Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9627 del 13/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 13/04/2021, (ud. 14/12/2020, dep. 13/04/2021), n.9627

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11618/2013 R.G. proposto da:

Mar Market S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. rapp.to

e difeso dagli avv.ti Giancarlo Zoppini, Giuseppe Russo Corvace e

Giuseppe Pizzonia, elett.te domiciliato presso lo studio del primo

in Roma, alla via della Scrofa n. 57, come da procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– intimata –

Nonchè da

Iperal S.p.A., in proprio e quale incorporante di Supermar S.r.l., in

persona del legale rappresentante p.t., rapp.to e difeso dagli

avv.ti Giancarlo Zoppini, Giuseppe Russo Corvace e Giuseppe

Pizzonia, elett.te domiciliato presso lo studio del primo in Roma,

alla via della Scrofa n. 57, come da procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 136/49/12 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata il 26/10/2012, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1

dicembre 2020 dalla Dott.ssa Milena d’Oriano.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. con sentenza n. 136/49/12, depositata il 26 ottobre 2012, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dalle società Mar Market S.p.A. e Iperal S.p.A., avverso la sentenza n. 62/1/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Sondrio, con condanna al pagamento delle spese di lite;

2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva proceduto al recupero dell’imposta complementare di registro, in misura del 3% proporzionale al valore complessivo dell’operazione, richiesta in via solidale sia alla cedente che alla cessionaria, su di un atto di cessione, da parte della Mar Market S.p.A. a favore della Iperal S.p.A., del 10% della partecipazione detenuta dalla prima nella società Supermar s.r.l., poi incorporata dalla acquirente – atto preceduto dalla costituzione della società Supermar s.r.l., da una delibera di aumento di capitale della stessa con conferimento di un ramo di azienda della Mar Market S.p.A., dalla cessione alla Iperal S.p.A. del 90% delle quote possedute dalla Mar Market S.p.A. nella società Supermar s.r.l. – a seguito di una riqualificazione di tutte le pregresse negoziazioni intervenute tra le parti come cessione di ramo di azienda, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20;

3. la CTP aveva rigettato il ricorso, configurando nella serie di operazioni poste in essere dalle contribuenti una sostanziale operazione di cessione di azienda correttamente sottoposta a tassazione in modo unitario, tenuto conto del risultato finale;

4. la CTR aveva respinto gli appelli e confermato la decisione di primo grado;

5. avverso la sentenza di appello, le società contribuenti hanno proposto separati ricorsi per cassazione, di analogo contenuto, consegnati per la notifica il 26 aprile 2013, e ricevuti in pari data dall’Agenzia delle Entrate, affidati ad un unico motivo, con riproposizione dei motivi di appello; hanno altresì depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

L’Agenzia delle entrate rimaneva intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso le società Mar Market S.p.A. e Iperal S.p.A. censurano la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 36, comma 2, n. 4, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in presenza di una motivazione del tutto priva dell’enunciazione della ratio decidendi e di ogni riferimento alle ragioni di fatto e di diritto poste a sostegno del rigetto delle censure formulate con l’atto di appello, costituita dal mero riepilogo delle precedenti fasi del giudizio e da una clausola di stile di conferma della decisione di primo grado;

2. ripropongono poi i motivi fatti valere nel giudizio di appello con cui si eccepiva:

– la carenza di motivazione dell’avviso di liquidazione;

– la violazione del principio del contraddittorio preventivo ed in ogni caso la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5;

– un eccesso di potere sotto i diversi profili della contraddittorietà della pretesa fiscale, notificata sia a cedente che a cessionaria; della liquidazione dell’imposta rispetto ad una fattispecie esente da un sindacato antielusivo, in quanto avvenuta in regime di neutralità fiscale D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 176; di una errata applicazione del D.P.R. n. 131 del 1996, art. 20, tenendo conto anche di elementi estrinseci all’atto;

– infondatezza della pretesa in presenza di valide ragioni economiche, analiticamente indicate, a supporto delle singole operazioni;

– l’errata qualificazione dell’imposta come complementare anzichè suppletiva e la conseguente indebita richiesta di interessi.

Osserva che:

1. Preliminarmente va qualificato come ricorso incidentale il ricorso avanzato dalla Iperal S.p.A. in via autonoma ma successiva al ricorso della società Mar Market S.p.A..

1.1 Il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorchè proposto con atto a sè stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi. Tale principio non trova deroghe riguardo all’impugnazione di tipo adesivo che venga proposta dal litisconsorte dell’impugnante principale e persegue il medesimo intento di rimuovere il capo della sentenza sfavorevole ad entrambi, nè nell’ipotesi in cui si intenda proporre impugnazione contro una parte non impugnante o avverso capi della sentenza diversi da quelli oggetto della già proposta impugnazione. (Vedi Cass. 448 del 2020; n. 7640 del 2018; n. 2516 del 2016; n. 5695 del 2015; Cass. n. 10284 del 1994 e Cass. S.U. n. 12942 de11992).

2. Il primo motivo di ricorso risulta fondato.

2.1 Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, si è in presenza di una “motivazione apparente” allorchè la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè costituita da argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, ove il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, di talchè essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi, invero – e purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (cfr. Sez. 1 30 giugno 2020 n. 13248; Sez. 1, 18 giugno 2018 n. 16057; n. 27112 del 2018; n. 22022 del 2017; Sez. 6-5, 7 aprile 2017 n. 9097 e n. 9105; Sez. U 3 novembre 2016 n. 22232; Sez. U 5 agosto 2016 n. 16599; Sez. U 7 aprile 2014, n. 8053 ed ancora Cass. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007; n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009).

2.2 Il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza ricorre poi allorquando il giudice di appello abbia sostanzialmente riprodotto la decisione di primo grado, senza illustrare – neppure sinteticamente – le ragioni per cui ha inteso disattendere tutti i motivi di gravame, limitandosi a manifestare la sua condivisione della decisione di prime cure (Vedi Cass. n. 16057 del 2018).

Come più volte affermato da questa Corte ” La sentenza d’appello può essere motivata “per relationem”, purchè il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.” (Vedi, tra le tante, Cass. n. 20883 del 2019; n. 28139 del 2018; n. 14786 del 2016).

3. Nel caso di specie, il giudice di appello ha respinto il gravame limitandosi a manifestare la sua condivisione della decisione di prime cure, senza neanche riprodurne il contenuto, nè tanto meno illustrare – neppure sinteticamente – le ragioni per cui aveva inteso disattendere i motivi di gravame; la sentenza, dopo una ampia ricostruzione dei fatti di causa e dello svolgimento del precedenti gradi di giudizio, si riduce ad un laconico “respinge gli appelli e conferma la sentenza di primo grado.”

3.1 Ebbene la sostanziale inesistenza di motivazione non consente di verificare la correttezza del ragionamento logico-giuridico posto a base della decisione, in quanto privo di un seppure minimo richiamo o collegamento con la vicenda specifica sottoposta al suo esame.

3.2 Si è, in conclusione, in presenza di una tipica fattispecie di motivazione apparente, ovvero di motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, risulta tuttavia costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6.

3.3 Le caratteristiche appena descritte rendono la sentenza impugnata affetta da nullità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto corredata da motivazione solo apparente, non espressione di un autonomo processo deliberativo.

4. Risultano anche soddisfatti i requisiti di specificità ed autosufficienza come delineati dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 7074 del 2017), secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata “per relationem” alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366 c.p.c., n. 6, occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonchè le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali”.

4.1. Il ricorso in esame riporta specificamente le statuizioni di cui alla sentenza della Commissione Tributaria Provinciale e le censure mosse alla stessa con il ricorso in appello.

5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa per un nuovo esame, anche per le spese, alla CTR della Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, da remoto, il 14 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2021

 

 

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