Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9631 del 13/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 13/04/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 13/04/2021), n.9631

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2135/2015 R.G. proposto da:

S.R., in proprio e quale legale rappresentante della Rosatex

di S.R. & C. sas e della Giorima Tex srl unipersonale, e

R.M.G., rappresentati e difesi dall’Avv. Piergiovanni

Mori, domiciliati in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di

Firenze, n. 1800/8/14, depositata il 24 settembre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 dicembre

2020 dal relatore Dario Cavallari.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate di Prato ha notificato alla Rosatex di S.R. & C. sas e alla Giorima Tex srl unipersonale degli avvisi di accertamento con cui erano rilevati dei maggiori importi dovuti per IVA ed IRAP dal 2006 al 2007 e per IVA dal 2008 al 2009 e con i quali era contestato il compimento di cessioni all’esportazione non documentate.

Con ulteriori avvisi di accertamento l’Agenzia delle Entrate ha pure rettificato, ai fini IRPEF, il reddito di partecipazione nella Rosatex di S.R. & C. sas di R.M. e di S.R. per l’anno 2006.

I contribuenti hanno impugnato i citati avvisi di accertamento.

La CTP di Prato, nel contraddittorio delle parti, ha deciso i ricorsi riuniti, con sentenza n. 87/01/13, rigettandoli.

I contribuenti hanno impugnato la decisione davanti alla CTR di Firenze che, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1800/8/14, ha respinto l’appello.

I contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente si osserva che l’Agenzia delle Entrate ha comunicato che R.M.G. ha presentato domanda di definizione agevolata della controversia tributaria pendente in ordine all’avviso di accertamento n. T9H01C204543/2011 ai sensi del D.L. n. 50 del 2017, art. 11, conv., con modif., dalla L. n. 96 del 2017.

L’Agenzia delle Entrate ha dato atto dell’avvenuto perfezionamento della relativa procedura.

Pertanto, deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e, conseguentemente, va cassata senza rinvio la decisione impugnata in ordine alla posizione di R.M.G., limitatamente al menzionato avviso di accertamento.

Le spese di lite restano a carico di chi le ha anticipate, per espressa previsione del citato art. 11, comma 10, ultimo periodo.

2. Con il primo motivo, è contestata la violazione dell’art. 39 c.p.c., atteso che, in ordine al reddito di impresa 2007 della Rosatex sas, oggetto del presente giudizio, per la medesima annualità era pendente, davanti alla CTP di Prato, procedimento relativo all’accertamento del reddito di partecipazione del medesimo S.R..

Ne conseguiva che, sussistendo la litispendenza fra le cause, i ricorsi avrebbero dovuto essere trattati congiuntamente, con conseguente nullità del procedimento per omessa integrazione del contraddittorio.

La doglianza è inammissibile per difetto di specificità.

Infatti, per la giurisprudenza di legittimità, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, e dei soci delle stesse, e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, comportano che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa, a pena di nullità assoluta rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, limitatamente ad alcuni soltanto di essi (Cass., Sez. 6-5, n. 7789 del 20 aprile 2016; Cass., Sez. 6-5, n. 25300 del 28 novembre 2014;).

Peraltro, l’eccezione di difetto del contraddittorio per violazione del litisconsorzio necessario può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità, a condizione che l’esistenza del litisconsorzio risulti dagli atti e dai documenti del giudizio di merito e che la parte deducente ottemperi all’onere di indicare nominativamente le persone che devono partecipare al giudizio e di provare la loro esistenza nonchè i presupposti di fatto e di diritto che giustifichino l’integrazione del contraddittorio (Cass., Sez. 2, n. 23634 del 28 settembre 2018).

S.R. ha omesso di indicare in maniera dettagliata il contenuto del giudizio in corso davanti alla CTP di Prato, in particolare non ha permesso a questo Collegio di accertare se le questioni prospettate avessero o meno carattere personale, con conseguente inammissibilità del motivo.

3. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione, per gli anni 2006 e 2007, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d), atteso che la CTR avrebbe errato nel qualificare come accertamento analitico induttivo e non come accertamento induttivo quelle compiuto dalla P.A.

Infatti, le scritture contabili esaminate avrebbero presentato un tale grado di inattendibilità da imporre l’adozione del metodo induttivo, con la conseguenza che avrebbero dovuto essere computati anche i costi occulti inerenti l’attività imprenditoriale.

La doglianza è inammissibile.

In linea di principio, in tema di rettifica dei redditi d’impresa, il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico induttivo e quello con metodo induttivo puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili. Nel primo caso, la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando, ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c.; nel secondo, invece, “le omissioni o le false od inesatte indicazioni” sono così gravi, numerose e ripetute da inficiare l’attendibilità – e, dunque, l’utilizzabilità, per l’accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicchè ‘l’amministrazione finanziaria può “prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti” ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c. (Cass., Sez. 5, n. 33604 del 18 dicembre 2019).

Peraltro, la giurisprudenza ha chiarito che, in tema di accertamento, il contribuente non ha interesse a contestare l’emissione nei suoi confronti di un atto impositivo fondato sul metodo analitico piuttosto che su quello induttivo o sintetico, atteso che detti metodi assicurerebbero allo stesso garanzie inferiori rispetto a quelle proprie dell’accertamento analitico (Cass., Sez. 5, n. 5273 del 22 febbraio 2019).

Se ne ricava che la doglianza è inammissibile, innanzitutto, per difetto di interesse, dovendosi estendere questo principio pure all’alternativa fra metodo analitico induttivo ed induttivo puro.

Inoltre, si rileva che l’accertamento, sulla base delle risultanze di causa, del livello di gravità delle omissioni e falsità, in modo da stabilire se l’inattendibilità delle scritture contabili sia parziale od assoluta, è una tipica valutazione di merito, riservata al giudice di, appello e non contestabile in questa sede ove sorretta da una motivazione e conforme al parametro normativo.

Nella specie, la CTR ha chiarito che, sulla base degli elementi menzionati in sentenza (l’omessa indicazione del luogo nel quale trovare le rimanenze finali, la mancata produzione dei documenti di trasporto e la insussistenza dei versamenti soci), l’accertamento in esame era riconducibile al modello analitico induttivo, come affermato dalla P.A.

I ricorrenti si sono limitati a proporre semplicemente una lettura alternativa delle risultanze di causa rispetto a quella del giudice di merito, il che è, nella presente sede, inammissibile.

Infine, si osserva che i contribuenti non hanno neppure indicato, in violazione del principio di specificità, quali costi occulti sarebbero stati dedotti e non considerati dalla CTR.

4. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano, in relazione all’asserita falsità della documentazione doganale concernente l’esportazione di merci per gli anni 2008 e 2009, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nn. 2 e 4, e art. 2697 c.c., poichè la CTR avrebbe omesso di indicare il fatto costitutivo della pretesa tributaria, ovvero la falsità delle documentazioni doganali, con conseguente assenza di motivazione e mancata determinazione del thema decidendum. Inoltre, la P.A. avrebbe dovuto proporre querela di falso in ordine alla veridicità della menzionata documentazione doganale.

Il motivo è infondato.

Infatti, la CTR ha dato atto, nello svolgimento del processo, che oggetto del contendere era anche l’inesistenza dell’esportazione di merci, perchè non documentata, e, nella motivazione, quanto agli anni 2008 e 2009, ha chiarito che “la società ha omesso qualsiasi allegazione”.

Per ciò che riguarda il profilo della querela di falso, si rileva che non risulta, dalla sentenza, che le “bolle di scarico incriminate” fossero state depositate, tanto che la stessa parte ne aveva domandato l’acquisizione perchè depositate presso la Procura della Repubblica di Prato.

D’altronde, l’affermazione della medesima CTR per la quale “la società ha omesso qualsiasi allegazione” non è stata specificamente contestata dai contribuenti, che si sono limitati a sostenere che le bollette doganali sarebbero state depositate dall’Agenzia delle Entrate in giudizio senza, però, riportarne, almeno nei termini essenziali, il contenuto.

5. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano, in relazione all’asserita mancanza di documentazione doganale relativa all’esportazione di merci negli anni 2006-2007, la violazione dell’art. 324 c.p.c., e dell’art. 2909 c.c., nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36, n. 4, e art. 54, atteso che la CTR non avrebbe considerato che, quanto alla rilevanza probatoria dei documenti da loro prodotti a dimostrazione delle esportazioni eseguite negli anni 2006-2007, si sarebbe formato un giudicato in primo grado. Inoltre, il giudice di appello avrebbe illogicamente ritenuto che i detti documenti non integravano bollette doganali.

La doglianza è inammissibile.

Infatti, non può ritenersi che si fosse formato un giudicato sul punto della valutazione dei documenti in esame, poichè gli stessi contribuenti sostengono di avere proposto appello, proprio su tale profilo, contro la decisione di primo grado, ad essi totalmente sfavorevole.

Peraltro, l’illogicità della motivazione non può essere più prospettata come motivo di impugnazione in cassazione, in base al testo attuale dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, venendo in questione una decisione di appello depositata il 24 settembre 2014.

6. Il ricorso è, quindi, infondato.

Peraltro, deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e, conseguentemente, va cassata senza rinvio la decisione impugnata, in ordine alla posizione di R.M.G., limitatamente all’avviso di accertamento n. (OMISSIS).

Le spese di lite restano, con riguardo alla medesima R.M.G., a carico di chi le ha anticipate, mentre, quanto agli altri contribuenti, seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., e sono liquidate come in dispositivo.

Sussistono le condizioni per dare atto L. n. 228 del 2012, ex art. 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater, dell’obbligo, per i ricorrenti (con l’esclusione di R.M.G., atteso l’esito della controversia), di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte,

– dichiara l’estinzione del giudizio in ordine alla posizione di R.M.G., limitatamente all’avviso di accertamento n. (OMISSIS), ponendo le relative spese di lite a carico di chi le ha anticipate;

– rigetta il ricorso per la restante parte;

– condanna i ricorrenti, con l’esclusione di R.M.G., a rifondere le spese di lite in favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in complessivi Euro 12.000,00, oltre spese prenotate a debito;

– dichiara la sussistenza delle condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater, dell’obbligo, per i ricorrenti, con l’esclusione di R.M.G., di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5 Sezione Civile, tenuta con modalità telematiche, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2021

 

 

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