Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9600 del 12/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 9600 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA

sul ricorso 7048-2013 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro

EVANGELISTA VALERIO, RUSSO LIBERATRICE;
– intimati –

2G2G

Data pubblicazione: 12/05/2015

avverso il decreto nel procedimento RG. 8475/08 della CORTE
D’APPELLO di ROMA del 7.3.2011, depositato il 23/01/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
23/10/2014 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHL

Con ricorso depositato il 7 luglio 2008 presso la Corte di appello di Roma
Valerio EVANGELISTA e Liberatrice RUSSO proponevano, ai sensi della legge
n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione del danno patrimoniale e non
sofferto a causa della non ragionevole durata del giudizio di equa riparazione
introdotto dinnanzi al Tribunale di Napoli, nei confronti di Antonio Varriale e
della sua compagnia di assicurazioni, avente ad oggetto il risarcimento dei danni
derivante da circolazione stradale, con atto di citazione notificato in data
20.2.1995, definito in primo grado con sentenza pubblicata il 10 aprile 2003, poi

avanti alla Corte di appello di Napoli (atto di gravame notificato il 1°.6.2004)
concluso con sentenza del 16 luglio 2007.
La Corte di appello di Roma, con decreto in data 23 gennaio 2012, in
accoglimento del ricorso, condannava l’Amministrazione al pagamento di €.
6.200,00 in favore di ciascun ricorrente, oltre ad interessi legali dalla domanda,
per avere il giudizio presupposto avuto una durata eccedente il termine
ragionevole di sei anni e due mesi (durata complessiva di undici anni e due mesi,
detratto il tempo ragionevole di cinque anni).
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione il Ministero della
giustizia, affidato a quattro motivi.
Gli intimati non hanno svolto difese in sede di legittimità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma
semplificata.
Ric. 2013 n. 07048 sez. M2 – ud. 23-10-2014
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il primo motivo l’Amministrazione denuncia la violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001 per non avere la corte di merito
tenuto in alcun conto l’eccezione sollevata in comparsa di costituzione circa la
nullità della notifica del ricorso in riassunzione non intervenuta per l’udienza

originariamente fissata al 21.6.2010.

n. 5700 del 2014) affermato il principio secondo cui “In tema di equa riparazione
per violazione della durata ragionevole del processo, il termine per la notifica del
ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte non è perentorio
e, pertanto, è ammessa la concessione di un nuovo termine, perentorio, al
ricorrente nella ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto
di fissazione della udienza”.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, non avendo la corte distrettuale
rilevato l’assenza di paterna e di alea in quanto l’appello del giudizio presupposto

era palesemente inammissibile, oltre a non avere considerato il comportamento
processuale delle parti.
Anche il secondo motivo è privo di pregio.
La sofferenza morale per l’eccessivo protrarsi del processo, quale conseguenza
normale della irragionevole durata, non può, senza incorrere in contraddizione,
essere disconosciuta alla parte la cui pretesa giudiziale venga respinta (o in
generale che subisce un esito sfavorevole del giudizio), salvi i casi nei quali questa
abbia posto in essere un vero e proprio abuso del processo, configurabile
allorquando risulti che abbia promosso una lite temeraria o abbia artatamente
resistito in giudizio al solo fine di perseguire, con tattiche processuali di varia
natura, il perfezionamento della fattispecie di cui alla L n. 89 del 2001. La
ricorrenza nel caso in esame di una siffatta fattispecie di abuso non risulta
neppure specificamente evidenziata

dall’Amministrazione ricorrente, nè

tantomeno ne risultano indicati gli elementi di riscontro, che non possono
Ric. 2013 n. 07048 sez. M2 – ud. 23-10-2014
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Il motivo è infondato, avendo di recente le Sezioni Unite di questa Corte (sent.

consistere nella mera esistenza di un orientamento giurisprudenziale contrario
alle tesi sulle quali si basa la domanda giudiziale.
Con il terzo motivo, nel denunciare omessa motivazione su un fatto
decisivo della controversia, l’amministrazione lamenta che la corte di appello non

abbia detratto dal calcolo del ritardo il periodo di almeno tre mesi, dal maggio
nonché un ulteriore periodo di sei mesi, rinvio al marzo 1997, per effettuare atto
di chiamata di terzo, oltre ad una serie di invii tra il 3.10.2000 ed il 18.10.2001 per
deposito di c.t.-u., per un anno complessivo, altri tre mesi per esame della perizia.
La terza censura è parzialmente fondata nei limiti in cui si dirà di seguito.
Invero non può essere imputata alle parti la maggior durata del processo
derivante dall’accoglimento di una richiesta avente ad oggetto la chiamata in
causa di un terzo, trattandosi di una istanza rientrante nel legittimo esercizio del
diritto di difesa.
Quanto alle lungaggini per l’espletamento dell’accertamento tecnico di ufficio
occorre osservare che il ritardo nel deposito dell’elaborato peritale e le
conseguenti richieste di rinvio possono essere motivati da una oggettiva
difficoltà di indagine.
Per gli ulteriori segmenti temporali che ad avviso del Ministero avrebbero
dovuto essere esclusi dal calcolo dell’eccessiva durata, osserva il Collegio che
diversamente anche dtiL quanto affermato da una decisione di questa Corte, il
rinvio delle udienze per effetto dell’astensione dei difensori dall’attività di
udienza non è in sé imputabile all’organizzazione giudiziaria, risultando,
all’evidenza, riferibile ad una consapevole scelta del difensore, addebitabile, in
sede di equa riparazione, alla parte rappresentata che si dolga della irragionevole
durata del processo nel quale la detta astensione è avvenuta. Va, infatti, condiviso
il principio per cui «l’equa riparazione di cui alla legge 24 marzo 2001, n. 89
integra un credito a contenuto indennitario, non risarcitorio, prescinde da atti o
contegni illeciti od illegittimi, deriva dall’oggettivo verificarsi d’inosservanza
Ric. 2013 n. 07048 sez. M2 – ud. 23-10-2014
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1995 al marzo 1996, dovuto a rinvii necessitati dall’astensione degli avvocati,

dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo
e delle libertà fondamentali, con lesione del diritto della persona alla definizione
della causa in un termine ragionevole, in dipendenza dell’inefficienza
dell’organizzazione giudiziaria, e, dunque, abbraccia tutte le “violazioni di
sistema”, ivi incluse quelle riconducibili a scelte legislative che determinino o

“violazioni di sistema” non può essere compresa l’omessa emanazione di norme
di legge per disciplinare l’esercizio del diritto di astensione dalle udienze degli
avvocati, giacché la mancanza di dette norme non è causa o concausa, secondo i
comuni parametri in tema di nesso eziologico, del rinvio dell’udienza per
l’adesione dei difensori a manifestazioni di protesta, detto rinvio restando
deferibile a libere scelte dei competenti ordini professionali e dei loro iscritti,
nell’esercizio di diritti a rilevanza costituzionale che quella disciplina non
potrebbe comunque compromettere, e, quindi, rimanendo imputabile a fattori
esterni ed estranei all’organizzazione giudiziaria» (Cass. n. 2148 del 2003; Cass. n.
15143 del 2005; Cass. n. 29000 del 2005).
Del resto, come affermato dalla Corte delle leggi (Corte Cost. n. 171 del 1996), la
salvaguardia degli spazi di libertà riservati ai singoli e ai gruppi, che ispira la
prima parte della Carta costituzionale, non esclude che vi siano altri valori
costituzionali meritevoli di tutela, come s’intravede nell’impianto della legge n.
146 del 1990, dove vengono in rilievo diritti fondamentali – quello di azione e

concorrano a determinare l’eccessivo protrarsi della lite. Fra le indicate

quello di difesa di cui all’art. 24 della Costituzione – che sono attribuiti ai soggetti
destinatari, a vario titolo, della funzione giurisdizionale, per cui con gli stessi
debbono essere contemperati.
Di converso, non sono detraibili dalla durata irragionevole del processo i rinvii
richiesti dalle parti non imputabili ad un intento dilatorio o a negligente inerzia
delle stesse, o, in generale, all’abuso del diritto di difesa (Cass. n. 11307 del 2010),
dovendosi, peraltro, anche in tale ipotesi, valutare se al protrarsi del giudizio oltre
il termine ritenuto ragionevole non abbiano concorso anche i tempi lunghi del
Ric. 2013 n. 07048 sez. M2 – ud. 23-10-2014
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rinvio fra l’una e l’altra udienza, dovuti a ragioni organizzative riferibili
all’amministrazione giudiziaria (Cass. n. 7550 del 2010). D’altra parte non basta il
fatto che la parte richieda un rinvio perché questo sia reputato a fini dilatori,
giacchè molti rinvii possono essere infatti richiesti per esigenze processuali ed
istruttorie del tutto necessarie (quale nella specie la chiamata di terzo) e
richiesti (v. Cass. 17 settembre 2010 n. 19771).
Con il quarto motivo l’Amministrazione nel lamentare l’omessa e/o

insufficiente motivazione su un fatto decisivo della controversia per avere la
corte di merito liquidato un indennizzo di €. 1.000,00 per anno di ritardo, non
certamente costituente un minimo inderogabile, senza fornire alcuna
motivazione al riguardo.
Il motivo è assorbito dall’accoglimento, per quanto di ragione, del terzo motivo,
non formandosi alcun giudicato sul quantum dell’indennizzo.
In conclusione il ricorso va accolto per i profili evidenziati e il decreto cassato,
con rinvio, per nuovo esame, alla luce degli indicati principi, alla Corte d’appello
di Roma, in diversa composizione; al giudice di rinvio è demandata altresì la
regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte, accoglie il quarto motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione,
assorbito il quarto, rigettati i restanti; cassa il decreto impugnato in relazione al
motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte
di appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2^ Sezione Civile, il 23
ottobre 2014.

giustificate ovvero per l’impossibilità di effettuare alcune attività od incombenti

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