Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9631 del 26/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/05/2020, (ud. 19/09/2019, dep. 26/05/2020), n.9631

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4914-2018 proposto da:

I.A., elettivamente domiciliata in Roma, Via Savonarola, n.

39, presso lo studio dell’avvocato Carmine Pellegrino, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L., in persona del Curatore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Rossella Barberio ed

elettivamente domiciliata in Roma, Via Aureliana, n. 63, presso lo

studio dell’avvocato Sara Di Cunzolo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1259/2017 della Corte d’appello di Catanzaro,

depositata il 04/07/2017;

letta la proposta formulata dal Consigliere relatore ai sensi degli

artt. 376 e 380-bis c.p.c.;

letti il ricorso, il controricorso e le memorie difensive;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19 settembre 2019 dal Consigliere Dott. Cosimo

D’Arrigo.

Fatto

RITENUTO

I.A. proponeva opposizione avverso l’atto di precetto notificatole in data 2 ottobre 2010, sulla base di un decreto ingiuntivo ottenuto dalla Curatela del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. per l’importo complessivo di Euro 122.191,30, oltre accessori.

L’opponente, in particolare, deduceva che il decreto ingiuntivo non le era mai stato notificato e pertanto proponeva, contestualmente, opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c..

Il Tribunale di Cosenza rigettava l’opposizione, con condanna della I. alle spese di lite.

Costei impugnava la decisione, ma la Corte d’appello di Catanzaro rigettava il gravame, con ulteriore condanna alle spese processuali. Avverso la decisione la I. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. La Curatela del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso.

Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c., (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata.

La ricorrente ha depositato memorie difensive.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

Con il primo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 149 e 160 c.p.c., degli artt. 2697 e 2729 c.c. e della L. n. 890 del 1982, art. 7.

La censura riguarda la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la notificazione del decreto ingiuntivo fosse valida.

Il motivo è inammissibile ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, in quanto non offre argomenti per rivedere la consolidata giurisprudenza di questa Corte.

In particolare, la Corte d’appello ha rilevato che il decreto ingiuntivo era stato notificato in (OMISSIS), a persona qualificatasi come convivente; che la I. aveva effettivamente risieduto in (OMISSIS), sebbene al numero civico (OMISSIS) anzichè (OMISSIS); che nella stessa (OMISSIS) risiedevano alte due omonime, ma nessuna di queste al numero civico (OMISSIS); che, in ragione della presunzione derivante dall’essersi dichiarata la persona ricevente il plico convivente con la destinataria, sarebbe spettato all’opponente provare altrimenti (anche a mezzo di testimoni) di non aver ricevuto l’atto.

Tale decisione è immune da censure di legittimità, in quanto questa Corte ha già ripetutamente affermato che, in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, la consegna del piego a persona di famiglia convivente con il destinatario nel luogo indicato sulla busta contenente l’atto da notificare fa presumere che in quel luogo si trovino la residenza effettiva, la dimora o il domicilio del destinatario, con la conseguenza che quest’ultimo, qualora intenda contestare in giudizio tale circostanza al fine di ottenere la dichiarazione di nullità della notifica, ha l’onere di fornire idonea prova contraria. Tale prova, peraltro, non può essere fornita mediante la produzione di risultanze anagrafiche che indichino una residenza diversa dal luogo in cui è stata effettuata la notifica, in quanto siffatte risultanze, aventi valore meramente dichiarativo, offrono a loro volta una mera presunzione, superabile alla stregua di altri elementi idonei ad evidenziare, in concreto, una diversa ubicazione della residenza effettiva deldestinatario, presso la quale, pertanto, la notificazione è validamente eseguita, ed il cui accertamento da parte del giudice di merito non è censurabile in sede di legittimità (Sez. 1, Sentenza n. 24852 del 22/11/2006, Rv. 593223 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 10091 del 30/04/2009, Rv. 607780 – 01).

Neppure le note difensive (erroneamente intestate ex art. 378 c.p.c., nonostante il ricorso venga trattato in adunanza camerale non partecipata ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.), contengono argomenti idonei a determinare un mutamento di giurisprudenza, in quanto si limitano a riproporre le medesime difese già illustrate nel ricorso introduttivo.

Dalla ritenuta validità della notificazione del decreto ingiuntivo discende l’inammissibilità dell’opposizione tardiva proposta ai sensi dell’art. 650 c.p.c.. Pertanto, il secondo motivo, che è relativo a questo profilo, è assorbito.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.

Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, a carico della parte impugnante e soccombente, di un ulteriore importo pari al contributo unificato già dovuto per l’impugnazione proposta.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2020

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