Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 963 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 20/01/2021), n.963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14808-2019 proposto da:

G.S., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE

199, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA GIANNUZZI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIANMATTEO DI FRONZO;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DELLA ROMAGNA, in persona del

Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO LA

LOGGIA 33, presso lo studio dell’avvocato SANDRO FOLGARELLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO DI LORETO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 941/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 02/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte di appello di Bologna con la sentenza n. 941/18 aveva accolto l’appello proposto dalla Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna avverso la decisione con cui il Tribunale di Rimini aveva dichiarato la nullità dei termini apposti ai contratti di lavoro stipulati dalla Azienda con G.S. ed aveva condannato la stessa datrice di lavoro al risarcimento del danno subito quantificato, ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, in una somma pari a sette mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

La corte territoriale, accogliendo il ricorso dell’azienda, valutata l’intervenuta stabilizzazione della dipendente, aveva ritenuto che questa esaurisse ogni pretesa risarcitoria in quanto interamente satisfattiva del bene primario richiesto e dell’azione esercitata e aveva giudicato quindi non sussistente alcun abuso nella reiterazione dei contratti a termine.

Avverso detta statuizione G.S. proponeva ricorso affidato a tre motivi cui resisteva con controricorso L’Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna

Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1) Con il primo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione del disposto dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 99 c.p.c., (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), per vizio di ultrapetizione della pronuncia.

Con tale motivo parte ricorrente lamenta la valutazione di una circostanza, quale l’intervenuta stabilizzazione, successiva al deposito della sentenza e quindi estranea alla materia del contendere ed al contraddittorio instauratosi tra le parti.

2) Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione del disposto del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver, la corte territoriale, ritenuto l’insussistenza del danno c.d. “comunitario” in applicazione di principi validi solo con riguardo al comparto scuola. In particolare la ricorrente deduceva non soltanto la errata applicazione in via analogica delle regole valide per il comparto scuola, ma allegava altresì la circostanza che la propria assunzione a tempo indeterminato era frutto della partecipazione ad una “asta pubblica” soggetta a regole ordinarie di selezione (aperta a tutti i richiedenti), non ricollegabile, in termini di causa/effetto alle pregresse assunzioni a termine.

3) Con il terzo motivo è dedotta la violazione dell’art. 91 e ss. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver, la corte di appello, compensato le spese del doppio grado del giudizio.

I primi due motivi possono essere trattati congiuntamente essendo entrambi relativi al tema della stabilizzazione dei lavoratori in precedenza assunti con una sequenza di più contratti a termine ed agli effetti di tale stabilizzazione sul processo e sulle domande ivi azionate.

Questa Corte ha già riconosciuto (Cass. n. 15353/20) che la avvenuta immissione in ruolo del lavoratore è idonea a reintegrare il danno derivante dall’abuso del contratto a termine; tale principio è stato enunciato tanto nell’esaminare la speciale disciplina dei contratti a termine nel settore della scuola – (secondo una costante giurisprudenza, che ha preso avvio dalle sentenze dalla n. 22552 alla n. 22557/2016 ed è stata da ultimo ribadita da Cass. 12/02/2020, n. 3472) – che più, in generale, nella ipotesi di intervenuta stabilizzazione ex lege del personale precario (Cass. 03/07/2017, n. 16336, relativa alla stabilizzazione L. n. 296 del 2006, ex art. 1, comma 519, cui aveva dato corso il Ministero della Giustizia).

Si è di recente ulteriormente precisato che “nell’ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato nel pubblico impiego privatizzato, la successiva immissione in ruolo del lavoratore costituisce misura sanzionatoria idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell’abuso solo se ricollegabile alla successione dei contratti a termine con rapporto di causa-effetto, il che si verifica quando l’assunzione a tempo indeterminato avvenga o in forza di specifiche previsioni legislative di stabilizzazione del personale precario vittima dell’abuso o attraverso percorsi espressamente riservati a detto personale” (Cass. n. 15353/20).

I principi enunciati richiedono, per una mirata applicazione, la valutazione concreta della singola fattispecie diretta ad accertare se la assunzione seguita ad una reiterata stipulazione di contratti a termine sia ad essi ricollegabile in un rapporto di causa/effetto, con la specifica individuazione di quale sia stato il procedimento (previsione di legge, concorso per titoli specifici, selezione riservata) che abbia consentito la immissione in ruolo del lavoratore proprio in ragione dei pregressi contratti a termine.

Una siffatta valutazione, da compiersi con accertamento del giudice del merito sulla base degli enunciati principi, non risulta essere stata effettuata nel caso in esame, nel quale la ricorrente ha allegato di essere stata assunta a tempo indeterminato a seguito di ordinaria selezione aperta a tutti i richiedenti (“asta pubblica”), non ricollegabile, a suo dire, alle pregresse assunzioni a termine.

Per tali ragioni i due motivi di censura devono essere accolti, cassata la sentenza e rinviata la causa alla Corte di appello di Bologna perchè giudichi se la assunzione a tempo indeterminato in questione abbia costituito, in base ai presupposti evidenziati, misura reintegratoria e satisfattiva del danno determinato dalla reiterazione dei contratti a termine.

Il terzo motivo risulta assorbito.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbito il terzo motivo; cassa la sentenza con riguardo ai motivi accolti e rinvia la causa alla corte di appello di Bologna, diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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