Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9599 del 12/04/2021

Cassazione civile sez. I, 12/04/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 12/04/2021), n.9599

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5545/2019 proposto da:

J.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Barnaba

Tortolini 30, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Placidi, che

lo rappresenta e difende, unitamente all’avvocato Esposito Giovan

Francesco, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto n. 37/2019 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato

il 17/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/12/2020 dal cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Napoli, J.A., cittadino del (OMISSIS), chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con decreto n. 37/2019, depositato il 17 gennaio 2019, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Il giudice adito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesimo specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso J.A. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a tre motivi, illustrati con memoria. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, J.A. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 9, 10 e 11 nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

1.1. L’istante lamenta che il giudice di merito abbia provveduto sulla domanda senza neppure fissare l’udienza di comparizione delle parti, sebbene mancasse agli atti la videoregistrazione del colloquio dinanzi alla Commissione territoriale, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14. Ne deriverebbe la nullità del provvedimento.

1.2. La censura è infondata.

1.2.1. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare, pena la violazione del contraddittorio, l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, senza che sorga tuttavia l’automatica necessità di dare corso all’audizione il cui obbligo, conformemente alla direttiva 2013/32/CE, grava esclusivamente sull’autorità amministrativa incaricata di procedere all’esame del richiedente. Ne consegue che il giudice può decidere in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso il verbale o la trascrizione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione (Cass., 31/01/2019, n. 2817; Cass., 28/02/2019, n. 5973; Cass., 20/01/2020, n. 1088; Cass., 14/05/2020, n. 8931).

1.2.2. Nel caso di specie, l’udienza risulta essere stata regolarmente fissata dal Tribunale, e si è tenuta il 13 dicembre 2018, come si evince dall’impugnato decreto (p. 1). Il Collegio si è limitato soltanto a ritenere superflua l’audizione personale dell’istante, attesa “l’approfondita audizione” del medesimo effettuata in sede amministrativa. Peraltro, il ricorrente non ha neppure allegato quali ulteriori elementi, oltre quelli già dedotti dinanzi alla Commissione territoriale, avrebbe sottoposto alla valutazione del Tribunale nel caso di nuova audizione.

2. Con il secondo motivo di ricorso, J.A. denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

2.1. La sentenza impugnata sarebbe affetta da nullità, per avere il Tribunale omesso di pronunciarsi sulla domanda di protezione umanitaria proposta dal ricorrente. In ogni caso, laddove dovesse ravvisarsi un implicito rigetto di tale domanda nell’affermazione secondo cui “non vi è spazio (…) per il riconoscimento del diritto a conseguire un permesso di soggiorno”, la decisione sarebbe, nondimeno, nulla per carenza assoluta di motivazione, ai sensi dell’art. 132 c.p.c.

2.2. Il motivo è infondato.

2.2.1. Il Tribunale ha, difatti, preso in esame la domanda di protezione umanitaria – temporalmente applicabile, nel testo precedente il D.L. n. 113 del 2018, convertito con L. n. 132 del 2018, alla fattispecie concreta (Cass. Sez. U., 13/11/2019, nn. 29459, 29460, 29461) – ma la ha ritenuta infondata, in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente – in relazione alle quali il medesimo non è stato ritenuto neppure credibile, per le numerose lacune e contraddizioni della narrazione – non evidenziano situazione alcuna di vulnerabilità personale. Del resto, l’accertata non credibilità del narrato ed il mancato rilievo di una generale situazione sociopolitica negativa, nella zona di provenienza – desunta da fonti internazionali citate nel provvedimento – correttamente hanno indotto il Tribunale a denegare la misura in esame, operando una valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine, non avendo il medesimo neppure allegato elementi che consentissero un raffronto con una situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. Sez. U., nn. 29459, 29460, 29461/2019). Non può ritenersi neppure sussistente, pertanto, la denunciata violazione dell’art. 132 c.p.c.

2.2.2. Nè il ricorrente ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità, non valutate dal giudice di merito, neppure sotto il profilo dell’eventuale integrazione nella realtà sociale italiana.

2.2.3. Il mezzo deve essere, di conseguenza, rigettato.

3. Con il terzo motivo di ricorso, J.A. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. n. 25 del 2008, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3.1 Lamenta il ricorrente che il Tribunale sia venuto meno al dovere di cooperazione istruttoria, non avendo assunto – nel pronunciarsi sulla domanda di protezione proposta dallo straniero – informazioni attinte da fonti internazionali aggiornate.

3.2. La censura è infondata, avendo, per contro, il giudice di merito consultato e citato nel provvedimento fonti internazionali (COI, Amnesty International), dalle quali ha desunto che, benchè fosse stato connotato in passato da violazioni dei diritti umani, il (OMISSIS) – in special modo dopo l’elezione del Presidente B.A. – ha avviato un processo di democratizzazione e di recupero delle libertà civili, pervenendo altresì all’abolizione della pena di morte.

4. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021

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