Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9630 del 13/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 13/04/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 13/04/2021), n.9630

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12407/2015 R.G., proposto da:

R.G., rappresentata e difesa dall’Avv. Massimo

Libertini, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta

procura in margine al ricorso introduttivo del presente

procedimento;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ove per legge domiciliata;

– intimata –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Centrale

– Sezione di Roma il 4 aprile 2014 n. 1335/23/2014, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28

ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, in corso di conversione in

legge, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore

Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero

della Giustizia il 2 novembre 2020) del 16 dicembre 2020 dal Dott.

Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

R.G. ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Centrale – Sezione di Roma il 4 aprile 2014 n. 1335/23/2014, non notificata, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento di maggior valore per l’imposta di registro su cessione di azienda, ha rigettato il ricorso proposto dalla medesima nei confronti dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria di 2 grado di Roma il 14 luglio 1994 n. 350/05/1994. L’Agenzia delle Entrate si è costituita per la sola partecipazione all’eventuale udienza di discussione.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 48, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che l’avviso di accertamento, pur recando una motivazione di stile, era stato succintamente ed adeguatamente motivato con l’enunciazione dei criteri per determinare il maggior valore.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 49, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente sostenuto che l’avviso di accertamento aveva consentito alla contribuente l’esercizio del diritto di difesa sul difetto di motivazione.

Ritenuto che:

1. Il ricorso è assolutamente carente di autosufficienza.

1.1 Secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, richiede per ogni motivo l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonchè l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia (da ultima: Cass., Sez. Lav., 18 agosto 2020, n. 17724).

In altri termini, si può affermare che l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, richiede che ogni motivo del ricorso per cassazione contenga: a) da un lato, la rubrica del motivo stesso, con la puntuale indicazione della ragione per cui il ricorso è proposto (cioè – stante la tassatività dei motivi del ricorso per cassazione – il motivo tra quelli espressamente previsti dall’art. 360 c.p.c., alla luce del quale il motivo è proposto); b) dall’altro, la illustrazione del motivo (cioè, la esposizione degli argomenti invocati dalla sentenza impugnata per giungere a una certa criticata conclusione, e la analitica precisazione delle considerazioni in relazione al motivo espressamente indicato nella rubrica che giustificano – almeno a parere della parte ricorrente – la cassazione della sentenza dei giudici del merito (in termini: Cass., Sez. 3, 19 agosto 2009, n. 18421).

1.2 Più specificamente, secondo l’orientamento costante di questa Corte, nel giudizio tributario, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di un giudice tributario sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso ne riporti testualmente i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentirne la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (ex plurimis: Cass., Sez. 5, 13 agosto 2004, n. 15867; Cass., Sez. 5, 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., Sez. 5, 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., Sez. 5, 28 giugno 2017, n. 16147).

1.3 Nel caso di specie, in mancanza di trascrizione dell’impugnato avviso di accertamento (che non è stato neppure prodotto in questa sede) nel corpo del ricorso, non è concessa a questa Corte la possibilità di verificare la corrispondenza del contenuto dell’atto rispetto a quanto asserito dalla contribuente. Ciò comporta il radicale impedimento di ogni attività nomofilattica, la quale presuppone appunto la certa conoscenza del tenore dell’atto impositivo.

2. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato.

3. Nulla per le spese giudiziali, non essendo stata svolta attività difensiva dalla parte vittoriosa.

4. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; dà atto dell’obbligo, a carico della ricorrente di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2021

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