Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9612 del 13/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 13/04/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 13/04/2021), n.9612

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4357-2018 proposto da:

COMUNE PREDAPPIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO

37, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO FURITANO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARZO ZANASI, CECILIA

FURITANO;

– ricorrente –

contro

CANTINA FORLI’ PREDAPPIO SOCIETA’ AGRICOLA COOPERATIVA, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA F. DENZA 20, presso lo studio dell’avvocato

LAURA ROSA, rappresentata e difesa CHRISTIAN CALIFANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2166/2017 della COMM.TRIB.REG. di BOLOGNA,

depositata il 06/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. la commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, con sentenza n. 2166 in data 29 maggio 2017, ha respinto l’appello proposto dal Comune di Predappio contro la decisione di annullamento dell’avviso notificato alla Cantina Forlì Predappio, soc.c.oop.agr., per Ici dell’anno 2007 e sanzioni, riguardo a tre fabbricati che, in tale anno, erano iscritti in catasto in categoria A/3, D/1 e D/8;

2. il Comune ricorre, con tre motivi, per la cassazione della suddetta sentenza;

3. la società Cantina Forlì Predappio resiste con controricorso;

4. entrambi hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.con il primo motivo, il ricorrente lamenta che la commissione regionale, violando l’art. 112 c.p.c., ha omesso di pronunciare in ordine al motivo di appello con il quale era stato fatto valere il vizio di ultrapetizione in cui erano incorsi i giudici di primo grado laddove essi avevano annullato l’avviso in toto sebbene, con riguardo agli immobili accatastati in A/3 e in D/1, la società avesse espressamente limitato l’impugnazione alle sanzioni ed avesse invece riconosciuto di dover corrispondere l’imposta;

2. il motivo è fondato. Dopo che l’avviso era stato annullato dai primi giudici per intero, anche, cioè, per quanto concerne la debenza, ammessa dalla contribuente, dell’imposta per gli immobili in A/3 e D/1, il Comune aveva chiesto alla commissione regionale di riformare la decisione viziata da ultrapetizione. La commissione ha trascurato di pronunciarsi;

3.con il secondo motivo, il ricorrente lamenta falsa applicazione di leggi (precisamente: D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 2011, n. 106, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 14 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, del D.L. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 5 ter, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 ottobre 2013, n. 124, D.M. 26 luglio 2012, art. 1, comma 2,), per avere la commissione regionale erroneamente ritenuto, quanto al fabbricato in D/8, che per esso valesse l’esenzione Ici, riconosciuta, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a), come interpretato dal D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis aggiunto dalla legge di conversione n. 14 del 2009, per fabbricati i quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni. Il motivo è indirizzato alla parte della sentenza impugnata in cui viene detto che per tale fabbricato – nel 2007 accatastato nel foglio 31, mappale 130, sub 1, categoria D/8 – era stata presentata, il 28 settembre 2011, una “autocertificazione attestante il possesso dei requisiti di ruralità per i cinque anni precedenti” e che pertanto “ricorrono pertanto i presupposti per il riconoscimento del beneficio invocato”;

4. il motivo è fondato. Merita ricostruire il quadro normativo di riferimento. Il D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, stabiliva che “Ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili ai sensi del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, i soggetti interessati possono presentare all’Agenzia del territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione all’immobile della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della categoria D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale. Alla domanda, da presentare entro il 30 settembre 2011, deve essere allegata un’autocertificazione ai sensi del testo unico di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale il richiedente dichiara che l’immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità dell’immobile necessari ai sensi del D.L. n. 557 del 1993, citato art. 9 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni”. Il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 14-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, aveva disposto che “Le domande di variazione della categoria catastale presentate, ai sensi del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2 bis convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, anche dopo la scadenza dei termini originariamente posti e fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, producono gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità per l’inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo”. Infine, il D.L. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 5 ter, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, ha disposto che “Ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 14-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali producono gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”. Per quanto qui segnatamente rileva, la commissione ha errato nel ritenere sufficiente al fine di giustificare la qualificazione retroattiva del fabbricato di cui trattasi come rurale e quindi come esente da(ll’)ICI (dell’anno 2007) ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a, la mera presentazione autocertificazione laddove la legge imponeva che a tal fine l’avvenuta annotazione della domanda, corredata dall’autocertificazione. Alla fattispecie si attaglia quanto questa Corte ha già affermato con ordinanza n. 26617 del 09/11/2017: “In tema di ICI, ai fini del trattamento esonerativo rileva l’oggettiva classificazione catastale del cespite come rurale, con il conseguente onere di impugnazione del diverso classamento da parte di chi richieda il riconoscimento del requisito di ruralità, nè può ritenersi sufficiente a determinare la variazione catastale, nei limiti del quinquennio anteriore, la mera autocertificazione secondo le modalità di cui al D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2-bis, conv., con modif., dalla L. n. 106 del 2011, e delle norme successive, se il relativo procedimento non si sia concluso con la relativa annotazione in atti, atteso che, come sottolineato dalla Corte costituzionale (ord. n. 115 del 2015), il quadro normativo, ivi comprese le disposizioni regolamentari di cui al D.M. 26 luglio 2012, porta ad escludere l’automaticità del riconoscimento della ruralità per effetto della mera autocertificazione”;

5. con il terzo motivo di ricorso, sotto la rubrica “omesso esame di un fatto decisivo e controverso”, viene dedotto che la domanda D.L. n. 70 del 2011, ex art. 7, comma 2 bis, presentata dalla Cantina Forlì Predappio, abbia riguardato non l’immobile al quale si riferisce l’accertamento – in realtà soppresso fino dal 2008 – ma “nuovi fabbricati originati da tale soppressione in particolare il “sub 6”;

6.il motivo è inammissibile. La ricorrente, al di là della rubrica apposta al motivo, prospetta non l’omesso esame di un fatto bensì una realtà di fatto non compatibile con quella affermata dalla commissione. Quest’ultima ha affermato che “l’immobile in questione, iscritto nel catasto terreni del Comune di Predappio al foglio 31, mappate 130, sub 1, categoria D/8… in data 2 agosto 2011, ha subito una variazione catastale da sub 4 (come era stato accatastato dal 25 agosto 2008 a seguito di lavori di ampliamento) a sub 6, con variazione della categoria catastale da D/8 a D/10”. Le parole della sentenza hanno riguardo ad un immobile (“l’immobile in questione”) rimasto fisicamente invariato, salvo ampliamento. Con il motivo in parola, il ricorrente sostiene che l’immobile è stato fisicamente soppresso e sostituito da altri. Si aggiunge che la presentazione di domanda D.L. n. 70 del 2011, ex art. 7, comma 2 bis per immobile che, alla data della domanda, era già in catasto come D/10, non contrasta con il disposto di legge (che stabiliva che “Ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili ai sensi del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9 convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, i soggetti interessati possono presentare all’Agenzia del territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione all’immobile della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della categoria D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale…”) giacchè il disposto di legge si presta ad essere inteso nel senso che la domanda possa essere presentata anche per ottenere una decorrenza retroattiva della variazione della categoria in D/10 già ottenuta;

7. in conclusione, il primo e il secondo motivo di ricorso devono essere accolti, il terzo motivo deve essere dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata alla commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, per nuovo esame in ordine alla avvenuta conclusione del procedimento avviato con la presentazione della autocertificazione attestante la ruralità del fabbricato de quo fino dal quinto anno anteriore alla data di presentazione (2 agosto 2006 essendo la data di presentazione il 2 agosto 2011);

8. il giudice del rinvio dovrà decidere anche delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, in riferimento al secondo motivo oltre che per le spese dell’intero processo, alla commissione tributaria dell’Emilia Romagna, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2021

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