Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9604 del 25/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 25/05/2020), n.9604

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4725-2019 proposto da:

L.D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BARNABA TORTOLINI 30, presso lo STUDIO LEGALE PLACIDI, rappresentato

e difeso dall’avvocato FRANCESCO OLIVO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2666/10/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di MESSINA, depositata il

27/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE

MARIA ENZA.

Fatto

RITENUTO

che:

L.D.S. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Sicilia, che ha accolto l’appello dell’Ufficio e rigettato l’appello incidentale del contribuente, in controversia su impugnazione del diniego di rimborso dell’Irap versata per gli anni dal 2004 al 2008.

La CTR ha ritenuto che il contribuente, esercente l’attività di medico, non avesse provato la mancanza del requisito della autonoma organizzazione, al fine della esenzione dall’Irap.

L’Agenzia è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo si deduce violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, vizio di ultrapetizione e carenza di motivazione, trattandosi di rimborso richiesto da medico di medicina generale con un solo dipendente per il quale la CTR ha respinto il ricorso per mancanza di prove documentali idonee a sostegno delle ragioni di parte, avendo il contribuente allegato solo i quadri relativi all’Irap e non le copie complete dei mod. 770 e documentazione dalla quale non è possibile accertare in concreto l’inesistenza dell’autonoma organizzazione.

Il motivo è inammissibile per carenza di autosufficienza, non consentendo di verificare il dedotto vizio di ultrapetizione, non riportando l’atto di appello dell’Ufficio, a detta del ricorrente limitato alla contestazione della presenza di un solo dipendente.

Va sul punto ribadito che il ricorrente per cassazione ha l’onere di indicare specificamente e singolarmente i fatti, le circostanze e le ragioni che si assumono trascurati, insufficientemente o illogicamente valutati dal giudice di merito, e tale onere non può ritenersi assolto mediante il mero generico richiamo agli atti o risultanze di causa, dovendo il ricorso contenere in sè tutti gli elementi che consentano alla Corte di Cassazione di controllare la decisività dei punti controversi e la correttezza e sufficienza della motivazione e della decisione rispetto ad essi, senza che sia possibile integrare aliunde le censure con esso formulate.

Ne consegue che il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, all’integrale trascrizione degli atti del giudizio di merito, che si assumomo rilevanti ai fini della decisione, con riferimento alle singole censure illustrate in ricorso.

A tale onere processuale il ricorrente non ha ottemperato, così impedendo al giudice di legittimità ogni valutazione (Cass. n. 2928 del 2015).

Manca peraltro l’indicazione del parametro normativo di riferimento.

Il ricorso per cassazione, avendo a oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi (Cass., sez. U, n. 17931 del 24/07/2013).

Posto dunque che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito, il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità, nonchè esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie previste, sicchè sono inammissibili critiche generica della sentenza impugnata.

Peraltro in tema di IRAP, il libero professionista ove presenti domanda di rimborso dell’imposta che assume indebitamente versata, ha l’onere di provare l’assenza del requisito dell’autonoma organizzazione in relazione allo svolgimento di detta attività (fra le altre Cass. n. 4576 del 15/02/2019).

Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 4.000,00 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2020

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