito l’Avvocato CORBUCCI Carlo, difensore del
ricorrente che si riporta agli atti depositati;

Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 19-8-2004 Luigi Benvenuti quale legale rappresentante della società
cooperativa a r. I. RO.MA.MAR proponeva opposizione presso il Giudice di Pace di Codigoro
awerso l’ordinanza della Capitaneria del Porto di Ravenna del 15-7-2004 con la quale gli era stato

e spese di cui agli artt. 15 lett. A) e 26 primo comma L. 963/1965 in conseguenza dell’accertata
violazione dell’art. 7 lettera B) del D.M. 22-12-2000 per superamento del limite quantitativo
massimo giornaliero di pescato di molluschi bivalvi stabilito in 100 kg.

Il Benvenuti nel ricorso motivava l’opposizione invocando unicamente la non applicabilità della
normativa suddetta alla fattispecie; soltanto con la memoria depositata alla seconda udienza del
14-12-2004 sollevava la nullità delle ordinanze emesse nei confronti del legale rappresentante
della ROMA.MAR e non direttamente di tale società.

Si costituiva in giudizio la Capitaneria di Porto di Ravenna contestando il fondamento
dell’opposizione di cui chiedeva il rigetto.

Il Giudice di Pace adito con sentenza del 16-10-2006 ha confermato l’ordinanza ingiunzione
impugnata.

Per la cassazione di tale sentenza il Benvenuti ha proposto un ricorso articolato in tre motivi; la
parte intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 22 della L n.
689/1981, assume che erroneamente il Giudice di Pace si è limitato a considerare unicamente il
. dato formale dell’allegazione al ricorso in opposizione di un’unica ordinanza ingiunzione, non
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ingiunto il pagamento della complessiva somma di euro 522,82 a titolo di sanzione amministrativa

tenendo conto dell’espressa richiesta nel ricorso stesso dell’annullamento delle sanzioni di cui alle
ingiunzioni identificate attraverso il richiamo ai processi verbali di contestazione; inoltre, atteso
che la disposizione di cui al richiamato art. 22, secondo cui al ricorso deve essere allegata
l’ordinanza ingiunzione, è finalizzata a consentire al giudicante il controllo sulla tempestività

del 16-7-2004, anche ipotizzando che esse fossero state notificate all’esponente in tale ultima
data, il giudicante aveva avuto la possibilità di accertare la tempestività della opposizione a dette
ordinanze, atteso che il ricorso era pervenuto alla cancelleria del Giudice di Pace il 19-8-2004, e
che al procedimento in oggetto si applica l’istituto della sospensione feriale dei termini.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata ha rilevato che il Benvenuti, pur avendo ricevuto diversi verbali di
contestazione e, successivamente, diverse ordinanze ingiunzioni, aveva impugnato soltanto
l’ordinanza ingiunzione n. 166 del 2004, e che dal ricorso introduttivo non era dato desumere se e
quante fossero le ulteriori ingiunzioni ricevute né i loro contenuti; ha aggiunto che il fatto che il
ricorrente nella premessa del ricorso avesse dedotto di aver ricevuto diversi processi verbali,
peraltro non prodotti, non poteva comportare una automatica impugnazione delle conseguenti
ordinanze ingiunzioni, non individuate e neppure allegate, ed ha affermato che l’allegazione del
documento impugnato non soltanto risponde alla necessità di verifica delle tempestività
dell’impugnazione, ma conferisce concretezza al ricorso e ne delimita il campo di azione,
soprattutto quando il ricorso risulta altamente generico, come nel caso di specie.

Tale convincimento è pienamente condivisibile, in quanto il giudizio di opposizione a ordinanza
ingiunzione regolato dagli artt. 22 e 23 della L. n. 689 del 1981 ha ad oggetto la legittimità della
pretesa sanzionatoria della P.A. quale contestata all’autore della violazione e nei limiti dedotti
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dell’opposizione, e considerato che nella fattispecie tutte le ordinanze ingiunzioni recavano la data

dall’opponente nel relativo ricorso, sicché non è in alcun modo consentito un successivo
ampliamento del “thema decidendum”, neppure d’ufficio, rimanendo irrilevante che, su di esso, la
parte interessata abbia accettato il contraddittorio (Cass. 27-10-2006 n. 23284); pertanto, se non è
ammissibile dedurre successivamente alla proposizione del ricorso ulteriori motivi di opposizione

del giudizio ad altre ordinanze ingiunzioni non oggetto dell’originaria impugnazione.

Con il secondo motivo il Benvenuti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2462
c.c. e 3 della L. n. 689/1981, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto legittima
l’irrogazione delle sanzioni di cui alle ordinanze ingiunzioni impugnate all’esponente quale
rappresentante della RO.MA .MAR società cooperativa a r.l. e non già a quest’ultima, che invece
era soggetto di diritto del tutto distinto da colui che ne aveva la rappresentanza legale.

La censura è infondata.

Il Giudice di Pace di Codigoro, ritenendo che ai sensi dell’art. 3 della legge 24-11-1981 n. 689 la
sanzione amministrativa deve essere irrogata alla persona fisica rappresentante di una persona
giuridica in riferimento al principio della soggettività della responsabilità nel compimento
dell’azione o della omissione, si è conformato all’orientamento consolidato di questa Corte
secondo il quale in tema di sanzioni amministrative l’autore della violazione rientrante nell’ambito
di applicazione della legge sopra richiamata, e quindi il diretto destinatario dell’ordinanza
ingiunzione che irroga la sanzione pecuniaria e ne intima il pagamento, può essere soltanto la
persona fisica, mentre la circostanza che tale persona fisica abbia agito come organo o
rappresentante di una persona giuridica spiega rilievo solo al diverso fine della responsabilità
solidale di quest’ultima ai sensi dell’art. 6 della legge 24-11-1981 n. 689 (Cass. 21-9-2000 n. 12497;
Cass. 28-4-2006 n. 9880).
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all’ordinanza ingiunzione impugnata, tanto più è inammissibile estendere l’opposizione nel corso

Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 7 lettera B) del D.M.
22-12-2000 avendo il Giudice di Pace ritenuto che laddove nel suddetto decreto si legge il termine
“unità” in relazione al “pescato massimo giornaliero”, esso è stato utilizzato come sinonimo di
“imbarcazione” e non di “addetto alla pesca, pescatore”, come invece sostiene l’esponente;

dei fatti, erano stati imbarcati tre addetti alla pesca, compreso il Benvenuti, con un quantitativo
massimo da non superare di 300 kg. di vongole (ovvero 100 kg. per ogni unità), che invero era
stato rispettato.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata, nell’interpretare il menzionato art. 7, ha ritenuto che il limite massimo
giornaliero di pescato di molluschi bivalvi stabilito in 100 kg. si riferiva ad ogni singola unità di
imbarcazione, e non ai singoli soggetti presenti; a fondamento del fatto che il termine “unità”
riguardasse le imbarcazioni ha richiamato in particolare l’art. 5 del suddetto decreto secondo il
quale “Il Consorzio determina l’orario di uscita delle unità…”.

Tale convincimento è pienamente condivisibile in quanto frutto di una interpretazione logica oltre
che letterale del decreto predetto in relazione alla sua “ratio”, costituita dal fine di consentire solo
entro certi limiti la pesca giornaliera di molluschi bivalvi; è infatti evidente che l’interpretazione
prospettata dal ricorrente indurrebbe a facili elusioni della disposizione in oggetto, considerato
che l’utilizzazione di imbarcazioni di notevoli dimensioni con la possibile presenza a bordo di un
numero considerevole di pescatori permetterebbe di aggirare facilmente la prevista limitazione
del pescato giornaliero di molluschi bivalvi.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; non occorre procedere ad alcuna statuizione in ordine alle
. spese del presente giudizio non avendo la parte intimata svolto attività difensiva in questa sede.
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pertanto il ricorrente non aveva violato il divieto di cui alla norma citata, posto che, al momento

P. Q. m .

La Corte
Rigetta il ricorso.

li Presidente

Così deciso in Roma il 12-3-2013

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