Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9639 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 26/05/2020), n.9639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29627-2018 proposto da:

V.A., titolare dell’omonima ditta individuale, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FELICE GROSSI GONDI, 62, presso lo studio

dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati

GAETANO GIGLIO, GIUSEPPE AGNUSDEI;

– ricorrente –

contro

GRUPPO S. ALBERGHI E VILLAGGI SRL UNIPERSONALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO ALFONSO FOLLIERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1200/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 5/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA

SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel 1998 Immobiliare S.F. S.r.l. acquistò un fabbricato dalla società Le Fontanelle S.r.l., successivamente incorporata (nel 2007, con atto pubblico di fusione) in Gruppo S. Alberghi e Villaggi S.r.l..

La società acquirente, constatata l’esistenza di vizi e difetti del fabbricato, convenne in giudizio la società venditrice per sentirla condannare all’esecuzione delle opere necessarie per l’eliminazione dei detti vizi nonchè al rimborso delle spese sostenute per la riparazione dei difetti e al risarcimento dei danni. Nel corso di quel giudizio la società venditrice chiamò in causa V.A., titolare dell’impresa esecutrice dei lavori di realizzazione del fabbricato, il quale assunse espressamente l’obbligo di tenere indenne la Fontanelle S.r.l. da ogni eventuale responsabilità connessa a vizi di costruzione del fabbricato. Il Tribunale adito condannò la società venditrice all’eliminazione dei vizi accertati nonchè al pagamento di Euro 3.873,43 a titolo di penale e di Euro 193,22, a titolo di rimborso dei costi indicati nella motivazione di quella sentenza, accolse la domanda di manleva della società venditrice e, quindi, condannò il V. in relazione agli obblighi assunti.

Dopo circa un anno dalla fusione tra Le Fontanelle S.r.l. e Gruppo S. Alberghi e Villaggi S.r.l., in data (OMISSIS), con scrittura privata di transazione tra la società incorporante e Immobiliare S. S.r.l., Gruppo S. Alberghi e Villaggi S.r.l. offrì e la società acquirente accettò, con dichiarazione di quietanza liberatoria, la somma onnicomprensiva di Euro 120.000,00, con la precisazione che Euro 26.000,00, oltre IVA, erano da imputare all’eliminazione dei vizi accertati in sentenza, la somma di Euro 5.261,72 era da imputare a titolo di penale secondo quanto stabilito in sentenza e comprensiva degli interessi maturati, Euro 206,74 erano da imputare a titolo di rimborso del costo dei lavori eseguiti dalla società acquirente per l’eliminazione dei vizi indicati alla lett. B) della sentenza n. 210/2007, come stabilito nella già richiamata sentenza e compresi gli interessi maturati.

Sollecitata inutilmente l’impresa di costruzioni V.A. al pagamento della somma di Euro 31.468,46 nonchè degli altri importi dovuti e anticipati da Gruppo S. Alberghi e Villaggi S.r.l., quest’ultima adì le vie legali.

Pronunciando sulla domanda proposta, con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., notificato nel 2012, da Gruppo S. Alberghi e Villaggi S.r.l. nei confronti di V.A., titolare dell’omonima impresa di costruzioni, e volta ad ottenere: 1) in via principale, la condanna dell’impresa Costruzioni V.A. al pagamento, in favore della predetta società, della somma di Euro 31.468,46, da quest’ultima già versata all’Immobiliare S. S.r.l., nonchè della somma di Euro 588,00, quale importo dovuto a titolo di rimborso per la registrazione della sentenza n. 210/2007 del Tribunale di Lucera Sezione distaccata di Rodi Garganico, imposta già pagata da Gruppo S. Alberghi e Villaggi S.r.l., per un totale di Euro 32.056,00; 2) in subordine, la condanna dell’impresa resistente al pagamento di quella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, da liquidarsi in via equitativa; 3) il tutto con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa da distrarsi in favore del procuratore antistatario, il Tribunale di Foggia – Articolazione di Lucera (ex Sezione distaccata di Rodi Garganico), con ordinanza n. 330 del 1 aprile 2014, ritenendo che l’obbligazione di dare, di cui all’accordo transattivo, essendo differente dall’obbligazione di facere derivante dal titolo giudiziale, non poteva essere fatta valere nei confronti del convenuto condebitore, rigettò il ricorso e condannò la società ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese di lite.

Avverso tale pronuncia Gruppo S. Alberghi e Villaggi S.r.l. propose appello, ribadendo le richieste già formulate e chiedendo altresì, in via ulteriormente subordinata, la condanna del V. al pagamento, a titolo di ingiustificato arricchimento, della somma di Euro 32.056,00 o di quella somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, da liquidarsi in via equitativa.

L’appellato resistette all’impugnazione.

La Corte di appello di Bari, con sentenza n. 1200/2018, pubblicata il 5 luglio 2018, accolse il gravame per quanto di ragione e, per l’effetto, condannò V.A. al pagamento, in favore del Gruppo S. Alberghi e Villaggi S.r.l. della somma di Euro 26.000,00, oltre IVA, quale corrispettivo spettante, per effetto dell’intervenuta datio in solutum, in luogo della precedente obbligazione di facere, e della somma di Euro 588,00, quale importo dovuto a titolo di rimborso per la registrazione della sentenza n. 210/07, nonchè alla rifusione, in favore della parte appellante, delle spese del doppio grado del giudizio di merito, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.

Avverso la sentenza della Corte di merito V.A., titolare dell’omonima ditta individuale, ha proposto ricorso per cassazione basato su due articolati motivi e illustrato da memoria, cui ha resistito Gruppo S. Alberghi e Villaggi S.r.l. unipersonale con controricorso.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il secondo motivo, da esaminare, secondo l’ordine logico, per primo, è così rubricato: “Nullità della del (così testualmente) procedimento – Omessa motivazione (Art. 360 c.p.c., n. 4, in rel. all’art. 360 c.p.c., n. 5)”.

1.1. Il ricorrente, con le doglianze riportate sotto la lett. A) del mezzo, sostiene che la Corte di merito avrebbe omesso di motivare su un punto decisivo della controversia, non essendovi nella sentenza impugnata alcun riferimento all’eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 702-quater c.p.c., in quanto, ad avviso del V., solo l’ordinanza di accoglimento del ricorso introduttivo del procedimento sommario di cognizione possiede attitudine ad acquistare autorità di cosa giudicata ed è, pertanto, suscettibile di impugnazione mediante appello, sicchè l’appello proposto avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile con conseguente erroneità della sentenza impugnata.

1.2. Con le censure riportate sotto la lett. B) del motivo all’esame, il V. evidenzia un ulteriore profilo di inammissibilità dell’appello per l’operata modifica, su cui non vi è accettazione del contraddittorio, del petitum e della causa petendi rispetto a quanto indicato nel ricorso introduttivo, lamentando che anche in relazione a tale punto decisivo della controversia nulla avrebbe motivato la Corte territoriale.

1.3. Le censure riportate sotto la lett. A) del motivo all’esame vanno disattese.

Si evidenzia, al riguardo, che l’omessa pronuncia su un’eccezione, nella specie processuale, non costituisce un fatto principale o secondario, sicchè, ove – come pure avvenuto nel caso all’esame – il vizio sia dedotto come violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 1.34 del 2012, la censura così formulata deve essere dichiarata inammissibile.

Il vizio di omissione di pronuncia non è configurabile su questioni processuali sicchè risulta inammissibile la doglianza anche sotto tale profilo (Cass., ord., 25/01/2018, n. 1876).

Infine, va osservato che, comunque, la tesi di inammissibilità dell’appello avverso l’ordinanza di rigetto emanata a conclusione del giudizio di primo grado svoltosi secondo il rito sommario è infondata, avendo questa Corte già avuto modo di affermare – e ciò va ribadito in questa sede – che nel procedimento sommario di cognizione, anche l’ordinanza di rigetto della domanda è appellabile ex art. 702-quater c.p.c., il cui richiamo all’art. 702-ter c.p.c., comma 6, va letto in continuità col comma 5, quest’ultimo riferito sia all’accoglimento che al rigetto, essendo peraltro contraria ai principi di eguaglianza, ragionevolezza e difesa un’appellabilità secundum eventum litis (Cass., ord., 2/11/2015, n. 22387; Cass., ord., 8/03/2017, n. 5840).

1.4. Le censure formulate nella lett. B) del mezzo all’esame sono inammissibili per difetto di specificità, non essendo stati riportati gli atti da cui desumere la dedotta modificazione del petitum e della causa petendi e a tale deficienza non può ovviarsi con la memoria, che ha funzione meramente illustrativa (Cass. 20/12/2016, n. 26332).

2. Con il primo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione di norme di legge (artt. 115 e 116 c.p.c.). Insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti decisivi per il giudizio”, il ricorrente, sotto la lett. A), lamenta che la Corte di merito abbia erroneamente ritenuto a lui applicabili gli effetti della transazione del (OMISSIS), essendo il V. rimasto estraneo all’accordo in parola, e, sotto la lettera B), denuncia che quella medesima Corte avrebbe errato nel ritenere sussistente il vincolo solidale passivo tra il V. e la società attuale controricorrente, sostenendo che egli era stato, con la sentenza n. 210/2007 condannato, in manleva, a “rivalere Le Fontanelle SRL dagli obblighi di eliminazione del vizio di cui al punto a) della motivazione…” e, quindi, ad un facere e non ad un dare e che la circostanza che, successivamente a detta sentenza, in pendenza di un procedimento cui egli era estraneo, sia intervenuto un accordo modificativo dell’oggetto della condanna, trasformandolo in un dare, in sostituzione del facere previsto in sentenza, non potrebbe trovare efficacia nei suoi confronti, essendo egli terzo estraneo. Ad avviso del ricorrente, l’accordo del (OMISSIS) avrebbe determinato una novazione dell’obbligazione e, non avendo il V. partecipato a tale accordo, sarebbe venuta meno la solidarietà dell’obbligazione.

2.1. Il motivo è complessivamente inammissibile.

La censura relativa alla dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non risulta articolata secondo i criteri indicati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 10/06/2016, n. 11892; Cass., sez. un., 5/08/2016, n. 16598, in particolare p. 14 della motivazione; v. anche Cass., ord., 28/02/2018, n. 4699).

Il motivo difetta pure di specificità, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, neppure essendo stati riprodotti almeno sufficientemente per la parte rilevante in questa sede – gli atti su cui le censure ivi sollevate sono fondate, nè sono state precisate la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte degli stessi e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass., sez. un., ord., 25/03/2010, n. 7161; Cass., ord., 20/11/2017, n. 27475).

Inoltre, si evidenzia che la rubrica non corrisponde in toto all’illustrazione del motivo e che nella medesima rubrica sono indicati pure vizi motivazionali secondo il paradigma di cui al previgente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non applicabile, ratione temporis, al caso in esame.

3. La memoria del ricorrente non fornisce elementi tali da scalfire i rilievi che precedono.

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, disponendosene la chiesta attribuzione in favore dell’avv. Mario Alfonso Follieri, dichiaratosi antistatario.

6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con attribuzione in favore dell’avv. Mario Alfonso Follieri, antistatario; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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