Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9636 del 22/04/2010

Cassazione civile sez. I, 22/04/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 22/04/2010), n.9636

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – President – –

Dott. PICCININNI Carlo – Consiglie – –

Dott. MACIOCE Luigi – Consiglie – –

Dott. BERNABAI Renato – Consiglie – –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consiglie – –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Canosa di Puglia in persona del Sindaco, elettivamente

domiciliato in Roma, via D. Azuni 9, presso l’avv. De Camelis

Raffaella, rappresentato e difeso dall’avv. Ciccarelli Graziano

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.M.L., elettivamente domiciliato in Roma, via Tacito 23,

presso l’avv. De Giovanni Graziano, rappresentato e difeso dall’avv.

Michele Trentadue giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari n. 339/04 del

27.4.2004.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

9.2.2010 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Udito l’avv. Salemme su delega per il controricorrente;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 20.7.1993 il Tribunale di Trani emetteva sentenza non definitiva con la quale, in relazione alla domanda di condanna del Comune di Canosa di Puglia proposta da D.M.L. con riferimento all’occupazione di terreno a lui appartenente, rigettava le eccezioni di incompetenza per materia e di prescrizione sollevate dal convenuto, dichiarava che l’attore aveva subito occupazione illegittima, condannava infine il Comune al risarcimento del danno conseguente, da quantificare nel prosieguo del giudizio.

La decisione, impugnata dal Comune, veniva poi confermata dalla Corte di Appello di Bari, che in particolare rilevava: a) che la domanda del D.M. doveva essere qualificata come risarcitoria anziche’ di opposizione alla stima, circostanza da cui sarebbe discesa la competenza del giudice adito; b) che il giudizio, instaurato il 14.6.91, era stato promosso prima che maturasse il termine di prescrizione quinquennale previsto dalla legge. Cio’ in quanto la relativa decorrenza sarebbe iniziata a far tempo dalla data di cessazione del periodo di occupazione legittima, risalente al settembre 1972 (calcolando cinque anni a partire dal settembre 1967 in cui era avvenuta la prima occupazione), e successivamente sarebbero stati posti in essere diversi atti interruttivi (segnatamente lettere del 18.4.1977, del 3.9.81, del 15.4.82, del 13.9.82, cui aveva poi fatto seguito la diffida del 9.6.87).

Avverso la detta sentenza il Comune proponeva quindi ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resisteva D.M. con controricorso.

Entrambe le parti depositavano infine memoria.

La controversia veniva successivamente decisa all’esito dell’udienza pubblica del 9.2.2010.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i tre motivi di impugnazione il Comune di Canosa di Puglia ha rispettivamente denunciato: 1) violazione di legge e vizio di ultrapetizione in ragione del fatto che il tribunale, omettendo di pronunciarsi in ordine alla qualificazione dell’azione, avrebbe poi statuito sulla domanda iniziale esclusivamente tesa alla determinazione dell’indennita’ di esproprio e la Corte di appello, con analoga omissione valutativa relativamente “alla incerta qualificazione della domanda azionata dall’attore”, avrebbe di fatto e immotivatamente superato la contraddittoria decisione del primo giudice;

2) violazione di legge sotto il profilo che, ove la domanda fosse stata correttamente qualificata come richiesta di indennizzo per intervenuto esproprio, la sentenza impugnata avrebbe dovuto comunque essere cassata anche per violazione della L. n. 865 del 1971, art. 19;

3) violazione degli artt. 2934, 2946 e 2947 c.c. per il mancato riconoscimento della prescrizione. Questa avrebbe infatti iniziato il suo decorso a far tempo dalla data di ultimazione dei lavori nel fabbricato di sua proprieta’ (avvenuta per il rustico il 10.1.1968, con rifiniture definitivamente concluse il 31.7.1968) e di destinazione del suolo occupato a strada (mai realizzata), mentre il primo atto interruttivo sarebbe costituito dalla lettera del 18.4.1977, e quindi quando la prescrizione del diritto azionato si sarebbe gia’ verificata.

Le censure sono infondate.

Sul primo motivo si osserva infatti che nella specie si tratta di questione relativa alla qualificazione della domanda, in quanto tale rimessa alla valutazione del giudice del merito, che “al di la’ dell’equivoca terminologia adottata” ha ritenuto di escludere la configurabilita’ di un’opposizione alla stima, ravvisando viceversa una richiesta risarcitoria.

La valutazione del giudice del merito e’ anche confortata dall’ulteriore considerazione confermativa “che in riferimento al bene de quo non risulta essere intervenuto alcun decreto di espropriazione”, mentre comunque la censura appare del tutto generica, essendo sostanzialmente incentrata sulla prospettazione di una interpretazione difforme da quella adottata dal giudice del merito.

In ogni modo la doglianza e’ infondata anche per altro verso, considerato che da quanto riferito nello stesso ricorso (pp. 1, 2) risulta che l’attore, su invito del giudice istruttore, aveva precisato il contenuto della domanda, alla quale il Comune convenuto non aveva proposto opposizione, accettando dunque implicitamente il contraddittorio.

E’ poi assorbito il secondo motivo, che presuppone l’avvenuta qualificazione della domanda come richiesta di indennizzo per intervenuto esproprio, ipotesi esclusa alla luce del mancato accoglimento del primo motivo.

Resta infine il terzo motivo, con il quale il Comune ha lamentato l’affermata inapplicabilita’ della prescrizione quinquennale.

La doglianza e’ tuttavia priva di pregio, innanzitutto per l’errata individuazione del termine iniziale di decorrenza (nella data di ultimazione dei lavori, che comunque non risulta dalla sentenza impugnata e richiederebbe non consentiti accertamenti in fatto), a fronte della corretta statuizione sul punto della Corte di appello, che lo aveva fissato nella data di cessazione del periodo di occupazione legittima (C. 07/7981, C. 06/2824). Inoltre in quanto la Corte di appello ha ritenuto non maturato il quinquennio prescrizionale in ragione dei diversi atti interruttivi analiticamente segnalati, profilo sul quale il Comune ricorrente ha omesso ogni valutazione.

La mancata impugnazione della statuizione relativa all’indicazione del termine di decorrenza iniziale della prescrizione e la richiamata omissione in ordine agli atti interruttivi analiticamente indicati rendono dunque viziato sul piano della necessaria specificita’ la doglianza oggetto di esame.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il comune di Canosa di Puglia alle spese, che liquida in Euro 2.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2010

 

 

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