Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9602 del 12/04/2021

Cassazione civile sez. I, 12/04/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 12/04/2021), n.9602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18528/2014 proposto da:

B. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Costantino Morin n. 45,

presso lo studio dell’avvocato Santuari Antonio, rappresentata e

difesa dall’avvocato Amodeo Raffaele, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.p.a., in liquidazione, in persona dei curatori

avv. Be.Gi. e Dott.ssa F.M., elettivamente

domiciliato in Roma, Corso d’Italia n. 19, presso lo studio

dell’avvocato Sed Bruno, rappresentato e difeso dall’avvocato

Giorgis Pietro, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di PAVIA, depositato il 19/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2020 dal cons. Dott. Paola Vella;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Soldi Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Scandurra Andrea, con delega

scritta, che si riporta.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Pavia ha respinto l’opposizione allo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) S.p.a. in liquidazione (dichiarato il 7 maggio 2013), proposta in data 21/01/2014 dalla B. S.r.l. contro il decreto del 21/11/2013 con cui il Giudice delegato aveva ammesso in via chirografaria il credito di Euro 20.000,00 derivante dal contratto di subappalto di opere pubbliche del 19/05/2011, negando l’invocata prededuzione per la ritenuta inapplicabilità del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 3, in caso di fallimento dell’appaltatore.

1.1. La B. S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione corredato da memoria, cui il Fallimento ha resistito con controricorso.

1.2. Con ordinanza interlocutoria n. 8697 del 2019 è stata disposta la trattazione del ricorso in pubblica udienza per la particolare rilevanza nomofilattica della questione; sopravvenuto nel 2020 l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite, la ricorrente ha depositato ulteriore memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 111 e del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118 (cd. Codice dei contratti pubblici del 2006), nel testo vigente anteriormente alle modifiche apportate dal D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, art. 13, comma 10 (in vigore dal 24 dicembre 2013) convertito con modificazioni dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9 (in vigore dal 22 febbraio 2014) – che ha aggiunto un periodo all’art. 118 cit., comma 3 ed ha introdotto il comma 3-bis, successivamente abrogato dal D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, art. 217 (cd. Codice dei contratti pubblici del 2016).

2.1. In particolare, nella memoria successiva alle sentenze nn. 5686 e 5685 del 2 marzo 2020 – con le quali le Sezioni Unite hanno sostanzialmente avallato l’indirizzo che, superando il pregresso orientamento, aveva negato la prededucibilità del credito del subappaltatore (v. Cass. Sez. 1, sent. n. 33350 del 21/12/2018) – la ricorrente ha insistito nel riconoscimento del diritto alla prededuzione, sostenendo che esso non dipenderebbe “dal dato storico del sopravvenuto fallimento o meno del soggetto appaltatore”, bensì dalla “persistente esistenza di un contratto non ancora sciolto”, situazione che sussisterebbe nel caso di specie, poichè basterebbe “consultare i documenti in atti per verificare che il contratto di appalto tra C. e Bo. è stato eseguito e completato (tranne che per l’obbligazione di pagamento della stazione appaltante) in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento dell’appaltatore”, con la conseguenza “che in nessun modo la sopravvenuta dichiarazione di fallimento dell’appaltatore Bo. potrebbe aver determinato la risoluzione del contratto di appalto con C.”.

3. Il motivo va rigettato.

3.1. Invero, il principio di diritto inequivocabilmente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte – rispetto alla quale le deduzioni svolte nella seconda memoria del ricorrente non sono conducenti – è il seguente: “in caso di fallimento dell’appaltatore di opera pubblica, il meccanismo delineato dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 118, comma 3, – che consente alla stazione appaltante di sospendere i pagamenti in favore dell’appaltatore, in attesa delle fatture dei pagamenti di quest’ultimo al subappaltatore – deve ritenersi riferito all’ipotesi in cui il rapporto di appalto sia in corso con un’impresa in bonis e, dunque, non è applicabile nel caso in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto si scioglie; ne consegue che al curatore è dovuto dalla stazione appaltante il corrispettivo delle prestazioni eseguite fino all’intervenuto scioglimento del contratto e che il subappaltatore deve essere considerato un creditore concorsuale dell’appaltatore come gli altri, da soddisfare nel rispetto della par condicio creditorum e dell’ordine delle cause di prelazione”.

4. Al rigetto del ricorso non segue la condanna alle spese, sussistendo i presupposti per la loro compensazione a fronte del mutamento di giurisprudenza sopravvenuto in corso di causa.

5. Sussistono invece i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019, 4315/2020).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021

 

 

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