Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9633 del 19/04/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9633 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

SENTENZA

sul ricorso 5509-2007 proposto da:
GREGORI MARIANNA, GREGORI FILIPPO GRGFPP76T11H501Y,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SAN NICOLA DE
CESARINI 3, presso lo studio dell’avvocato SBORDONI
STEFANO, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato BENINCASA MAURIZIO;
– ricorrenti –

2013
nonchè contro

189

CHIOCCHETTI ADRIANO;
– intimati –

sul ricorso 10274-2007 proposto da:

Data pubblicazione: 19/04/2013

CHIOCCHETTI ADRIANO CHCRDN44M21F263T, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 15, presso lo
studio dell’avvocato CIDDIO FRANCESCO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato PENSINI
EUGENIO;

nonchè contro

GREGORI FILIPPO, GREGORI MARIANNA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 260/2006 della CORTE D’APPELLO
di TRENTO, depositata il 17/08/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/01/2013 dal Consigliere Dott. PASQUALE
D’ASCOLA;
udito l’Avvocato SBORDONI Stefano, difensore dei
ricorrenti che si riporta agli atti depositati;
udito l’Avvocato CIDDIO Francesco, difensore del
resistente che si riporta al controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

– controri corrente ricorrente incidentale –

Svolgimento del processo

1) E’ controversa la proprietà di due stanze di un compendio
immobiliare sito in Moena.
Le due stanze facevano parte della abitazione della famiglia
Chiocchetti e alla morte del capofamiglia Giacomo, avvenuta nel

impugnata, l’ultimo ad allontanarsene fu nel 1989 il figlio
Massimiliano, lasciandovi la sorella Claudia, che visse da sola
fino al 1997 e, successivamente, fino alla morte, con i nipoti
Filippo e Marianna Gregori, odierni ricorrenti, suoi aventi causa.
Nel 1984 i fratelli Chiocchetti erano pervenuti alla divisione dei
beni con atto notarile, ditalchè a Claudia era stata assegnata la
casa ove abitava e al fratello Adriano la part. ed. 150.
Nel gennaio 2004 i Gregori agirono nei confronti di Adriano
Chiocchetti, che risultava essere proprietario dell’area sulla
quale insistevano le due stanze, autonomamente mai intavolate.
Chiesero il riconoscimento dell’intervenuta usucapione del diritto
di proprietà e in subordine del diritto di abitazione.
La domanda venne respinta dal tribunale di Trento, che accolse la
domanda di rilascio spiegata dal Chiocchetti, riconosciuto come
proprietario della particella ed. 150 della quale i due locali
facevano parte.
Compensò le spese di lite.
2)La Corte di appello il 17 agosto 2006 ha rigettato l’appello dei

n. 5509- 07 D’Ascola rei

3

1968, vi restarono ad abitare alcuni figli; stando alla sentenza

Gregori. Ha rilevato che tra la divisione dei beni con
assegnazione della casa alla dante causa avvenuta nell’agosto 1984
e la data della citazione, 2004, non erano trascorsi venti anni.
Gli attori hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 14

Chiocchetti ha resistito con controricorso e ha svolto ricorso
incidentale in ordine al regolamento delle spese di lite in primo
grado .
Le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
3)11 primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli
artt.1158, 1164 cc.; 115, 116, 228, 229 c.p.c. vizi di
motivazione.
I ricorrenti contestano la motivazione della sentenza “circa la
dichiarata mancata prova del possesso esclusivo ventennale dei due
vani oggetto di causa”.
Sostengono che la dante causa avrebbe sempre posseduto l’intera
abitazione, comprensiva delle due stanze, facendo abitare il
fratello Massimiliano dopo il 1985 solo a titolo di ospitalità e
che ne avrebbe trasmesso il possesso ai suoi eredi.
Quanto ai profili invocati ex art. 360 n. 3 c.p.c. il motivo si
conclude con il seguente quesito: “dica l’eccellentissima corte se
il compossessore

pro indiviso

di un bene immobile che abbia

conseguito il possesso esclusivo su una parte di esso in seguito a

n. 5509- 07 D’Ascola rel

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febbraio 2007,

divisione, possa invocare

erga omnes,

per l’usucapione su tale

porzione, anche il precedente compossesso, alla stregua della sua
sopravvenuta qualità di successore nella quota di compossesso
degli altri condividenti.”

infondate.
La sentenza d’appello, confermando quella di primo grado, ha
correttamente evidenziato che il possesso utile ad usucapire non
poteva maturare nel periodo 1968 – 1984, inferiore ai venti anni,
ma solo dopo il 1984.
Il rilievo è inattaccabile, perché a quel momento intervenne la
divisione negoziale, con atto notarile, con gli altri eredi.
Ciò comportava il riconoscimento inequivocabile e formale della
sussistenza della comproprietà e del diritto degli altri comunisti
sul bene assegnato a Claudia Gregori.
Invano viene citata in ricorso giurisprudenza che riconosce la
possibilità del condividente di riunire e far valere il possesso
esercitato prima della divisione con quello successivamente
esercitato prima e dopo la divisione.
Detta giurisprudenza si riferisce ai rapporti tra il coerede
assegnatario e i terzi, ma non ai rapporti con gli altri coeredi.
Nei confronti di costoro,
de culus,

il coerede il quale, dopo la morte del

sia rimasto nel possesso del bene ereditario, può

usucapire la quota degli altri coeredi, ma deve farlo prima della

n. 5509- 07 D’Ascola rei

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3.1)Le censure, da esaminare congiuntamente, sono manifestamente

divisione (arg. ex Cass. 7221/09; 27287/05; 12260/02).
Tale atto infatti è incompatibile con la pretesa di essere già
divenuto proprietario esclusivo.
4) Anche il secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli

due censure.
La ricorrente si duole dell’accoglimento della riconvenzionale del
resistente, volta al riconoscimento della di lui proprietà sulle
stanze contese e lamenta (cfr rubrica, che tiene luogo del momento
di sintesi di cui all’art. 366 bis c.p.c.) che esse siano state
incluse nella particella ed. 150 e che non sia stata ritenuta
“l’esistenza di una situazione di malafede in capo a Adriano
Chiocchetti”.
Il motivo si conclude con il seguente quesito, decisivamente
imperniato sulla malafede del resistente: “Dica l’Ecc.ma Corte se,
per poter invocare la tutela derivante dal principio della
pubblica fede, a mente della Legge Tavolare, non sia sufficiente
il mero richiamo alle risultanze di libri fondiari, allorchè sia
dimostrato che il titolare del diritto iscritto sia a conoscenza
in concreto – o avrebbe aliunde potuto conoscere – la vicenda non
pubblicata e ostativa del suo acquisto”.
4.1)La doglianza, che lamenta
tavolare

l’errata applicazione della legge

in presenza di prova della mala fede del convenuto, il

quale “sarebbe stato sempre a conoscenza della titolarità dei due

n. 5509- 07 D’Ascola rei

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artt.948 c.c., 115, 116 cpc e vizi di motivazione) si articola in

beni contesi in capo alla sorella”, è inammissibile, perché
presuppone lo scrutinio di una questione di fatto (la prova della
malafede del resistente) nuova, in quanto non risultante dalla
sentenza di appello.

giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti
trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che
proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al
fine di evitare una statuizione di

inammissibilità

per novità

della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della
questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in
quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo
alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità
di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione
stessa.(Cass. 20518/08; 7981/07; 24382/10; 4787/12).
4.2)Quanto alla appartenenza e riferibilità delle due stanze
contese alla particella del convenuto, l’affermazione risoluta
espressa dalla Corte d’appello trova riscontro nella stessa
articolazione dell’iniziativa giurisdizionale, che muove dal
presupposto che la situazione legalmente apparente (favorevole al
Chiocchetti) non corrispondeva a quella sostenuta in citazione: in
caso diverso non sarebbe stata introdotta la domanda volta al
riconoscimento della usucapione, ma altro tipo di pretesa.
Anche il secondo motivo è quindi per ogni profilo privo di pregio.

n. 5509- 07 D’Ascola rei

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Una volta di più va ribadito che ove una determinata questione

Di qui il rigetto del ricorso principale.
5) Merita rigetto anche il ricorso incidentale.
La censura concerne l’avvenuta compensazione delle spese di lite,
dichiarata in primo grado.

sulla domanda promossa in via incidentale riguardante la
liquidazione delle spese di primo grado” e osserva che “né il
giudice di primo grado né il Giudice di secondo grado hanno
dedicato alcuna attenzione circa la condanna alle spese”.
La censura, di carattere processuale, che consente su questo punto
l’esame degli atti di causa, risulta infondata, giacché la
sentenza di primo grado aveva motivato la compensazione delle
spese (pag. 4), facendo specifico riferimento alla “parziale
soccombenza” e alla “condotta processuale di entrambe le parti”.
La soccombenza del Chiocchetti si riferiva alla domanda
risarcitoria che aveva svolto.
La doglianza deriva quindi da una incompleta lettura della
sentenza di primo grado, espressamente confermata in dispositivo
da quella di appello.
Discende da quanto esposto il rigetto dei ricorsi, qui riuniti
perché rivolti contro la stessa sentenza e numerati diversamente
(art. 335 c.p.c.).
La

reciproca

soccombenza

in

questa

sede

giustifica

la

compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
n. 5509- 07 D’Ascola rei

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Parte ricorrente incidentale lamenta la omissione di pronuncia

La Corte rigetta i ricorsi riuniti.
Spese compensate

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della seconda
sezione civile tenuta il 24 gennaio 2013
Il Presi

Il cons. est

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