Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9625 del 25/05/2020

Cassazione civile sez. I, 25/05/2020, (ud. 07/02/2020, dep. 25/05/2020), n.9625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2564/2019 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in Isernia (IS) in via XXIV

maggio n. 33, presso lo studio dell’avv. Paolo Sassi, che lo

rappresenta e difende, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

23/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/02/2020 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Campobasso ha respinto il ricorso proposto da A.M. cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale sia come rifugiato che nella forma della protezione sussidiaria che di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di essere scappato dal proprio paese perchè siccome aveva denunciato alcune persone che stavano progettando un attentato all’interno di una moschea, l’iman per vendicarsi aveva nascosto delle armi a casa del medesimo e la polizia dopo aver rinvenuto tali armi, provvedeva ad arrestarlo, con l’accusa di far parte di un gruppo di integralisti. Dopo essere scappato dalla prigione era fuggito perchè ricercato dall’iman che aveva ferito il fratello credendo che fosse il ricorrente.

A sostegno della propria decisione di rigetto, il tribunale ha rilevato che il ricorrente non risulta credibile rispetto ai motivi di allontanamento e al timore di tornare in patria, anche perchè lo stesso non aveva spiegato perchè non si sarebbe potuto rivolgere alle autorità del suo paese. Inoltre, alla luce della attuale situazione sociopolitica esistente, il tribunale non ha ravvisato il pericolo che il richiedente possa subire un grave danno, in caso di rimpatrio, per l’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata. Ad avviso dei medesimi giudici non ricorrono neppure situazioni di specifica vulnerabilità in capo al richiedente.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il collegio ha disposto che la motivazione della presente ordinanza sia redatta in forma semplificata non implicando questioni con valenza nomofilattica.

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1, lett. e) e g), artt. 3, 14, art. 16, comma 1, lett. b) e per vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria con riferimento alla situazione esistente in (OMISSIS) sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e per vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in (OMISSIS) sulla base della documentazione allegata e dell’omessa attività istruttoria; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28 bis, comma 2, lett. a) perchè erroneamente, il tribunale aveva revocato l’ammissione al patrocinio a spese dello stato per la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso.

Il primo motivo è inammissibile perchè contiene critiche di puro merito rivolte agli accertamenti di fatto riguardanti la inattendibilità del racconto del ricorrente e la insussistenza, nella regione di provenienza del medesimo, di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno o internazionale;

Il secondo motivo, in riferimento alla protezione umanitaria, è inammissibile, in quanto, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.

Il terzo motivo è inammissibile perchè la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato adottata con il provvedimento che definisce il giudizio, anzichè con separato decreto, come previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 non comporta mutamenti nel regime impugnatorio che resta quello, ordinario e generale, dell’opposizione ex art. 170 stesso D.P.R., dovendosi escludere che la pronuncia sulla revoca, in quanta adottata con sentenza o comunque con il provvedimento che definisce il giudizio, sia, per ciò solo, impugnabile immediatamente con il ricorso per cassazione, rimedio previsto solo per l’ipotesi contemplata dall’art. 170 D.P.R. citato (Cass. 29228/2017, 3028/2018, in fattispecie relative a revoca disposta con la sentenza di appello).

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna il ricorrente a pagare all’amministrazione statale le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2020

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