Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9608 del 19/04/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9608 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: CAMPANILE PIETRO

ORDINANZA
sul ricorso 15034-2010 proposto da:
BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA SOC. COOP.
01153230360 in persona del Presidente e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. MONTI ANDREA,
giusta mandato a margine del ricorso ingiuntivo n. 1208/08 del Tribunale di Ravenna;

– ricorrente contro
MANGIMIFICIO CANALI DI CANALI CLAUDIO & C. SNC
00136940400 in persona del legale rappresentante pro tempore ed inoltre CANALI CLAUDIO, CANALI ROBERTO, FURLANI UGO,
FURLANI ELVIA, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, presso la
CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

Data pubblicazione: 19/04/2013

TOMBACCINI CLAUDIO, giusta delega a margine dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo;

– resistenti avverso il provvedimento R.G. 4717/08 del TRIBUNALE di RA-

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/12/2012 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO CAMPANILE;
per i resistenti é solo presente l’Avvocato Claudio Tombaccini.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO
GIOVANNI RUSSO che si riporta alle conclusioni scritte.
Ritenuto in fatto e in diritto
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso davanti al
Tribunale di Ravenna dal Mangimificio Canali S.n.c. e dai soci nei
confronti della banca Popolare dell’Emilia Romagna, il giudice, con
ordinanza depositata in data 26 marzo 2010 sospendeva il procedimento “in attesa della definizione di quello pendente presso il tribunale di
Modena per la definizione del controcredito vantato in compensazione
in questa sede”, adducendo ragioni di opportunità, “anche in mancanza di opposizione di controparte sul punto”.
Con ricorso notificato in data 27 maggio 2010 la Banca Popolare
dell’Emilia Romagna Soc. Coop. ha impugnato per regolamento di
competenza detto provvedimento di sospensione, deducendo, con tre
distinti motivi, l’insussistenza dei presupposti per la sospensione del
procedimento.
Il Mangimificio e i soci hanno depositato memoria, sostenendo
l’inammissibilità del ricorso, trattandosi di sospensione disposta ai sensi dell’art. 1243, comma 2, c.c., e non dell’art. 295 c.p.c.

Ric. 2010 n. 15034 sez. M1 – ud. 14-12-2012
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VENNA del 24.3.2010, depositato il 26/03/2010;

Debbono condividersi le perspicue argomentazioni del Procuratore
Generale presso questa Corte, che ha concluso per raccoglimento —
con esclusione del primo motivo — del ricorso.
Quanto alla prima censura, nella quale si pone in evidenza l’assenza del
consenso alla sospensione (che, in realtà, nemmeno il giudice a quo

il rilievo deve intendersi inteso, apparendo, sotto tale profilo condivisibile, a rimarcare l’insussistenza di qualsiasi presupposto di applicabilità dell’art. 296 c.p.c., avente per altro efficacia limitata nel tempo, e
quindi a sottolineare l’irrilevanza del consenso, per altro richiamato in
termini approssimativi nel provvedimento impugnato, in relazione alle
ipotesi di sospensione necessaria, che non rientra nella disponibilità
delle parti (Cass., 13 luglio 2005, n. 14709).
Tanto premesso, non può condividersi l’eccezione di inammissibilità
basato sulla natura della sospensione, che non troverebbe il proprio
fondamento nella norma contenuta nell’art. 295 c.p.c., bensì nel disposto di cui all’art. 1243, comma 2, cod. civ..
Deve in primo luogo osservarsi che il riferimento all’eccezione di
compensazione non costituisce il fondamento giuridico del provvedimento di sospensione, ma un mero dato posto alla base del percorso
argomentativo, per il vero fin troppo succinto, fondato su mere ragioni
di opportunità (“si rende opportuno raccoglimento della richiesta”).
Deve quindi osservarsi che nella disciplina dell’art. 42 c.p.c. , anche in
considerazione del principio della ragionevole durata affermato nell’art.
111 Cost., non trova spazio una discrezionale, e non sindacabile, facoltà di sospensione del processo, esercitabile dal giudice al di fuori dei
casi tassativi di sospensione legale: deve conseguentemente ritenersi
che è sempre impugnabile ogni sospensione del processo, indipendentemente dalla motivazione che la sorregge (Cass., 25 gennaio 2010, n.
Ric. 2010 n. 15034 sez. M1
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ud. 14-12-2012

sembra indicare, riferendosi a una mera “mancanza di opposizione”),

23906; Cass., 31 gennaio 2007, n. 2089; Cass., 1 ottobre 2003, n.
14670).
Per altro, il riferimento all’art. 1243 , comma 2, c.c., contestato con il
terzo motivo del ricorso, non appare pertinente, essendosi già rilevato che la compensazione giudiziale prevista da tale disposizione normati-

nanzi al quale la compensazione medesima è fatta valere, mentre non può
fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato
giudizio in corso. In tale ipotesi, pertanto, resta esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda
principale, e va parimenti esclusa l’invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall’art. 295 cod. proc. civ. o dall’art. 337, secondo
comma, cod. proc. civ., in considerazione della prevalenza della disciplina
speciale del citato art. 1243 c.c. (Cass., 14 gennaio 1992, n. 325). In altri
termini, poiché la valutazione in merito alla sussistenza di un credito,
opposto in compensazione, liquido ed esigibile, è riservata al giudice
investito della domanda principale (il quale deve proseguire il giudizio
per verificare la natura del controcredito stesso, assumendo, per altro,
la sospensione “della condanna” natura cautelativa: Cass., 8 agosto
1983, n. 5319), la norma contenuta nell’art. 1243, comma 2, c.c. non
può trovare applicazione nelle ipotesi in cui la causa relativa
all’accertamento del controcredito penda davanti ad altro giudice.
Appare evidente, sulla base delle superiori considerazioni, la fondatezza del secondo mezzo, con il quale si deduce l’insussistenza dei presupposti per la sospensione del procedimento, attesa l’assenza di un
rapporto di pregiudizialità fra le due cause: pregiudizialità, del resto,
neppure evocata nel provvedimento impugnato, fondato, come sopra
rilevato, su generiche ragioni di opportunità, e comunque escludibile
sulla base dell’assenza di qualsiasi presupposto di natura logicoRic. 2010 n. 15034 sez. M1 – ud. 14-12-2012
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va presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice di-

giuridica (per altro il credito vantato davanti al tribunale di Modena
scaturirebbe da rapporti diversi da quelli dedotti davanti al Tribunale di
Ravenna) che determini una stretta ed effettiva consequenzialità fra le
emanande decisioni. Invero l’art. 295 cod. proc. civ., nel prevedere la sospensione necessaria del giudizio civile quando la decisione “dipenda”

conseguenzialità fra due emanande statuizioni e quindi, coerentemente
con l’obiettivo di evitare un conflitto di giudicati, non ad un mero collegamento fra diverse statuizioni, per l’esistenza di una coincidenza o analogia di riscontri fattuali o di quesiti di diritto da risolvere per la loro adozione, bensì ad un collegamento per cui l’altro giudizio (civile, penale o
amministrativo), oltre a investire una questione di carattere pregiudiziale,
cioè un indispensabile antecedente logico-giuridico, la soluzione del quale
pregiudichi in tutto o in parte l’esito della causa da sospendere, dev’essere
pendente in concreto e coinvolgere le stesse parti (Cass., 3 ottobre 2012,
n. 16844, Cass., 4 dicembre 2010, n. 25272).
L’ordinanza di sospensione deve, pertanto, essere cassata, e va ordinata la
prosecuzione del giudizio davanti al Tribunale di Ravenna.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e si
liquidano come da dispositivo.

P. Q.M.
Accoglie il ricorso per regolamento di competenza. Cassa l’ordinanza
impugnata e ordina la prosecuzione del giudizio davanti al Tribunale di
Ravenna. Condanna le parti intimate alla rifusione in favore della ricorrente delle spese del presente giudizio, liquidate in € 3.200,00, di cui
€ 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 1, della Corte suprema di Cassazione, il 14 dicembre 2012.

dalla definizione di altra causa, allude ad un vincolo di stretta ed effettiva

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