Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9619 del 25/05/2020

Cassazione civile sez. I, 25/05/2020, (ud. 07/02/2020, dep. 25/05/2020), n.9619

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 14502-2019 proposto da:

M.M.I., domiciliato in ROMA, presso lo studio

dell’Avvocato PASQUALE PORFILIO, rappresentato e difeso

dall’Avvocato CHIARA CASTAGLIOLA, giusta procura speciale allegata

al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che

lo rappresenta e difende ope-legis;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE DI CAMPOBASSO, depositato il 5

aprile 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7

febbraio 2019 dal Consigliere Dott.ssa IRENE SCORDAMAGLIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.M.I. propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione del provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Tribunale di Campobasso ha respinto la sua domanda di riconoscimento della protezione maggiore e, in via subordinata, della protezione per motivi umanitari.

La domanda era stata motivata adducendo il rischio di rientro nel suo Paese d’origine (il (OMISSIS)) a cagione di quanto ivi vissuto: segnatamente la faida familiare divampata con lo zio paterno per questioni ereditarie. La situazione del Paese di origine, posta sullo sfondo degli allegati dissidi familiari, era tale da integrare, ad avviso del richiedente, i presupposti per il rilascio quanto meno della protezione umanitaria.

2. Il Ministero dell’Interno ha articolato difese, affidate ad un controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha disposto che la motivazione della presente ordinanza sia redatta in forma semplificata, non facendosi questioni rilevanti ai fini della funzione nomofilattica di questa Corte.

1. Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, perchè la domanda di protezione umanitaria sarebbe stata erroneamente respinta essendosi da parte del Tribunale valorizzata esclusivamente la condizione del richiedente, quale soggetto “privo di legami specifici e personali con il nostro Paese”, quand’invece egli ne sarebbe stato meritevole, in quanto esposto ad “una minaccia grave contro la propria vita derivante da violenza indiscriminata e… da situazioni di conflitto interno nel proprio paese o che scaturiscono da ingiustificati motivi di vendetta personale contro la sua persona”.

Il motivo è infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062, hanno affermato che: “In tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato”.

In motivazione, la Corte ha chiarito che: “Non può essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari considerando, isolatamente e astrattamente, il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al paese di provenienza”, prendendosi, altrimenti, in considerazione:”… non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma, piuttosto, quella del suo paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria”.

Poichè i requisiti indicati dal ricorrente a fondamento della propria domanda non coincidono con quelli individuati dal diritto vivente per il riconoscimento della protezione umanitaria, le deduzioni sul tema vanno respinte.

2. Con il secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c.”, in ragione della mancata valutazione di una prova documentale, costituita dall’attestazione dello svolgimento di attività di volontariato e di attività lavorativa in Italia, trattandosi di evidenza atta a dimostrare la conseguita integrazione nel Paese ospitante.

Il motivo deve essere respinto in quanto l’allegazione documentale della quale il Tribunale non avrebbe tenuto è priva di decisività.

Per quanto dianzi illustrato, infatti, la decisione del giudice di merito, ai fini della concessione della protezione umanitaria, non può fondarsi sul solo elemento, isolatamente considerato, della conseguita integrazione socio-lavorativa dello straniero in Italia.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato. Segue la condanna del ricorrente, siccome soccombente, al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, liquidate in Euro 2.100, oltre SPAD. Il doppio contributo di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dovrà essere versato ove ne sussistano i presupposti, secondo quanto chiarito dalla sentenza Sez. 1 n. 9660/2019, cui si intende prestare adesione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2020

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