Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9600 del 25/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 25/05/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 25/05/2020), n.9600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1100-2019 proposto da:

D.B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO DE

CAROLIS 150, presso il Sig. ARTURO SCOTTO, rappresentata e difesa

dall’avvocato FELICE SCOTTO;

– ricorrente –

contro

COMUNE NAPOLI, R.T.I. EQUITALIA SUD GESET SPA, OTTOGAS SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4970/23/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 24/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA

LA TORRE.

Fatto

RITENUTO

che:

D.B.A. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Campania, meglio indicata in epigrafe, che, in controversia su impugnazione avviso di accertamento per TARSU/TIA anno 2011, ha confermato la sentenza di primo grado. Quest’ultima, mentre aveva accolto il ricorso originario riconoscendo l’esenzione dal tributo per l’immobile sito in Napoli, via (OMISSIS), per mancanza dei presupposti impositivi, ha rigettato, invece, l’esenzione relativa all’immobile in Napoli, via (OMISSIS), ritenendo sufficiente la disponibilità del cespite e irrilevante la circostanza del suo mancato utilizzo. La CTR, premessa la corretta ermeneutica della sentenza gravata, ha ritenuto che “nessuna dimostrazione della obiettiva inidoneità del bene a produrre rifiuti era stata offerta, risultando, di contro, acquisita la prova contraria atteso che l’unità del bene immobiliare oggetto di accertamento risultava allacciato ai servizi di rete idrica ed elettrica”. In particolare – per quanto ancora qui rileva – la CTR ha, altresì, rilevato che la necessita di lavori, sussumibili in manutenzione straordinaria e non in “ristrutturazione”, evidenziata nel rogito notarile e confermata nella presentazione di una CILA dichiarata inefficace con ordinanza del 1 aprile 2014 del Comune di Napoli per insufficienza della documentazione presentata – “non vale, di per se stessa, ad accreditare, con inaccettabile pretesa di automaticità, l’inettitudine strutturale o funzionale dell’immobile” ai fini dell’esenzione dal tributo.

Il Comune di Napoli, Equitalia Sud, Geset Spa e Ottogas srl sono rimasti intimati. La ricorrente deposita memoria.

Diritto

Considerato

che:

Il ricorso è affidato a due motivi.

Con il primo si censura violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 3, 4, 8 e 10 del regolamento del Comune di Napoli sulla TARSU; del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 62 e 70; violazione del T.U. n. 654 del 1958, art. 7.

Il motivo è inammissibile.

In primo luogo, va rilevato – a parte il difetto di autosufficienza ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, e 6 – che il ricorrente sottopone al vaglio della Corte un accertamento di fatto, inammissibile in sede di legittimità, giacchè la censura sottende una diversa valutazione delle emergenze istruttorie, preclusa in questa sede (cfr. Cass. 18721/2018; Cass. 8758/2017)

Il giudizio di cassazione è infatti un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti. (Cass. n. 6519 del 06/03/2019; conf. Cass. n. 25332/2014). Ebbene, la censura è inammissibile in quanto, deducendo apparentemente una violazione di legge, tende, invece, a mettere in discussione l’accertamento dei fatti e la valutazione degli elementi probatori, inammissibile nel giudizio di legittimità, bersagliando il dictum della sentenza impugnata che, piuttosto, chiaramente afferma, con motivazione esente da vizi, il mancato adempimento dell’onus probandi relativo alla prova contraria che deve fornire il contribuente in merito all’obiettiva inidoneità del bene a produrre rifiuti, ex di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 2.

Con il secondo motivo si assume la violazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67 e D.P.R. n. 971 del 1986, art. 163: omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto determinate della controversia: art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Anche questo motivo è inammissibile, nella parte in cui censura l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, giacchè non si conforma allo schema normativo del vizio “motivazionale”, quale risultante dalle modifiche introdotte con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, pur a fronte di sentenza depositata il 24 maggio 2018, e, pertanto, in epoca successiva all’entrata in vigore (11 settembre 2012) della novella legislativa. Ed infatti, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 – il vizio in esame deve intendersi quale riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione (Cass. n. 28069/2018). Il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5), introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). La parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) e all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso”. (Cass. sez. un. 22/9/2014 n. 19881, Cass. sez. un. 7/4/2014 n. 8053)

Il ricorso, pertanto, è inammissibile.

Nulla sulle spese in mancanza di costituzione degli intimati.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condahna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2020

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