Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9627 del 19/04/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9627 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA

sul ricorso 26491-2006 proposto da:
PALMISANO PIETRO, PALMISANO PAOLA FEDERICA, RABAGLIATI
LAURA, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA
GONDAR 22, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLI
MARIA, rappresentati e difesi dall’avvocato MAZZUCCO

Data pubblicazione: 19/04/2013

MARIO PIETRO;
– ricorrenti –

2012

contro

1856

PALMISANO

MARIA

GIOVANNA

PLMMRA38T43F158R,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LOMBARDIA 40,
presso lo studio ASTONE, rappresentata e difesa

lA

dall’avvocato MACCARI RAFFAELE;
– controricorrente
avverso la sentenza n.

885/2005 della CORTE D’APPELLO

di GENOVA, depositata il 30/09/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
05/10/2012

dal Consigliere Dott. MARIA

ROSARIA SAN GIORGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

udienza del

Svolgimento del processo
1. – Con atto di citazione notificato il 24 novembre 1993, Maria Giovanna
Palmisano convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Genova il proprio
zio Ugo Attilio Palmisano in relazione alla successione apertasi per la

Palmisano, che, con testamento olografo del 7 febbraio 1986, aveva
nominato lei e lo zio, rispettivamente nipote e cognato della defunta,
suoi unici eredi universali. L’attrice chiedeva che il Palmisano fosse
dichiarato tenuto a rendere il conto della somma di lire 30.000.000
trattenuta sull’attivo ereditario, condannato alla restituzione alla
massa della somma di lire 9.182.000 corrisposta a transazione degli
obblighi contributivi relativi alla collaboratrice domestica Bice Barbato
evasi dalla defunta e di ogni altra somma illegittimamente prelevata.
Chiedeva inoltre il rimborso delle somme versate per il condono presso
l’INPS di detta evasione contributiva e per la relativa assistenza
legale, e la condanna del convenuto al risarcimento del danno, e comunque
al pagamento delle somme dovute sulla base dell’esatta determinazione dei
rapporti di dare e avere.
Si costituì il convenuto chiedendo il rigetto della domanda dell’attrice,
ed, in via riconvenzionale, la condanna della stessa al risarcimento del
danno cagionato dall’unilaterale ricorso alla procedura di condono ed al
pagamento della somma ritenuta dovuta a titolo di compenso o indennità
per l’assistenza prestata alla defunta.
Interrotto il giudizio per il decesso di Ugo Attilio Palmisano, e
riassunto il medesimo nei confronti dei suoi eredi, e cioè la vedova

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morte, avvenuta il 4 novembre 1992, di Concetta Miragliotta ved.

Laura Rabagliati ed i figli Pietro e Paola Federica, il Tribunale di
Genova respinse le domande riconvenzionali del convenuto e dei suoi
eredi, dichiarò costoro tenuti a restituire alla massa la somma di lire
14.189.100 per la transazione conclusa con la Barbato, e dichiarò la

somma di lire 30.434.896, condannando in conseguenza gli eredi di Ugo
Attilio Palmisano al pagamento in favore di Maria Giovanna Palmisano
della complessiva somma di lire 28.448.174.
Avverso tale sentenza proposero appello Laura Rabagliati e Pietro e Paola
Federica Palmisano.
2. – La Corte d’appello di Genova, con sentenza depositata il 30
settembre 2005, rigettò il gravame. Il giudice di secondo grado osservò
che l’art. 2115, ultimo coma, cod.civ. sancisce l’indisponibilità dei
diritti del lavoratore in materia di previdenza obbligatoria, sicché la
transazione stipulata da Ugo Attilio Palmisano con la collaboratrice
domestica era nulla

ex art. 1418 cod.civ., senza che assumesse alcun

rilievo il disposto dell’art. 2113 cod.civ. Peraltro, il debito contratto
dalla defunta in tema di omesso pagamento dei contributi dell’ente
previdenziale doveva ritenersi maturato direttamente nei confronti
dell’ente previdenziale, per cui nessun effetto poteva produrre in
proposito l’accordo con la Barbato, che, se mai, avrebbe potuto far
valere solo pretese risarcitorie nei confronti degli eredi Palmisano,
mentre la quietanza transattiva del 21 gennaio 1993 faceva riferimento
solo al rimborso di una parte degli omessi contributi e non a richieste
risarcitorie della Barbato, sicché doveva confermarsi la sua inidoneità a

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spettanza all’attrice, per l’intervenuto condono INPS, della complessiva

saldare debiti di soggetti diversi rispetto a quelli stipulanti
l’accordo. Né poteva farsi valere un presunto accordo tra le parti in
causa per la transazione con la Barbato, del quale mancava la prova.
Da quanto chiarito discendeva la legittimità della condotta di Maria

debito con l’INPS era un debito della defunta e dunque era certamente
inerente all’eredità, e che l’adozione della procedura di condono
consentiva di saldarlo a condizioni molto vantaggiose.
Né assumeva alcun rilievo in proposito il dissenso ingiustificato dello
zio sulle decisioni della nipote, non trattandosi di amministrare,
secondo le regole della comunione, i beni ereditari, ma di pagare secondo
l’ordinaria diligenza i debiti della defunta.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono Laura Rabagliati,
Pietro e Paola Federica Palmisano sulla base di tre motivi, illustrati
anche da successiva memoria. Resiste con controricorso Maria Giovanna
Palmisano.
Motivi della decisione
l. – Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza
impugnata per difetto e vizi della motivazione, omessa, insufficiente e
contraddittoria. Sarebbe stata, da un lato, omessa la considerazione di
circostanze decisive, che avrebbero potuto e dovuto orientare in modo
opposto la decisione finale, e, dall’altro, sarebbe emersa una
contraddizione interna tra due differenti, alternativi ed antitetici,
momenti logici in cui era stata presa in esame la medesima problematica.
2. – La censura non può trovare ingresso nel presente giudizio. Essa,

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Giovanna Palmisano in relazione alla pratica di condono, posto che il

infatti, non chiarisce in alcun modo quali siano le circostanze decisive
la cui considerazione sarebbe stata obliterata dalla Corte ligure, né i
diversi momenti logici del percorso motivazionale della decisione che
evidenzierebbero la contraddizione interna alla stessa.

dell’art. 111 Cost., degli artt. 132 e 161 cod.proc.civ. e 118
disp.att.cod.proc.civ.

ancora sotto il profilo del difetto di

motivazione. Si denuncia inoltre la violazione degli artt. 752 e 754 e
dell’art. 1398 cod.civ., sostenendosi che, non avendo i coeredi la
rappresentanza dell’eredità, il condono sottoscritto da un coerede in
nome e per conto dell’eredità sarebbe inesistente, invalido ed
inefficace, come il relativo pagamento. Si sottolinea poi che comunque
controparte non aveva pagato il debito nei confronti dell’INPS, ma
chiesto il condono versando il relativo importo, diverso ed inferiore a
quello. Più precisamente, il condono era stato richiesto (ed il relativo
pagamento eseguito) da un consulente, con conseguente aggravio di spesa,
che non poteva che rimanere a carico di controparte. Infine, sarebbero
stati violati gli artt. 2028, 2029, 2030 e 2031 cod.civ., in quanto,
anche ammesso che fosse configurabile nella specie una gestione di affari
altrui, gli atti di gestione sarebbero stati comunque posti in essere
contro il divieto espresso e preventivo del coerede. In definitiva,
sarebbe solamente controparte a dover rispondere delle obbligazioni
assunte e delle spese relative.
4. – La doglianza è inamMissibile per la parte relativa alla denunciata
violazione delle norme attinenti alla motivazione della sentenza, in
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3. – Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione

quanto, come già rilevato con riguardo alla censura illustrata sub l, del
tutto priva di specificazione delle carenze argomentative denunciate.
Con riguardo agli altri profili della censura, incentrati tutti sul
difetto di rappresentanza della massa ereditaria in capo all’attuale

rimborso delle spese sostenute per il condono degli obblighi contributivi
già a carico della de culus, ne va rilevata la infondatezza.
Le doglianze dei ricorrenti muovono dal presupposto che la Corte di
merito abbia inteso applicare – e lo abbia fatto non correttamente – le
norme in tema di comunione dei beni ereditari, laddove il giudice di
secondo grado, proprio sulla contraria premessa della non
configurabilità, nella specie, di un problema di gestione dei beni
ereditari secondo le regole della comunione, ma solo del pagamento dei
debiti della de culus nei confronti dell’INPS, è motivatamente pervenuta
al convincimento che la condotta di Maria Giovanna Palmisano avesse
consentito, attraverso la richiesta di condono ed il pagamento della
relativa somma, di saldare tale debito in modo vantaggioso per gli eredi.
Per tali ragioni correttamente la Corte di merito ha altresì escluso ogni
rilevanza del dissenso del coerede.
5. – Le esposte ragioni danno conto altresì della infondatezza del terzo
motivo di ricorso, con il quale, attraverso la denuncia di omessa,
apparente o insufficiente, apodittica o contraddittoria motivazione, si
deduce in realtà ulteriormente la mancata rappresentanza dell’eredità in
capo alla Palmisano e la conseguente inefficacia del pagamento ad opera
della stessa del debito contributivo della de

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culus

nei confronti

controricorrente, con conseguente inesistenza di un diritto di costei al

dell’INPS, ed il dissenso del coerede in ordine alla effettuazione di
tale pagamento.
6. – In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. In applicazione del
principio della soccombenza, le spese del presente giudizio, che vengono

ricorrenti in solido.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento
delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro
1600,00, di cui euro 1400,00 per compensi, oltre alle spese generali ed
accessori di legge. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della

liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico dei

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