Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 964 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 20/01/2021), n.964

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17185-2019 proposto da:

E.R., nella qualità di erede di F.D.,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO MARIA

BISCEGLIA;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA PULLI, PATRIZIA CIACCI, MANUELA MASSA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7865/2018 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 29/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Napoli con sentenza n. 7865/2018, resa in sede di procedimento ex art. 445 bis c.p.c., aveva dichiarato la sussistenza del requisito sanitario utile alla indennità di accompagnamento in capo al de cuius F.D. con decorrenza dal marzo 2016 all’ottobre 2016, nonchè dal marzo 2017 al giugno 2017.

Il tribunale aveva ritenuto, all’esito delle indagini peritali svolte nella fase dell’accertamento e nella successiva fase ordinaria, che, pur accertate le patologie denunciate, non fossero presenti le condizioni per la assistenza continua nel periodo intermedio tra il novembre 2016 ed il marzo 2017.

Avverso tale decisione l’erede E.R., proponeva ricorso affidato a due motivi cui resisteva l’Inps con controricorso.

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

E.R. depositava successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con primo motivo è dedotta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver, il tribunale, assunto una decisione divergente rispetto alle conclusioni rassegnate dal CTU del secondo elaborato peritale, attestative della sussistenza del requisito sanitario per tutto il periodo intercorso tra la domanda amministrativa ed il decesso, ed aver invece condiviso le conclusioni del primo ctu.

Il motivo è inammissibile in quanto fa riferimento alla omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, quale vizio denunciato. A tal riguardo deve rilevarsi che ” La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione(Cass.SU n. 8053/2014; Cass. 22598/2018).

Nel caso di specie il tribunale ha fornito la spiegazione della propria decisione di “frammentare” il requisito, richiamando quanto attestato dalla documentazione medica in sede di visita del 24.2.2017 (capacità deambulatoria del periziato), cosi sottraendo la propria decisione a ogni denuncia di carenza motivazionale. Deve peraltro soggiungersi che si tratta di valutazione di merito, censurabile in questa sede non già sulla base di pretesi errori di diritto o di vizi di illogicità e contraddittorietà della motivazione ma unicamente- ai sensi del testo vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – con la specifica indicazione di un fatto storico emergente dagli atti di causa – oggetto di discussione tra le parti ed avente rilievo decisivo – non esaminato nella sentenza impugnata. A tale onere la parte non ha adempiuto, contrapponendo, piuttosto, alle valutazioni del ctu, fatte proprie dal giudicante, un diverso apprezzamento delle medesime patologie, corrispondente alle proprie aspettative (Cass. n. 7886/2019).

Il motivo risulta pertanto inammissibile.

2) Con il secondo motivo è denunciata la violazione ed errata applicazione delle disposizione in materia di spese nonchè vizio di motivazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5),

Il motivo è fondato. Rilevava il ricorrente che la assenza di motivazione sulla liquidazione delle spese non aveva consentito di comprendere quali fossero i parametri di riferimento utilizzati per la determinazione delle stesse. Rilevava comunque la incongruità della somma liquidata (Euro 1.200,00) rispetto al valore della controversia.

Si osserva che, ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili in ragione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali deve applicarsi il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, di talchè, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (Cass. S.U. n. 10455 del 2015). Applicando tali principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare delle mensilità della prestazione riconosciuta (11 mesi di indennità di accompagnamento), ed i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito, vanno individuati in 911,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4) e, trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 (cause di previdenza), in Euro 2.251,00 per il giudizio di merito (risultanti dalla somma di Euro 442,50 per la fase di studio, Euro 370,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 475,50 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 962,00 per la fase decisionale, dovendosi ridurre le prime due e la fase decisionale del 50% e la fase istruttoria del 70%, ancora ai sensi del citato D.M. n. 55 del 2014, art. 4).

Con riguardo alla fase istruttoria e/o di trattazione, la riduzione va operata sottraendo il 70% all’importo del parametro medio, dovendo così interpretarsi il disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, che testualmente prevede un riduzione “fino al 70 per cento” dell’importo liquidato per tale fase. Avuto riguardo all’importo dianzi delineato, balza evidente come la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnata sentenza sia inferiore a detti minimi, nè risulta alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali.

Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata per quanto di ragione e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito liquidando le spese in complessivi Euro 3.162,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15% (cui va detratta la somma già eventualmente pagata)

Le spese del giudizio di legittimità seguono il principio della soccombenza. Tenuto conto dell’accoglimento solo in minima parte della domanda e della consequenziale sussistenza dei presupposti della soccombenza reciproca (cfr. in tal senso Cass. n. 21684 del 2013), le spese del presente giudizio di legittimità vanno compensate per la metà tra le parti.

In considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso; dichiara inammissibile il primo motivo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in Euro 3.162,00 per compensi professionali oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge con distrazione al procuratore antistatario. Compensa per metà le spese del giudizio di legittimità e pone la residua parte a carico dell’Inps liquidandola in Euro 1.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA