Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9601 del 12/04/2021

Cassazione civile sez. I, 12/04/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 12/04/2021), n.9601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16191/2019 proposto da:

B.D., elettivamente domiciliato in Termoli (CB), via M. Pagano

15, presso lo studio dell’avvocato Giovanni Giacci, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto n. 662/2019 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,

depositata il 04/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/12/2020 dal cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Campobasso, B.D., cittadino della (OMISSIS), chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con decreto n. 662/2019, depositato il 4 aprile 2019, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Il giudice adito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso B.D. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a tre motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione dell’intimato Ministero dell’interno, tardivamente effettuata con un atto denominato “atto di costituzione”, non qualificabile come controricorso, sostanziandosi il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio “con il presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”. Risulta, infatti, in tal modo, violato il combinato disposto di cui all’art. 370 c.p.c. e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l’esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale (v. Cass., 13/3/2006, n. 5400). Anche nell’ambito del procedimento camerale di cui all’art. 380 c.p.c., bis.1 (introdotto dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis convertito con modificazioni dalla L. n. 196 del 2016), alla parte contro cui è diretto il ricorso, che abbia depositato – come nel caso di specie – un atto non qualificabile come controricorso, in quanto privo dei requisiti essenziali previsti dagli artt. 370 e 366 c.p.c., nel periodo che va dalla scadenza del termine per il deposito del controricorso alla data fissata per la discussione del ricorso per cassazione è preclusa, pertanto, qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio o alla produzione di documenti e memorie ai sensi degli artt. 372 e 378 c.p.c. (cfr. Cass., 18/04/2019, n. 10813; Cass., 25/09/2012, n. 16261; Cass., 09/03/2011, n. 5586).

2. Nel merito, con il primo motivo di ricorso, B.D. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. L’istante lamenta che il giudice di merito abbia provveduto sulla domanda, rigettandola, senza neppure procedere all’audizione del richiedente. Ne deriverebbe la nullità del provvedimento.

2.2. La censura è inammissibile.

2.2.1. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare, pena la violazione del contraddittorio, l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, senza che sorga tuttavia l’automatica necessità di dare corso all’audizione il cui obbligo, conformemente alla direttiva 2013/32/CE, grava esclusivamente sull’autorità amministrativa incaricata di procedere all’esame del richiedente. Ne consegue che il giudice può decidere in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso il verbale o la trascrizione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione (Cass., 31/01/2019, n. 2817; Cass., 28/02/2019, n. 5973; Cass., 20/01/2020, n. 1088; Cass., 14/05/2020, n. 8931).

2.2.2. Nel caso di specie, l’udienza risulta essere stata regolarmente fissata dal Tribunale, e si è tenuta il 20 settembre 2018, come si evince dall’impugnato decreto (p. 1). Peraltro, il ricorrente – oltre a generiche allegazioni di merito – non ha neppure allegato quali ulteriori elementi, oltre quelli già dedotti dinanzi alla Commissione territoriale, avrebbe sottoposto alla valutazione del Tribunale nel caso di nuova audizione.

3. Con il secondo motivo di ricorso, B.D. denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3.1. L’istante lamenta che il Tribunale abbia ritenuto – ai fini della concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) – non attendibile, e comunque inidonea a fondare una domanda di protezione internazionale, la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinata a lasciare il Paese di origine, consistiti in vicende familiari legate ad un furto perpetrato nel negozio dello zio, del quale il richiedente era stato ritenuto responsabile, e nel timore di essere ucciso dal padre che non aveva mai approvato il suo matrimonio.

3.2. Il ricorrente si duole, altresì, del fatto che il giudice di merito non abbia concesso al medesimo neanche la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 della situazione socio-politica del Paese di origine.

3.3. I motivi sono inammissibili.

3.3.1. Ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b) è invero indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5 – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) costituente un parametro di attendibilità della narrazione (Cass. 05/02/2019, n. 3340; Cass., 07/08/2019, n. 21142). In mancanza di credibilità dell’istante deve, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti.

3.3.2. Nel caso di specie, il giudice adito ha ritenuto non attendibile il narrato, peraltro inerente esclusivamente a ragioni endofamiliari a carattere economico, poichè fondato su fatti del tutto vaghi e generici. Le dichiarazioni dello straniero sono state ritenute, pertanto, non idonee a fondare la domanda di protezione internazionale, sub specie dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b). A fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame si traducono, in concreto, in una richiesta – peraltro del tutto generica e fondata su astratte considerazioni giuridiche – di rivisitazione del merito della vicenda, improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758).

3.3.3. Quanto alla protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) decreto succitato, va osservato che la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197). Pertanto, soltanto quando il cittadino straniero che richieda il riconoscimento della protezione internazionale, abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino fenomeni di violenza indiscriminata, in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, che espongano i civili a minaccia grave e individuale alla vita o alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. c) (Cass., 28/06/2018, n. 17069; Cass., 31/01/2019, n. 3016).

Nel caso concreto, i fatti allegati nel giudizio di merito non attengono a situazioni di violenze indiscriminate, derivanti da un conflitto armato interno o internazionale – neppure allegate dal ricorrente, come rilevato dal Tribunale trattandosi di circostanze relative ad una vicenda personale ed economica del richiedente.

4. Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 nonchè il vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

4.1. Lamenta l’istante che il Tribunale non gli abbia concesso neppure la protezione umanitaria, pur sussistendo, nella specie, ragioni di vulnerabilità personale.

4.2. Il mezzo è inammissibile.

4.2.1. Il giudice territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria – che si applica temporalmente al caso di specie (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019 – in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenziano situazione alcuna di vulnerabilità personale, trattandosi di vicende economiche, e che l’istante non ha allegato neppure seri profili di integrazione sociale nel territorio italiano. Del resto il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente ha indotto il Tribunale a denegare la misura in esame, operando una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione – pressochè inesistente – raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019).

4.2.2. Nè il ricorrente – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

5. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021

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