Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9635 del 22/04/2010
Cassazione civile sez. I, 22/04/2010, (ud. 02/02/2010, dep. 22/04/2010), n.9635
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado – President – –
Dott. FELICETTI Francesco – Consiglie – –
Dott. RORDORF Renato – Consiglie – –
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consiglie – –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consiglie – –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 23796-2008 proposto da:
T.M. (c.f. (OMISSIS)), domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa e difesa dall’avvocato AMICI
MICHELE MARIA, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
– intimato –
nonche’ da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
T.M.;
– intimata –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il
27/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
02/02/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato A. LANDI che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ABBRITTI PIETRO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
IN FATTO ED IN DIRITTO
T.M. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi avverso il provvedimento emesso dalla Corte d’appello di Firenze in data 23.5.08 con cui il Ministero della Giustizia veniva condannata ex lege n. 89 del 2001 al pagamento di un indennizzo di Euro 10.000,00 in favore della ricorrente per l’eccessivo protrarsi di un processo penale svoltosi nell’arco di due gradi di giudizio dal gennaio 1993 al settembre 2007.
Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso proponendo altresi’ ricorso incidentale articolato su due motivi.
Il decreto impugnato ha accolto la domanda di equo indennizzo per danno non patrimoniale nella misura dianzi specificata avendo accertato una durata irragionevole di anni nove e mesi otto circa sulla base di una ritenuta durata ragionevole di anni tre per il primo grado di giudizio e due per il secondo.
I ricorsi vanno preliminarmente riuniti.
II primo motivo del ricorso principale con cui si deduce l’erroneita’ della decisione per non avere essa computato il danno in relazione all’intera durata del processo e per essersi inoltre discostata dai parametri di liquidazione del danno stesso stabiliti dalla Cedu e’ infondato.
Invero questa Corte ha ripetutamente affermato che il danno non patrimoniale va riconosciuto unicamente in relazione al periodo eccedente la durata ragionevole del processo in ragione della espressa statuizione normativa di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2.
Quanto poi alla liquidazione del danno, la Corte d’appello avendo liquidato lo stesso sulla base di Euro mille per anno di ritardo si e’ attenuta ai parametri Cedu.
11 secondo motivo con cui ci si duole della avvenuta compensazione delle spese di giudizio e’ inammissibile.
La Corte d’appello ha infatti basato la propria decisione su due rationes decidendi, la prima errata, secondo cui il Ministero non avrebbe dato causa al giudizio non potendo procedere a liquidazione del danno in via amministrativa, poiche’ la causa del danno e’ da stabilirsi nella eccessiva durata del processo mentre la seconda e’ corretta in quanto fondata sul parziale accoglimento della domanda.
Tale seconda ratio decidendi, espressione di una valutazione discrezionale del giudice di merito adeguatamente motivata, non e’ suscettibile di sindacato in questa sede di legittimita’.
Con il primo motivo di ricorso di ricorso incidentale, il Ministero deduce la nullita’ del decreto impugnato per essere stato lo stesso sottoscritto unicamente dal Presidente del collegio, mentre trattandosi di un provvedimento collegiale e decisorio avente natura di sentenza doveva essere sottoscritto anche dal giudice relatore.
Il motivo e’ infondato.
Questa Corte ha gia’ avuto occasione di affermare che il provvedimento con cui, a norma della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3, comma 6, la corte di appello pronuncia sul ricorso e’ emesso nella forma del decreto (immediatamente esecutivo ed impugnabile per cassazione) e, pertanto, sebbene abbia forma collegiale e natura decisoria, esso deve essere sottoscritto, secondo quanto disposto dall’art. 135 c.p.p., comma 4, dal solo presidente del collegio, senza che sia necessaria la firma del relatore. (Cass. 2969/06).
Con il secondo motivo il Ministero prospetta un possibile vantaggio per il ricorrente derivante dal protrarsi del processo tuttora pendente in cassazione per effetto di una possibile futura prescrizione del reato.
Trattasi evidentemente di una mera ipotesi, priva di alcun effettivo riscontro nella fase di merito e, come tale, insuscettibile di valutazione da parte di questa Corte.
In conclusione entrambi i ricorsi vanno respinti. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese.
PQM
Riunisce i ricorsi e li rigetta; spese compensate.
Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 22 aprile 2010