Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9618 del 12/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 9618 Anno 2015
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 18493-2012 proposto da:
PETRINI MAURIZIO C.F. PTRMRZ54A26L219U, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo
studio dell’avvocato ENRICO LUBERTO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO
PREVE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
502

contro

TRENITALIA S.P.A. P.I. 05403151003, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente

•1
domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA CROCE ROSSA l,

Data pubblicazione: 12/05/2015

presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA CARINO,
rappresentata e difesa dagli avvocati ANDREA UBERTI,
PAOLO TOSI, giusta delega in atti;
– controricarrente

avverso la sentenza n. 119/2012 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29/01/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato LUBERTO ENRICO;

v

udito l’Avvocato
l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delegagÓSI PAOLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di TORINO, depositata il 23/02/2012 R.G.N. 941/2011;

RG 18493-12 N.15 UD 291.15

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Torino rigettava la domanda di Petrini Maurizio, proposta
nei confronti della società Trenitalia, ed accoglieva la domanda

del ricorrente al pagamento in suo favore della somma di € 5729,79 quale
residuo della compensazione atecnica operata dalla predetta società in
relazione. a quanto doveva ancora restituire il Petrini a seguito delle
retribuzioni corrisposte nel corso della sospensione cautelare culminata
nel licenziamento dello stesso ritenuto legittimo dal Tribunale che così’
rigettava la domanda d’impugnativa del licenziamento.

La sentenza del Tribunale veniva confermata, quanto alla compensazione,
dalla Corte di Appello di Torino che non si pronunciava sull’impugnativa
del licenziamento non avendo con l’appello il lavoratore devoluto la
relativa questione.
A base del decisum la Corte del merito, dopo aver rilevato che oggetto
della decisone era, appunto, la sola questione della ripetibilità delle
retribuzioni corrisposte nel periodo di sospensione cautelare, poneva il
fondante rilevo secondo il quale l’art.60 del CCNL attività ferroviarie
del 16 aprile 2003 andava interpretato nel senso che se a conclusione
della sospensione interveniva il licenziamento gli effetti del recesso
retroagivano all’inizio del periodo di sospensione con conseguente
perdita del diritto alla retribuzione ed obbligo di restituzione. Né vi
era ostacolo, secondo la Corte del merito, all’operatività della così

riconvenzionale avanzata da quest’ultima avente ad oggetto la condanna

detta compensazione atecnica tra il TFR dovuto al lavoratore e le somme
al medesimo corrisposte nel periodo di sospensione cautelare.
Avverso questa sentenza il Petrini ricorre in cassazione sulla base di
due censure.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il Petrini, denunciando

violazione e falsa

applicazione dell’art. 60 del CCNL settore attività Ferroviarie,sostiene
che la Corte del merito non si è attenuta, nell’esegesi della norma
contrattuale denunciata, al criterio letterale ‘posto che in materia di
diritto del lavoro è opportuno fare affidamento ad una interpretazione
favorevole al lavoratore, quale parte debole del rapporto di lavoro”.
La censura è infondata.

Dispone il richiamato art. 60 del ccnl attività ferroviarie del 16 aprile
2003 che:”1.L’azienda può disporre, nei casi riconducibili alle ipotesi
di licenziamento di cui al precedente articolo 59, la sospensione
cautelare non disciplinare del lavoratore con effetto immediato e per un
periodo massimo di 60 giorni al lavoratore verrà corrisposta la
retribuzione (omissis).3.0ve il licenziamento venga applicato, esso avrà
effetto dal momento della disposta sospensione.4:Al termine della
sospensione cautelare di cui al precedente punto l ovvero in relazione
all’esito del giudizio la retribuzione di cui allo stesso punto 1 verrà
integrata o recuperata dai trattamenti spettanti al lavoratore”.

2

Resiste con controricorso,illustrato da memoria, la parte intimata.

La Corte del merito ha interpretato siffatta previsione contrattuale nel
senso che il richiamato art. 60 del CCNL in esame, nel disciplinare la
sospensione cautelare, funzionalmente diretta a consentire l’esercizio
del potere disciplinare, prevede ‘ 1 unicamente che, nei limiti dei citati
60 giorni, la corresponsione della retribuzione,poi ripetibile nel caso

L’erogazione della retribuzione oltre il termine di 60 giorni, ha
precisato la predetta Corte territoriale, periodo in cui per definizione
non vi è stata resa prestazione di attività lavorativa e che non trova
nessun corrispettivo nel sinallagma contrattuale, costituisce
trattamento di maggior favore, e non può ritenersi preclusiva del diritto
da parte del datore di lavoro al recupero delle indicate somme.
Ritiene questo giudice di legittimità che l’esegesi fornita dalla Corte
di Appello nella sentenza impugnata della norma contrattuale è conforme
al denunciato criterio letterale d’interpretazione di cui all’art. 1362
CC.

Invero il testo della clausola in parola per le espressioni usate dalle
parti non lascia spazio a dubbi circa la volontà espressa dai contraenti
nel prevedere, qualora la sospensione cautelare si concluda con un
provvedimento di licenziamento, che il datore di lavoro può ripetere le
retribuzioni corrisposte in costanza di sospensione cautelare retroagendo
gli effetti del recesso datoriale all’inizio della sospensione cautelare.
Né il riferimento al periodo di 60 giorni, quale arco temporale in cui
durante la sospensione è corrisposta la retribuzione, può indurre a

3

di adozione del provvedimento espulsivo ai sensi del comma 4°”.

diverse conclusioni, considerato proprio che se tale termine non è stato
rispettato ciò di per sé non esclude la ripetizione o la limita a quanto
corrisposto oltre detto termine.
Neppure a fronte di una chiara ed in equivoca pattuizione collettiva può

favor per il

lavoratore che, certamente, non può essere utilizzato per pervenire ad
una esegesi contraria alla volontà delle parti fatta palese in modo
chiaro delle espressioni utilizzate dalle parti.

Per di più una siffatta opzione

ermeneutica trova la sua ragione

nell’intento delle parti contrattuali di escludere un trattamento
economico vantaggioso per chi è fuoriuscito dall’area occupazionale non
certo per volontà o colpa del datore di lavoro.

Del resto questo giudice di legittimità, come rimarcato nella sentenza
impugnata, in una fattispecie simile ha ritenuto che, ove il procedimento
disciplinare si concluda in senso sfavorevole al dipendente con
l’adozione della sanzione del licenziamento, la precedente sospensione
dal servizio pur strutturalmente e funzionalmente autonoma rispetto al
provvedimento risolutivo del rapporto, giacché adottata in via meramente
cautelare in attesa del secondo – si salda con il licenziamento,
tramutandosi in definitiva interruzione del rapporto legittimando il
recesso del datore di lavoro retroattivamente, con perdita ex tunc del
diritto alle retribuzioni a far data dal momento della sospensione
medesima ( Cass. 9 settembre 2008 n. 22863).

4

invocarsi per una diversa interpretazione il criterio del

Con il secondo motivo il ricorrente, nel contestare il diritto
dell’azienda di procedere alla compensazione atecnica, denuncia che la
Corte del merito non ha motivato la propria scelta di aderire
all’orientamento giurisprudenziale che ritiene ammissibile la detta

La censura è infondata.

Invero oltre alla considerazione della mancata indicazione del tipo di
vizio denunciato ed al rilievo che il vizio di motivazione riconducibile
all’ipotesi di cui all’art. 360, n. 5,cpc può concernere esclusivamente
l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della
decisione della controversia, non anche l’interpretazione o
l’applicazione di norme giuridiche, vi è da sottolineare che secondo
giurisprudenza di questa Corte, in questa sede ribadita, è configurabile
la cosiddetta compensazione atecnica allorché i rispettivi crediti e
debiti abbiano origine da un unico rapporto – la cui identità non è
peraltro esclusa dal fatto che uno dei crediti abbia natura risarcitoria
derivando da inadempimento nel qual caso la valutazione delle
reciproche pretese comporta un accertamento che ha la funzione di
individuare il reciproco dare ed avere senza che sia necessaria la
proposizione di un’apposita domanda riconvenzionale o di un’apposita
eccezione di compensazione ( Cass.5 dicembre 2008 n. 28855 e Cass. 29
settembre 2012 n. 14688).
Il ricorso sulla base delle esposte considerazioni, in conclusione, va
rigettato.

5

procedura di compensazione.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento
delle spese giudiziali liquidate in E. 100,00 per esborsi ed E. 3.500,00

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 gennaio 2015
Il Presidente

per compensi oltre accessori di legge.

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