Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9598 del 12/04/2021

Cassazione civile sez. I, 12/04/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 12/04/2021), n.9598

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14480/2019 proposto da:

E.B., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Giuseppina Marciano, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 897/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 12/4/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2020 da Dott. FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnata per cassazione la sentenza della Corte di appello di Bari, pubblicata il 12 aprile 2019, con cui è stato respinto il gravame proposto da E.B. nei confronti dell’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c., comma 5, del Tribunale del capoluogo pugliese. La nominata Corte ha negato che al ricorrente potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed ha altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su tre motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo oppone l’omesso esame circa un fatto decisivo della controversia in merito alla situazione sociale, politica ed economica della Nigeria. Si assume che il paese di provenienza del ricorrente è notoriamente interessato da gravi episodi di violenza indiscriminata localizzati in numerose aree, dal controllo sempre più esteso da parte dei gruppi terroristici, rispetto ai quali l’apparato statuale versa in condizione di impotenza o di soggezione. Viene sottolineato, inoltre, che compete all’autorità giudicante far luogo all’acquisizione di informazioni aggiornate sulla situazione del paese di provenienza del richiedente, anche ai fini della concessione del permesso umanitario.

Il motivo è inammissibile.

La Corte distrettuale ha anzitutto rilevato che la storia narrata dall’istante era rappresentativa di un disagio personale, sicchè non poteva ravvisarsi nella vicenda dello stesso richiedente il rischio di persecuzione o di danno grave. Ha poi escluso ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sulla scorta del rilievo per cui, in base alle più recenti informazioni acquisite, menzionate nel corpo del provvedimento, la regione da cui proveniva l’istante non era riconducibile alle aree della (OMISSIS) colpite da violenza indiscriminata. Quanto alla protezione umanitaria, ha negato fossero state allegate situazioni di particolare vulnerabilità.

Ciò detto, il motivo, con riguardo alle domande dirette al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e lett. b), e della protezione umanitaria, mostra di non cogliere il senso della pronuncia impugnata. Questa ha infatti disatteso il diritto alle forme di protezione maggiore attribuendo rilievo alla rilevata insussistenza delle situazioni che vi danno titolo: ed è da rimarcare, al riguardo, che ove vengano in questione le ipotesi del rifugio politico e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e lett. b) in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento (cfr. Cass. 20 marzo 2014, n. 6503; Cass. 20 giugno 2018, n. 16275; cfr. pure: Cass. 19 giugno 2020, n. 11936; Cass. 3 luglio 2020, n. 13756), non vi è ragione di attivare poteri di istruzione officiosa finalizzati alla verifica di fatti o situazioni che devono reputarsi estranei alla vicenda personale di questo.

Con riferimento alla fattispecie di cui al cit. art. 14, lett. C la doglianza si risolve, poi, in una non consentita confutazione del giudizio riservato al Tribunale e alla Corte di appello: infatti l’apprezzamento di fatto circa la violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale è rimesso al giudice del merito (Cass. 12 dicembre 2018, n. 32064), ed è suscettibile di essere censurato in sede di legittimità a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 21 novembre 2018, n. 30105), oltre che per assenza di motivazione (nel senso precisato da Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054).

Quanto infine alla protezione umanitaria, la necessità di dar corso ad un accertamento ufficioso nel senso richiesto resta esclusa dal rilievo assorbente che assume, sul piano processuale, l’inammissibilità della domanda per la rilevata assenza di allegazione dei fattori di vulnerabilità.

2. – Il secondo motivo censura la sentenza impugnata a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 “in relazione” a plurime norme: il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 32, l’art. 1 della Convenzione di Ginevra, il D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,7,14,16 e 17, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. e art. 10 Cost..

La doglianza investe la sentenza nella parte in cui è stata disattesa la domanda volta al riconoscimento della protezione umanitaria. Il ricorrente lamenta il mancato esame di alcuni documenti (due attestati di frequenza scolastica, una relazione psicologica e un contratto di lavoro a tempo determinato) e l’omessa valutazione della situazione sociale ed economica attuale della (OMISSIS).

Il motivo è inammissibile.

Esso non si confronta con la decisione impugnata che, come osservato, ha posto in evidenza la mancata allegazione di specifiche condizioni di vulnerabilità riconducibili al ricorrente. Rispetto a tale ratio decidendi non si vede quale rilievo possano assumere i richiamati documenti (documenti che, oltretutto, l’istante non spiega come possano dirsi rappresentativi, sul versante probatorio, di una propria situazione di effettiva vulnerabilità). Quanto alla situazione generale della (OMISSIS) essa – a prescindere da ogni ulteriore considerazione – è priva di decisività ai fini che qui interessano: la condizione di vulnerabilità del richiedente, infatti, deve necessariamente correlarsi alla vicenda personale di questo, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, quanto piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, in motivazione; Cass. 2 aprile 2019, n. 9304; cfr. pure Cass. Sez. U. 13 novembre 2019, n. 29459, sempre in motivazione).

3. – Col terzo mezzo sono denunciate violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla dichiarazione di manifesta infondatezza dell’atto di appello. Il ricorrente rileva come la Corte di merito, nel rigettare la propria istanza di ammissione al patrocinio a carico dello Stato, abbia qualificato il proposto gravame come “prima facie manifestamente infondato”.

Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente non ha interesse a dolersi, in questa sede, della manifesta infondatezza del gravame. Tale giudizio è stato espresso dalla Corte di appello per giustificare il rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a carico dello Stato. Va tuttavia osservato che tale statuizione non è sindacabile in questa sede, dovendo essere impugnata con l’opposizione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 84 e 170 (cfr. Cass. 27 maggio 2008, n. 13833, in tema di diniego di accesso al patrocinio in tema di espulsione dello straniero).

4. – Il ricorso va dichiarato inammissibile.

5. – Non vi sono spese su cui provvedere.

PQM

LA CORTE

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021

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